Abrogazione Reddito di Cittadinanza: i Reati Precedenti Restano Punibili
L’ordinanza n. 12055 del 2025 della Corte di Cassazione offre un chiarimento fondamentale sulle conseguenze penali derivanti dalla recente abrogazione reddito di cittadinanza. La Suprema Corte ha stabilito che la cessazione del sussidio non comporta un’automatica cancellazione dei reati commessi quando la normativa era in vigore, delineando un importante principio sulla successione delle leggi nel tempo in materia penale.
Il Contesto del Ricorso e la Tesi della Difesa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato in primo e secondo grado per un reato previsto dall’art. 7, comma 2, del D.L. n. 4 del 2019, la legge istitutiva del reddito di cittadinanza. La difesa del ricorrente sosteneva un’unica, ma cruciale, argomentazione: l’avvenuta abrogazione dell’intera disciplina del reddito di cittadinanza avrebbe dovuto comportare l’annullamento del reato stesso, rendendo la condotta non più punibile.
L’argomento si basava sull’idea che, venuto meno il sussidio, fossero venute meno anche le relative sanzioni penali. Tuttavia, questa interpretazione non ha convinto i giudici di legittimità.
La Decisione della Cassazione sull’abrogazione reddito di cittadinanza
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, respingendo completamente la tesi difensiva. Il Collegio ha fornito una spiegazione chiara e precisa del meccanismo di successione delle leggi penali applicabile a questa specifica situazione.
L’Efficacia Sospesa della Norma Abrogatrice
Il punto centrale della decisione risiede nell’analisi temporale degli effetti della legge che ha abolito il sussidio (Legge n. 197 del 2022). Sebbene la legge sia entrata in vigore nel 2023, il legislatore ha espressamente previsto che l’effetto abrogativo delle norme sul reddito di cittadinanza, incluse quelle penali, fosse sospeso e posticipato a una data precisa: il 1° gennaio 2024.
Questo significa che, per tutto il periodo precedente a tale data, la normativa del D.L. n. 4 del 2019, comprese le sanzioni penali ad essa collegate, è rimasta pienamente in vigore e applicabile. La condotta illecita del ricorrente, essendo stata commessa in questo lasso di tempo, ricadeva ancora sotto la piena vigenza della legge penale.
Le Conseguenze dell’Inammissibilità del Ricorso
La declaratoria di inammissibilità ha avuto due conseguenze dirette per il ricorrente, in applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale:
1. Condanna alle spese processuali: Il ricorrente è stato obbligato a sostenere i costi del procedimento giudiziario.
2. Versamento alla Cassa delle ammende: È stata disposta la condanna al pagamento di una somma equitativamente fissata in € 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista per chi adisce la Corte di Cassazione con ricorsi palesemente infondati.
le motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando come la volontà del legislatore fosse chiara e inequivocabile. La Legge n. 197 del 2022, pur decretando la fine del reddito di cittadinanza, ha stabilito un regime transitorio, posticipando la concreta efficacia dell’abrogazione al 1° gennaio 2024. Questo differimento era finalizzato a garantire una transizione ordinata verso nuove misure di sostegno e a non creare un vuoto normativo. Di conseguenza, fino al 31 dicembre 2023, la fattispecie penale contestata all’imputato era ancora pienamente vigente. Il ricorso è stato giudicato ‘manifestamente infondato’ proprio perché ignorava questa esplicita disposizione legislativa, basandosi su un’interpretazione errata del principio di successione delle leggi penali. La Corte ha richiamato anche un suo precedente conforme (sentenza n. 49047/2023), consolidando un orientamento giurisprudenziale chiaro sul tema.
le conclusioni
Questa ordinanza della Cassazione ribadisce un principio di diritto fondamentale: l’abrogazione reddito di cittadinanza non ha prodotto un effetto retroattivo di depenalizzazione per i fatti commessi prima del 1° gennaio 2024. La decisione chiarisce che la punibilità di una condotta deve essere valutata sulla base della legge in vigore al momento della sua commissione. Per professionisti e cittadini, questa pronuncia serve come monito: le modifiche alle politiche di welfare non implicano automaticamente un’amnistia per i comportamenti illeciti passati. Chi ha violato le norme sul reddito di cittadinanza prima della loro effettiva abrogazione continua a essere perseguibile penalmente.
L’abolizione del reddito di cittadinanza ha cancellato i reati collegati?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la norma che ha abrogato il reddito di cittadinanza ha posticipato i suoi effetti al 1° gennaio 2024. Pertanto, i reati commessi prima di tale data restano punibili secondo la vecchia normativa.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché la tesi del ricorrente, basata su un’immediata abrogazione del reato, era palesemente errata. La legge specificava chiaramente che l’efficacia dell’abrogazione era sospesa fino al 1° gennaio 2024.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12055 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12055 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a TARANTO il 13/04/1987
avverso la sentenza del 05/07/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che con sentenza depositata il 10 luglio 2024 la Corte di appello di Milano riformava parzialmente la sentenza del 28 settembre 2023 con cui il G.I.P. del Tribunale di Milano aveva condannato NOME NOME alla pena di mesi 4 e giorni 4 di reclusione rideterminando la pena inflitta in complessivi mesi 4 di reclusione e confermando nel resto avendolo ritenuto colpevole del reato ascritto;
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto articolando un unico motivo di impugnazione con cui eccepiva l’erronea applicazione della legge penale censurando il provvedimento impugnato nella parte in cui i Giudici del merito avevano ritenuto ancora applicabile il reato di cui all’art. 7, comma 2, del D.L. n. 4 del 2019 anche a seguito dell’abrogazione del reddito di cittadinanza;
Considerato che il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato;
osserva il Collegio che la censura formulata dal ricorrente, legata alla pretesa abrogazione dell’intero capo 1 del D.L. n. 4 del 2019, convertito con modificazioni con Legge n. 26 del 2019, non ha pregio;
infatti sebbene la Legge n. 197 del 2022 sia entrata in vigore, anche per quanto attiene al ricordato art. 1, comma 318, già alla data del 1 gennaio 2023, la concreta efficacia dell’effetto abrogativo previsto dalla disposizione in esame deve intendersi sospesa, come espressamente precisato dal Legislatore, sino alla diversa data del 1 gennaio 2024, con la conseguente perdurante applicazione, trattandosi di disposizione ancora in vigore, del citato art. 7 e degli effetti penali da esso previsti (Corte di cassazione, Sez. III Pen., n. 49047 del 16 novembre 2023);
che il ricorso devo perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle in favore della Cassa delle < t spese processuali e della somma di C 3.000,00 ammende.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
il Presidente
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