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Abrogazione reato: reddito di cittadinanza non retroattivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per il reato connesso al reddito di cittadinanza. Il ricorrente sosteneva che la norma fosse stata cancellata, ma la Corte ha chiarito che l’abrogazione del reato, efficace dal 1° gennaio 2024, non ha effetto retroattivo. Pertanto, chi ha commesso il fatto prima di tale data resta punibile.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abrogazione del Reato sul Reddito di Cittadinanza: La Cassazione Conferma la Non Retroattività

L’introduzione e la successiva eliminazione del reddito di cittadinanza hanno sollevato numerose questioni legali, in particolare riguardo alle conseguenze penali per le condotte illecite. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 46429/2024) ha fornito un chiarimento decisivo sul tema dell’abrogazione del reato previsto dalla normativa originaria, stabilendo un principio fondamentale sulla successione delle leggi penali nel tempo.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un individuo condannato per il reato previsto dall’art. 7 del D.L. n. 4 del 2019, la norma che istituiva il reddito di cittadinanza. La difesa del ricorrente si basava su un’argomentazione precisa: la Legge di Bilancio del 2023 (L. n. 197/2022) avrebbe disposto l’abrogazione della fattispecie di reato, rendendo quindi non più punibile la condotta contestata.

Secondo questa tesi, la cancellazione della norma incriminatrice avrebbe dovuto avere un effetto retroattivo, portando all’annullamento della condanna. Il ricorrente ha quindi adito la Corte di Cassazione per vedere riconosciuta la propria tesi.

La Decisione della Corte e l’Abrogazione del Reato

La Corte di Cassazione ha respinto completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. I giudici hanno confermato la validità della condanna, basandosi su un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.

La Corte ha specificato che, sebbene la Legge di Bilancio 2023 abbia effettivamente previsto l’abrogazione del reato a far data dal 1° gennaio 2024, essa fa salva l’applicazione delle sanzioni penali per tutti i fatti commessi fino al termine di efficacia della disciplina del reddito di cittadinanza. In altre parole, la nuova legge non cancella il passato.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore del ragionamento della Cassazione risiede nel principio della successione delle leggi penali nel tempo. La Corte ha ribadito che l’intenzione del legislatore non era quella di concedere un’impunità generalizzata per le violazioni passate. Al contrario, la riforma mirava a un progressivo superamento dell’istituto del reddito di cittadinanza, ma senza annullare le conseguenze delle condotte illecite poste in essere quando la legge era in vigore.

La decisione si allinea a precedenti pronunce (tra cui la n. 7541/2024 e la n. 37836/2023), che avevano già tracciato il percorso interpretativo. L’abrogazione del reato non opera retroattivamente perché la stessa norma abrogatrice ha previsto una clausola di salvaguardia per i fatti pregressi. Pertanto, chi ha violato la legge prima del 1° gennaio 2024 rimane soggetto alle sanzioni previste dalla vecchia normativa. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato privo di fondamento e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Essa conferma che la fine del reddito di cittadinanza non si traduce in un colpo di spugna per le condotte fraudolente o illecite commesse durante la sua vigenza. I procedimenti penali in corso proseguiranno e le condanne già emesse restano valide.

La decisione riafferma un principio di certezza del diritto: le leggi, pur cambiando nel tempo, mantengono la loro efficacia per il periodo in cui sono state in vigore, salvo diversa ed esplicita disposizione del legislatore. In questo caso, il legislatore ha chiaramente voluto che l’abrogazione non avesse effetto retroattivo, una scelta che la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto corretta e vincolante.

L’abrogazione del reato relativo al reddito di cittadinanza ha effetto retroattivo?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’abrogazione del reato, con efficacia dal 1° gennaio 2024, non è retroattiva. Le sanzioni penali continuano ad applicarsi per i fatti commessi prima di tale data, poiché la legge stessa fa salva l’applicazione delle sanzioni per le condotte pregresse.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché manifestamente infondato. La tesi del ricorrente, secondo cui l’abrogazione della norma avrebbe dovuto cancellare la condanna, era in diretto contrasto con l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità.

Cosa comporta per il ricorrente la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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