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Abolitio Criminis RdC: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per indebita percezione del Reddito di Cittadinanza. Il ricorrente sosteneva l’intervenuta abolitio criminis a seguito della soppressione del beneficio. La Corte ha chiarito che le sanzioni penali continuano ad applicarsi per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023, respingendo la tesi dell’abolizione del reato. L’inammissibilità è stata estesa anche al secondo motivo, ritenuto una mera riproposizione di doglianze già respinte in appello.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abolitio Criminis per il Reddito di Cittadinanza? La Cassazione Fa Chiarezza

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla sorte delle condanne per indebita percezione del Reddito di Cittadinanza (RdC), in particolare riguardo alla tesi difensiva dell’abolitio criminis a seguito della soppressione del beneficio. La decisione conferma un orientamento ormai consolidato, offrendo importanti chiarimenti sulla continuità normativa delle sanzioni penali.

I Fatti del Caso: Omissione di Redditi Familiari

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato previsto dall’art. 7 del d.l. 4/2019. L’imputato aveva ottenuto il Reddito di Cittadinanza omettendo di dichiarare i redditi percepiti da due suoi familiari conviventi, la madre e il figlio. Tali redditi, ammontanti a oltre 20.000 euro annui per ciascuno, se correttamente dichiarati, avrebbero escluso il nucleo familiare dai requisiti economici necessari per accedere al beneficio. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano confermato la sua responsabilità penale, condannandolo a una pena di 1 anno e 4 mesi di reclusione, condizionalmente sospesa.

L’Appello e i Motivi del Ricorso

L’imputato ha presentato ricorso per cassazione basandosi su due motivi principali:

La Tesi dell’Abolitio Criminis

Il primo e più rilevante motivo di ricorso sosteneva l’intervenuta abolitio criminis. Secondo la difesa, l’abrogazione della legge istitutiva del Reddito di Cittadinanza e la sua sostituzione con nuove misure di sostegno avrebbero fatto venir meno la norma incriminatrice, estinguendo di conseguenza il reato contestato.

La Questione sulla Rilevanza del Nucleo Familiare

Con il secondo motivo, la difesa lamentava una violazione di legge relativa all’omessa valutazione, da parte dei giudici di merito, della rilevanza effettiva della presenza degli altri familiari nel nucleo ai fini della percezione del beneficio. Si trattava, in sostanza, di una contestazione sulla ricostruzione dei fatti e sull’accertamento dei requisiti economici.

La Decisione della Corte: Il Ricorso è Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, confermando la condanna. La decisione si fonda su argomentazioni precise sia in punto di diritto che di procedura.

Le Motivazioni: Perché non c’è Abolitio Criminis per il RdC

La Corte ha definito il primo motivo manifestamente infondato, ribadendo un principio già sancito dalla giurisprudenza, incluse le Sezioni Unite. Sebbene l’art. 7 del d.l. n. 4/2019 sia stato formalmente abrogato, il legislatore, nell’introdurre le nuove misure come l'”assegno di inclusione”, ha espressamente previsto una clausola di ultrattività. In particolare, è stato stabilito che le disposizioni penali del citato articolo 7 continuano ad applicarsi per tutti i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023. Di conseguenza, non si è verificata alcuna abolitio criminis, ma una successione di leggi nel tempo che garantisce la continuità della punibilità per le condotte illecite poste in essere quando il beneficio era in vigore.

Le Motivazioni: L’Inammissibilità del Secondo Motivo

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Cassazione ha osservato che, a fronte di una doppia sentenza conforme nei gradi di merito, il ricorrente si è limitato a riproporre le stesse doglianze già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata, e non una mera ripetizione dei motivi d’appello. Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva chiaramente indicato i redditi omessi (quelli della madre e del figlio conviventi) come causa del superamento delle soglie di legge, e il ricorrente non ha fornito alcuna argomentazione specifica per contestare tale motivazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La pronuncia in esame consolida un punto fermo fondamentale: chi ha percepito indebitamente il Reddito di Cittadinanza commettendo il reato prima del 31 dicembre 2023 non può sperare nell’impunità invocando l’abolitio criminis. La volontà del legislatore di mantenere in vita le sanzioni penali è stata chiara e la giurisprudenza la applica con rigore. Inoltre, la decisione sottolinea l’importanza di formulare ricorsi per cassazione specifici e non meramente ripetitivi, pena la declaratoria di inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

L’abrogazione della legge sul Reddito di Cittadinanza ha cancellato il reato di indebita percezione (abolitio criminis)?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il legislatore ha espressamente previsto che le sanzioni penali dell’articolo 7 del d.l. 4/2019 continuino ad applicarsi per tutti i fatti illeciti commessi fino al 31 dicembre 2023.

Perché il secondo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza muovere una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata. Questo tipo di ricorso è considerato generico e non conforme ai requisiti di legge.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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