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Abrogazione abuso d’ufficio: condanna annullata

Un dirigente comunale, condannato in appello per tentato abuso d’ufficio relativo a una sanatoria edilizia su un immobile di sua proprietà, ha visto la sua condanna annullata dalla Corte di Cassazione. La decisione non entra nel merito dei fatti, ma si basa esclusivamente sulla recente abrogazione dell’abuso d’ufficio (L. 9 agosto 2024, n.114), che ha reso l’atto non più previsto dalla legge come reato, portando all’annullamento senza rinvio della sentenza.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abrogazione Abuso d’Ufficio: la Cassazione Annulla Condanna

La recente e discussa abrogazione dell’abuso d’ufficio ha prodotto i suoi primi effetti concreti nelle aule di giustizia. Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna inflitta a un dirigente pubblico, non entrando nel merito della sua colpevolezza ma applicando direttamente la nuova legge. Questa decisione segna un punto di svolta, chiarendo le conseguenze immediate della riforma su tutti i procedimenti pendenti.

I Fatti del Processo

Il caso riguardava un dirigente del settore Urbanistica di un Comune siciliano. L’accusa era di tentato abuso d’ufficio (artt. 56 e 323 c.p.) per aver, secondo l’impostazione accusatoria, omesso di astenersi in una pratica di condono edilizio relativa a un immobile di sua proprietà, situato in un’area di inedificabilità assoluta. L’obiettivo sarebbe stato quello di procurarsi un ingiusto vantaggio patrimoniale, ossia la sanatoria illegittima.

In primo grado, il Tribunale aveva assolto l’imputato ‘perché il fatto non costituisce reato’. Tuttavia, la Procura aveva impugnato la sentenza e la Corte di Appello, a seguito di rinnovazione dell’istruttoria, aveva ribaltato la decisione, condannando il dirigente a sei mesi di reclusione. La Corte d’Appello aveva ritenuto provato il dolo intenzionale, ovvero la volontà specifica di ottenere un provvedimento favorevole pur sapendolo illegittimo. Aveva inoltre ipotizzato una sua responsabilità anche come extraneus, cioè come istigatore del reato commesso da un altro pubblico ufficiale.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato aveva presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi, tra cui:

Il difetto di correlazione tra l’accusa originaria (violazione dell’obbligo di astensione come pubblico ufficiale) e la diversa configurazione giuridica prospettata in appello (concorso morale come extraneus*).
* Un’errata interpretazione dell’obbligo di astensione previsto dalla legge.
* L’illogicità della motivazione della sentenza d’appello, che non avrebbe considerato le prove a favore dell’imputato.
* La mancanza di idoneità degli atti a configurare un tentativo penalmente rilevante.
* L’insussistenza dell’elemento soggettivo (dolo), sostenendo che l’imputato fosse convinto di avere diritto al condono.

Le motivazioni: L’impatto decisivo della nuova legge sull’abuso d’ufficio

La Corte di Cassazione, tuttavia, non ha analizzato nessuno dei motivi di ricorso presentati dalla difesa. La sua decisione si fonda su un unico, dirimente argomento: l’intervenuta abrogazione dell’abuso d’ufficio.

I giudici hanno preso atto della recente riforma legislativa, la Legge 9 agosto 2024, n. 114, che ha cancellato dall’ordinamento il reato previsto dall’art. 323 del codice penale. Questo intervento legislativo ha eliminato ogni ‘residuale fattispecie di abuso d’ufficio’, come sottolineato dalla Corte.

Di conseguenza, in applicazione del principio del favor rei (art. 2 c.p.), secondo cui nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce più reato, la Corte non ha potuto fare altro che annullare la sentenza di condanna. La formula utilizzata è ‘perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato’. Trattandosi di una questione di puro diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto, l’annullamento è stato pronunciato ‘senza rinvio’, chiudendo definitivamente la vicenda processuale.

Le conclusioni

Questa sentenza rappresenta una delle prime applicazioni pratiche della totale abrogazione dell’abuso d’ufficio. Le implicazioni sono chiare e immediate: tutti i procedimenti penali in corso per tale reato, a qualsiasi stadio e grado, sono destinati a concludersi con una pronuncia di proscioglimento o, come in questo caso, di annullamento della condanna se non ancora definitiva.

La decisione della Cassazione, pur essendo tecnicamente ineccepibile dal punto di vista giuridico, evidenzia l’impatto radicale della riforma, che cancella con un colpo di spugna non solo futuri procedimenti, ma anche vicende passate, indipendentemente dalla fondatezza delle accuse. La scelta del legislatore di abrogare la norma prevale su qualsiasi valutazione di merito relativa alla condotta dell’imputato.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna per abuso d’ufficio?
La condanna è stata annullata perché il reato di abuso d’ufficio, previsto dall’art. 323 c.p., è stato completamente abrogato dalla Legge 9 agosto 2024, n. 114. Di conseguenza, il fatto per cui l’imputato era stato condannato non è più considerato un crimine dalla legge italiana.

Cosa significa ‘annullamento senza rinvio’ in questo caso?
Significa che la Corte di Cassazione ha cancellato la sentenza di condanna in modo definitivo, senza rimandare il processo a un altro giudice. Questo accade quando la questione può essere risolta applicando direttamente una norma di legge, come nel caso di un reato che non esiste più, rendendo superfluo ogni ulteriore accertamento sui fatti.

La Corte ha valutato se l’imputato fosse colpevole o innocente?
No, la Corte di Cassazione non è entrata nel merito della vicenda né ha esaminato i motivi del ricorso. La decisione si è basata unicamente sulla questione preliminare e assorbente dell’intervenuta abrogazione del reato, che ha reso irrilevante qualsiasi valutazione sulla responsabilità penale dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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