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Abrogazione Reddito di Cittadinanza: reati in vigore?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12055/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per un reato legato al reddito di cittadinanza. La Corte ha stabilito che l’abrogazione reddito di cittadinanza, sebbene disposta nel 2022, ha prodotto i suoi effetti solo dal 1° gennaio 2024. Di conseguenza, i fatti illeciti commessi prima di tale data restano punibili, confermando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abrogazione Reddito di Cittadinanza: i Reati Precedenti Restano Punibili

L’ordinanza n. 12055 del 2025 della Corte di Cassazione offre un chiarimento fondamentale sulle conseguenze penali derivanti dalla recente abrogazione reddito di cittadinanza. La Suprema Corte ha stabilito che la cessazione del sussidio non comporta un’automatica cancellazione dei reati commessi quando la normativa era in vigore, delineando un importante principio sulla successione delle leggi nel tempo in materia penale.

Il Contesto del Ricorso e la Tesi della Difesa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato in primo e secondo grado per un reato previsto dall’art. 7, comma 2, del D.L. n. 4 del 2019, la legge istitutiva del reddito di cittadinanza. La difesa del ricorrente sosteneva un’unica, ma cruciale, argomentazione: l’avvenuta abrogazione dell’intera disciplina del reddito di cittadinanza avrebbe dovuto comportare l’annullamento del reato stesso, rendendo la condotta non più punibile.

L’argomento si basava sull’idea che, venuto meno il sussidio, fossero venute meno anche le relative sanzioni penali. Tuttavia, questa interpretazione non ha convinto i giudici di legittimità.

La Decisione della Cassazione sull’abrogazione reddito di cittadinanza

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, respingendo completamente la tesi difensiva. Il Collegio ha fornito una spiegazione chiara e precisa del meccanismo di successione delle leggi penali applicabile a questa specifica situazione.

L’Efficacia Sospesa della Norma Abrogatrice

Il punto centrale della decisione risiede nell’analisi temporale degli effetti della legge che ha abolito il sussidio (Legge n. 197 del 2022). Sebbene la legge sia entrata in vigore nel 2023, il legislatore ha espressamente previsto che l’effetto abrogativo delle norme sul reddito di cittadinanza, incluse quelle penali, fosse sospeso e posticipato a una data precisa: il 1° gennaio 2024.

Questo significa che, per tutto il periodo precedente a tale data, la normativa del D.L. n. 4 del 2019, comprese le sanzioni penali ad essa collegate, è rimasta pienamente in vigore e applicabile. La condotta illecita del ricorrente, essendo stata commessa in questo lasso di tempo, ricadeva ancora sotto la piena vigenza della legge penale.

Le Conseguenze dell’Inammissibilità del Ricorso

La declaratoria di inammissibilità ha avuto due conseguenze dirette per il ricorrente, in applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale:
1. Condanna alle spese processuali: Il ricorrente è stato obbligato a sostenere i costi del procedimento giudiziario.
2. Versamento alla Cassa delle ammende: È stata disposta la condanna al pagamento di una somma equitativamente fissata in € 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista per chi adisce la Corte di Cassazione con ricorsi palesemente infondati.

le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando come la volontà del legislatore fosse chiara e inequivocabile. La Legge n. 197 del 2022, pur decretando la fine del reddito di cittadinanza, ha stabilito un regime transitorio, posticipando la concreta efficacia dell’abrogazione al 1° gennaio 2024. Questo differimento era finalizzato a garantire una transizione ordinata verso nuove misure di sostegno e a non creare un vuoto normativo. Di conseguenza, fino al 31 dicembre 2023, la fattispecie penale contestata all’imputato era ancora pienamente vigente. Il ricorso è stato giudicato ‘manifestamente infondato’ proprio perché ignorava questa esplicita disposizione legislativa, basandosi su un’interpretazione errata del principio di successione delle leggi penali. La Corte ha richiamato anche un suo precedente conforme (sentenza n. 49047/2023), consolidando un orientamento giurisprudenziale chiaro sul tema.

le conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione ribadisce un principio di diritto fondamentale: l’abrogazione reddito di cittadinanza non ha prodotto un effetto retroattivo di depenalizzazione per i fatti commessi prima del 1° gennaio 2024. La decisione chiarisce che la punibilità di una condotta deve essere valutata sulla base della legge in vigore al momento della sua commissione. Per professionisti e cittadini, questa pronuncia serve come monito: le modifiche alle politiche di welfare non implicano automaticamente un’amnistia per i comportamenti illeciti passati. Chi ha violato le norme sul reddito di cittadinanza prima della loro effettiva abrogazione continua a essere perseguibile penalmente.

L’abolizione del reddito di cittadinanza ha cancellato i reati collegati?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la norma che ha abrogato il reddito di cittadinanza ha posticipato i suoi effetti al 1° gennaio 2024. Pertanto, i reati commessi prima di tale data restano punibili secondo la vecchia normativa.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché la tesi del ricorrente, basata su un’immediata abrogazione del reato, era palesemente errata. La legge specificava chiaramente che l’efficacia dell’abrogazione era sospesa fino al 1° gennaio 2024.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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