Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33190 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33190 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME AntonioCOGNOME nato ad Arbus il 20/02/1964, avverso la sentenza del 14/11/2019 della Corte di appello di Cagliari; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato;
lette le conclusioni rassegnate dall’avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14 novembre 2019, depositata il 29 aprile 2024, la Corte di appello di Cagliari, per quanto in questa sede rileva, confermava la decisione del 17 maggio 2018, con la quale il Tribunale di Cagliari aveva condannato NOME COGNOME alla pena, condizionalmente sospesa, di un anno di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 323 cod. pen. a lui ascritto al capo H, quale responsabile del settore tecnico del Comune di Arbus. Fatto commesso in Arbus il 12 luglio 2013.
Avverso la sentenza della Corte di appello sarda, COGNOME tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi.
Con il primo, la difesa deduce l’erronea applicazione degli art. 546, comma 1, lett. e), e 192 cod. proc. pen. con riferimento alla valutazione della prova, non avendo i giudici di appello dato conto delle ragioni per le quali non sono state ritenute attendibili le prove contrarie, tra cui la consulenza tecnica di parte, nella quale è stato sostenuto che il terreno su cui la piscina era stata realizzata faceva parte di un unico fondo, per cui ogni ulteriore suddivisione di quell’area non potrebbe dare origine a un’altra area autonoma a livello funzionale o economico.
A ciò si aggiunge il rilievo della contraddittorietà della motivazione, nella misura in cui si è affermato, in base a una mera congettura, che la piscina non può essere considerata una pertinenza e che la stessa provocherebbe un incremento urbanistico, mentre è la stessa sentenza gravata a ricordare che la gran parte della piscina è stata realizzata in zona B2 all’interno di un fabbricato unitario.
Con il secondo motivo, si contesta l’inosservanza dell’art. 323 cod. pen. in relazione al giudizio sulla sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo intenzionale, sottolineandosi che COGNOME ha iniziato a occuparsi delle pratiche inerenti ai procedimenti amministrativi per l’ottenimento delle concessioni necessarie previste dalla legge, solo dopo che vi era già stata un’ampia istruttoria. Inoltre, vi sarebbe un travisamento della prova nella decisione impugnata, nella parte in cui ha sostenuto che è stato NOME COGNOME a presiedere la commissione edilizia dell’8 novembre 2012, con cui è stato concesso parere favorevole alla costruzione della piscina, mentre in realtà a presiedere la commissione era NOME COGNOME che non risulta neanche tra gli imputati del processo.
Con memorie trasmesse il 18 febbraio, il 25 febbraio e il 10 settembre 2025, l’avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia dell’imputato, ha insistito per l’annullamento della sentenza impugnata.
Dopo un rinvio interlocutorio (6 marzo 2025), la trattazione del processo veniva aggiornata all’odierna udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Deve infatti prendersi atto che l’art. 323 cod. pen., ovvero la norma incriminatrice di cui COGNOME è stato ritenuto colpevole, è stato abrogato, a decorrere dal 25 agosto 2024, dall’art. 1, comma 1, lett. b), della legge 9 agosto 2024, n. 114. Peraltro, con la sentenza n. 95 del 7 maggio 2025, la Corte Costituzionale ha ritenuto infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate rispetto all’abrogazione del reato di abuso d’ufficio ad opera della legge n. 114 del 2024, osservando che dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (la cosiddetta Convenzione di Merida) non sia ricavabile né l’obbligo di prevedere il reato di abuso d’ufficio, né il divieto di abrogarlo ove già presente nell’ordinamento nazionale. Ne consegue che, stante l’abolitio criminis, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Così deciso il 18.09.2025