Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 16681 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 16681 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a San Felice a Cancello il 25/05/1950;
nel procedimento a carico del medesimo; avverso la sentenza del 06/06/2024 della Corte di appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio e la revoca delle statuizioni civili; udite le conclusioni del difensore del ricorrente COGNOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza di cui in epigrafe, la Corte di appello di Napoli riformava parzialmente la sentenza del 17.11.2021 del tribunale di Santa Maria Capua a Vetere, con cui COGNOME NOME era stato condannato in ordine al reato di cui agli artt. 323 c.p., dichiarando non doversi procedere nei confronti del medesimo per essersi il reato estinto per intervenuta prescrizione e confermando nel resto la sentenza impugnata.
Avverso la predetta sentenza COGNOME NOME propone ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di impugnazione.
Si rappresenta la necessità dell’annullamento della sentenza ex art. 129 cod. proc. pen. perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato a seguito della intervenuta abrogazione del reato di abuso di ufficio con L. n. 114 del 2024. Con conseguente annullamento della intervenuta condanna alle statuizioni civili.
Con il secondo motivo deduce vizi di violazione di legge e di mancanza di motivazione. La corte non avrebbe esaminato i motivi di appello e i motivi aggiunti depositati sebbene a ciò avrebbe dovuto provvedere comunque siccome chiamata a valutare il compendio probatorio in ragione della presenza di parte civile e ai fini delle statuizioni civili.
Con il terzo motivo deduce vizi di violazione della legge processuale. Si ribadisce che il responsabile del procedimento che secondo il ricorrente sarebbe stato indotto a soprassedere dello svolgere taluni adempimenti così da lasciarsi maturare il termine per il formarsi del silenzio assenso, avrebbe dovuto essere esaminato nelle forme di cui all’art. 210 cod. proc. pen. e sul punto non vi sarebbe stata adeguata risposta.
Con il quarto motivo deduce vizi di violazione di legge e di carenza di motivazione, per mancato esame dei motivi di appello, anche nuovi, proposti, con cui si erano sollevate doglianze in ordine al tema della violazione dell’obbligo di astensione, posto che il responsabile del procedimento avrebbe escluso ogni pressione da parte del ricorrente sulla gestione della pratica, in ordine al tema della omissione della pubblicizzazione della istanza, in ordine al tema della ingiustizia del vantaggio patrimoniale, nonché riguardo alla condanna al risarcimento del danno.
CONSIDERATO IN DIRITTO
GLYPH Deve premettersi che in tema di impugnazioni, è ammissibile il ricorso per cassazione teso unicamente a far rilevare la sopravvenuta abrogazione del reato, atteso che: 1) detta abrogazione produce effetti anche quando la sentenza risulta passata in giudicato; 2) la Corte di cassazione deve valutare, non solo le questioni rilevabili di ufficio, ma anche quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello; 3) il principio costituzionale della ragionevole durata del processo impone di evitare una pronunzia di inammissibilità del ricorso che avrebbe quale unico effetto un rinvio della soluzione alla fase esecutiva. (Sez. 5 n. 31911 del 16/03/2001 Rv. 220226 – 01).
Altro principio di riferimento, per il caso di specie, è quello secondo il quale in caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato, il giudice dell’impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili, salvo il diritto della parte civile di agire eventualmente “ex n nella sede naturale, per il risarcimento del danno (in tal senso, in motivazione, Sez. U, n. 46688 del 29/09/2016 Rv. 267884 – 01). Invero, come già sottolineato reiteratamente dalla giurisprudenza di legittimità, l’aboliti° criminis fa venire meno l’esistenza stessa della norma penale incriminatrice nell’ordinamento, come stabilito dal legislatore nell’art. 2, secondo comma, cod. pen., per il quale nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge posteriore, non costituisce reato, e tale circostanza processuale deve essere immediatamente dichiarata dal giudice. Il danneggiato dal reato ha, piuttosto, libertà di adire il giudice civile, momento che, come sottolineato da Corte cost., ord. n. 273 del 2002, la formula assolutoria per l’ipotesi di sopravvenuta abrogazione della norma incriminatrice (“il fatto non è previsto dalla legge come reato”) non è fra quelle alle quali l’art 652 cod. proc. pen. attribuisce efficacia nel giudizio civile. Infatti, com espressamente precisato con quest’ultima sentenza del Giudice delle leggi, nel caso di condanna passata in giudicato, l’aboliti° criminis mentre da parte del giudice dell’esecuzione comporta la revoca della sentenza ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen., ma solo relativamente ai suoi capi penali (in questa logica si è mossa la Corte Costituzionale nell’ordinanza n. 57 del 2001) e non anche a quelli civili, la cui esecuzione ha luogo secondo le norme del codice di procedura civile, con la conseguenza che, se vi è stata costituzione di parte civile e condanna al risarcimento dei danni, quest’ultima resta ferma, in ogni altro caso la persona che abbia subito un ingiusto pregiudizio ha solo la possibilità di esercitare l’azione civil nella sede sua propria fino al termine di prescrizione, giacché la formula assolutoria per l’ipotesi di sopravvenuta abrogazione della norma incriminatrice (“il fatto non è previsto dalla legge come reato”) non è fra quelle alle quali l’art 652 cod. proc. pen. attribuisce efficacia nel giudizio civile. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Va aggiunto che coerentemente il ricorrente ha chiesto, in via preliminare, di valutare con priorità la questione inerente la sopravvenuta abrogazione. Nel caso di specie la abrogazione del reato di abuso di ufficio, sopravvenuta con la già citata legge n. 114 del 2024, è intervenuta dopo una sentenza di primo grado di condanna e una successiva sentenza di appello di proscioglimento per intervenuta prescrizione e anche l’astratta non infondatezza dei motivi di ricorso starebbe a configurare un vizio di motivazione senza possibilità di seguito processuale, che presupporrebbe la permanenza di una res
judicanda, mentre, in assenza, resta paralizzato dal dovere di immedi rilevazione della causa di non punibilità di cui all’art. 129, comma 1, cod.
pen.
4. GLYPH
Deve quindi annullarsi senza rinvio, con assorbimento degli ulteriori motivi proposti, la sentenza impugnata, per non essere più previsto il fatto
reato, con conseguente revoca anche dei capi della sentenza concernenti g interessi della parte civile.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto da legge come reato e ne revoca anche i capi che concernono gli interessi civili.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2025
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