Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17793 Anno 2025
1.1.2. Osserva che l’istanza di revisione Ł ammissibile anche sotto il profilo della novità della prova, puntualizzando come tale requisito sia già stato vagliato positivamente dalla corte di appello che, infatti, ha ritenuto l’istanza ammissibile e ha accolto le richieste istruttorie, mentre ha rigettato l’istanza nel merito. Penale Sent. Sez. 2 Num. 17793 Anno 2025 Presidente: COGNOME NOME Relatore: NOME
1.1.3. Il ricorrente si rivolge dunque al criterio di giudizio cui deve uniformarsi il giudice della revisione, e sottolinea come venga richiesto un obbligo di motivazione rafforzato, dovendo il giudicante spiegare le ragioni per cui la valutazione congiunta del materiale probatorio preesistente e delle prove nuove supera la soglia dell’ogni ragionevole dubbio, risultando l’esito decisorio l’unico sostenibile. Data Udienza: 04/03/2025
1.1.4. Fatte queste premesse, si sostiene che tale obbligo di motivazione rafforzata non Ł stato rispettato dalla corte di appello che, anzi, ha reso una motivazione apparente, manifestamente illogica e contraddittoria.
A sostegno della deduzione il ricorrente osserva che la corte di appello di Reggio Calabria ha mutato la causa dell’interesse personale rispetto a quello ritenuto nella sentenza di cui si chiede la revisione, così sostituendone la motivazione, mentre avrebbe dovuto integrarla. A tale proposito si assume che il giudizio non si Ł basato sulla valutazione congiunta delle prove vecchie e delle prove nuove, ma solo sulla base di una diversa valutazione delle prove assunte nel giudizio originario, così introducendo un fatto nuovo che ha sostituito quello coperto da giudicato.
1.1.5. Aggiunge che i giudici dell’appello, per di piø, sono arrivati al risultato sulla base di un travisamento della prova, con particolare riguardo alla fonte dell’accusa diffamatoria.
1.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 323 cod. pen. e alla insussistenza del dolo intenzionale oltre che della ingiustizia e della patrimonialità del vantaggio ingiusto.
Si osserva che, una volta escluso ogni collegamento tra il padre di COGNOME e COGNOME, COGNOME e COGNOME, nel momento in cui la corte di appello ha mutato la causa dell’interesse personale nell’amicizia tra il ricorrente e COGNOME, non Ł piø sostenibile l’esistenza dell’intenzione di avvantaggiare i predetti COGNOME e COGNOME, in quanto sodali fedeli di NOME COGNOME, padre di NOME COGNOME.
Si rimarca come l’esito della trasfigurazione dei fatti di causa sia stato quello di aver ritenuto in sentenza un fatto diverso da quello contestato, per come sostanzialmente riconosciuto nella sentenza impugnata, dove si sottolinea che il vantaggio ingiusto perseguito da NOME COGNOME non Ł stato contestato, perchØ non aveva natura patrimoniale.
Si assiste così -assume la difesa- alla sostituzione di un elemento costitutivo del fatto contestato, ponendosi a oggetto del dolo intenzionale del ricorrente un vantaggio -all’Avv. COGNOME che, per ammissione della stessa corte di appello, sarebbe stato di natura non patrimoniale.
Così provocando un mutamento dell’elemento psicologico che dal dolo intenzionale viene trasformato in dolo eventuale o al massimo in dolo diretto.
Si deduce, dunque, l’irrilevanza penale del fatto.
1.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 323 cod. pen. per la carenza o apparenza della motivazione in relazione al requisito della doppia ingiustizia e alla connessione con il procedimento ‘RAGIONE_SOCIALE‘ quale motivo della partecipazione del ricorrente all’udienza davanti al giudice di pace di Augusta.
A riguardo si premette che l’ingiustizia del danno/vantaggio trovava fonte nell’anomala partecipazione di COGNOME quale pubblico ministero all’udienza davanti al giudice di pace e sul fatto che la corte di appello di Messina aveva ritenuto l’inesistenza della giustificazione addotta dall’odierno ricorrente, ossia il collegamento probatorio tra la vicenda all’esame del giudice di pace di Augusta e le indagini relative al procedimento COGNOME.
Proprio al fine di superare quanto ritenuto dalla corte di appello di Messina, nel procedimento di revisione veniva prodotta la documentazione comprovante quel collegamento probatorio che avrebbe destituito di fondamento l’ipotesi accusatoria, soprattutto ai fini dell’ingiustizia del danno/vantaggio.
Si denuncia, quindi, l’omessa motivazione sulle prove nuove così prodotte, che vengono specificatamente indicate, anche richiamando gli allegati da 9 a 18 dell’istanza di revisione.
1.4. Violazione della legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen., per la violazione del principio di correlazione tra fatto contestato e sentenza.
L’ultimo motivo Ł strettamente collegato a quanto precedentemente dedotto, e si specifica ulteriormente che mentre l’oggetto del dolo intenzionale contestato era il vantaggio ingiusto di COGNOME e COGNOME (sia pur perchØ sodali di COGNOME NOME), per la corte di Reggio Calabria l’oggetto del dolo intenzionale Ł il vantaggio ingiusto dell’amico NOME COGNOME, rappresentato dalla protezione processuale del padre, così rafforzandone la posizione politica, in violazione dell’art. 521 cod. proc. pen.
1.5. Con motivo aggiunto viene denunciata la violazione degli artt. 636, comma 2, 637 comma 3, 521 e 522, 178 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 606 lett. b) ec), cod. proc. pen..
Si sostiene che i giudici hanno travalicato i limiti delineati con la domanda di revisione, discostandosi dal thema decidendum con essa introdotta , che era quello di stabilire “se rispondeva a verità la situazione, sempre di fatto, sulla quale era stato ritenuto giuridicamente esistente un obbligo di astensione dal parte del dr. COGNOME “.
1.6. Sono altresì pervenute note a firma dell’Avvocato NOME COGNOME in replica alla requisitoria scritta del Procuratore generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
1.1. Nel tempo intercorso tra la pronuncia della sentenza oggi impugnata e la presentazione del ricorso, il reato di abuso d’ufficio -per il quale COGNOME Ł stato condannato con la sentenza di cui si chiede la revisione- Ł stato abrogato dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, entrata in vigore il 25 agosto 2024.
Deve quindi stabilirsi se sia ammissibile il ricorso avverso una sentenza di rigetto dell’istanza di revisione di una sentenza di condanna per un reato che nel corso del procedimento di revisione sia stato abolito.
Il tema, ovviamente, deve essere risolto alla luce della fattispecie concreta venuta all’attenzione della Corte di cassazione e, in tal senso, il ricorso in esame Ł inammissibile, per le ragioni che vanno di seguito a specificarsi.
Va osservato che sulla questione si registrano due precedenti arresti giurisprudenziali, ma come vedremo- entrambi non riferibili al caso in esame, in quanto pronunciati in relazione fattispecie diverse da quella in scrutinio.
2.1. Ci si riferisce, alla sentenza, n. 1012 del 25/02/2000 (Sez. 5, COGNOME, Rv. 215734 – 01), con cui si Ł affermato che «nell’ipotesi in cui il fatto per il quale Ł intervenuta condanna irrevocabile venga depenalizzato, l’interessato può chiedere al giudice dell’esecuzione la revoca della relativa sentenza o decreto ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen.: di conseguenza l’istituto di revisione, previsto per le decisioni irrevocabili, diviene inammissibile», e alla sentenzaN. 5899 del 01/02/2006 (n. Sez. 5, Fera, Rv. 233850 – 01), con cui Ł stato affermato il principio opposto, ossia che «nell’ipotesi in cui il fatto per il quale Ł intervenuta condanna irrevocabile venga depenalizzato,
l’interessato può chiedere al giudice dell’esecuzione la revoca della relativa sentenza o decreto, ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen., o, in alternativa, ricorrere, ove ne sussistano i presupposti, all’istituto della revisione, per gli effetti ampiamente liberatori conseguenti ad una pronuncia assolutaria ex art. 530 cod. proc. pen. (Nella specie, il condannato aveva avanzato l’istanza di revisione della condanna per emissione di assegno a vuoto, nel frattempo depenalizzato, deducendo l’estraneità ai fatti)».
2.1.1. Entrambe le sentenze menzionate, come anticipato, sono state pronunciate in relazione a due casi in cui la condanna di cui si chiedeva la revisione era stata pronunciata per reati che erano stati depenalizzati, mentre nel caso oggi in esame il reato Ł stato abolito.
A tale riguardo, va ricordato che, in ipotesi di depenalizzazione, un fatto costituente reato cessa di essere considerato tale e viene assorbito nella categoria degli illeciti amministrativi e come tale Ł soggetto a una sanzione amministrativa.
Tanto vale a dire che il fatto depenalizzato, pur cessando di avere rilievo penale, conserva un residuo di disvalore nell’ambito dell’ordinamento giuridico, tale da meritare la sanzione amministrativa.
Tanto Ł quanto accaduto per il reato preso in considerazione nelle due sentenze citate, ossia il reato di emissione di assegni a vuoto, che Ł stato depenalizzato dal decreto legislativo n. 507 del 30 dicembre 1999, che lo ha trasformato in illecito amministrativo.
Da ciò discende che in relazione all’ipotesi di depenalizzazione si pone la questione di stabilire se -nonostante la perdita di rilievo penale- possa sussistere un interesse a ottenere la revisione di una sentenza di condanna dalla quale possono residuare strascichi in sede amministrativa e, quindi, in definitiva, un interesse a ottenere un pieno proscioglimento al fine di non rimanere esposto alla sanzione amministrativa.
La diversa soluzione a tale quesito ha dato luogo ai due opposti arresti giurisprudenziali.
2.1.2. Tale problematica, però, non si pone in ipotesi di abolizione totale, giacchŁ in questo caso il fatto viene privato di ogni disvalore e torna a essere pienamente lecito nell’ordinamento giuridico.
Da ciò l’inapplicabilità al caso in esame del principio di diritto fissato con la sentenza n. 5899 del 02/01/2006 (richiamata dal ricorrente), che si rivolge alle ipotesi in cui dalla sentenza di condanna possono potenzialmente residuare degli effetti pregiudizievoli in sede amministrativa, ma non anche quando il fatto ha perso totale rilevanza in ragione della sua abolizione, come nel caso in esame.
Non deve dimenticarsi, invero, che l’interesse della parte a impugnare un provvedimento del giudice Ł correlato agli effetti primari e diretti della decisione e quindi sussiste solo se l’impugnazione sia idonea a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione immediata piø vantaggiosa (in tal senso, cfr. Sez. 3, n. 30547 del 06/03/2019, COGNOME, Rv. 276274 – 01; 6, n.17686 del 07/04/2016, Conte, Rv. 267172-01).
Tanto vale a dire che si rinviene l’interesse a impugnare quando l’utilità perseguita dal ricorrente sia l’effetto immediato del provvedimento che si vuole ottenere con l’impugnazione, in quanto autosufficiente nella prospettiva della rimozione del pregiudizio che si assume subito.
Tale rapporto di immediatezza potrebbe rinvenirsi in ipotesi di depenalizzazione, giacchŁ dall’eventuale accoglimento dell’istanza di revisione e dal totale proscioglimento potrebbe derivare in astratto- l’affermazione della liceità della condotta e, con essa, la liberazione anche dall’incombente sanzione amministrativa pura ancorata al fatto che -pur non costituendo reatocontinua a configurare, comunque, un illecito amministrativo.
Tale connotato di autosufficienza non si rinviene nel provvedimento cui si aspira in questa sede, nella prospettiva rappresentata dal ricorrente, che ha indicatore quale interesse a coltivare
l’odierna impugnazione la possibilità di chiedere la revoca della sanzione disciplinare inflittagli in ragione della sentenza di condanna di cui si chiede la revisione.
Tale utilità, però, non Ł la conseguenza immediata e diretta dell’eventuale accoglimento dell’odierno ricorso, in quanto la revoca della sanzione disciplinare dovrà essere necessariamente mediata dall’introduzione di un ulteriore giudizio di revisione davanti all’organo disciplinare.
Tanto fa emergere come l’interesse indicatore dal ricorrente non solo non Ł immediato, ma non Ł neanche attuale, in quanto collegato a un evento futuro e incerto, qual Ł l’esito del giudizio di revisione in sede disciplinare.
2.1.3. Bisogna altresì osservare che la revisione di cui agli artt. 629 e ss. cod. proc. pen. e la revoca della sentenza per abolizione del reato prevista dall’art. 673 cod. proc. pen. fanno eccezione al principio generale della immodificabilità del giudicato, a mente del quale una sentenza o un decreto del giudice non può piø essere modificato dopo che sono stati esperiti contro di essi tutti i mezzi di impugnazione previsti dalla legge, ovvero quando essi non sono piø proponibili per il decorso dei termini.
Le norme che disciplinano la revisione e la revoca, dunque, fanno eccezione a una regola generale, così che non si applicano oltre i casi e ai tempi in esse considerati, per come disposto dall’art. 14 dei preleggi del codice civile.
Dal che discende che, in caso di abolizione del reato, il mezzo previsto dal legislatore per dare applicazione all’art. 2, comma secondo, codice penale Ł quello previsto dall’art. 673 cod. proc. pen., dal che discende l’inammissibilità dell’istanza di revisione, che non contempla l’abolizione del reato tra i casi per cui essa Ł ammessa.
Va dunque affermato il seguente principio di diritto: «E’ inammissibile l’istanza di revisione di una sentenza di condanna irrevocabile per un fatto che sia stato successivamente abolito, giacchŁ in tale ipotesi l’interessato deve chiedere al giudice dell’esecuzione la revoca della relativa sentenza o decreto ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen.”.
All’inammissibilità dell’impugnazione segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 04/03/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME