Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13112 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13112 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORINO il 22/08/1976
avverso l’ordinanza del 26/11/2024 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio con riguardo a quanto richiesto con il primo motivo; il rigetto del ricorso relativamente a quanto richiesto con il secondo motivo
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento indicato in epigrafe, il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME tendente ad ottenere: la revoca per abolitio criminis della sentenza emessa dalla Corte di appello di Roma in data 10 marzo 2016, limitatamente ai reati di cui agli artt. 485 e 491, cod. pen., indicati ai capi A e B della rubrica; dichiarazione di estinzione, per prescrizione, dei reati giudicati dalla Corte di appello di Roma con sentenza in data 11 ottobre 2023 e indicati ai capi A e B .
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, muovendo doglianze affidate a due motivi.
2.1. Con il primo motivo ha denunziato violazione degli artt. 123, comma 3, e 666 comma 5, cod. proc. pen., 49 d.lgs. n. 231 del 2027, 111 sesto comma, Cost., nonché vizi della motivazione: il giudice dell’esecuzione ha giustificato il rigetto della prima delle richieste di cui sopra rilevando semplicemente che dalla motivazione della sentenza di condanna non risultava che gli assegni di cui agli addebiti fossero non trasferibili e, dunque, che la condotta non costituisse più reato, mentre avrebbe dovuto svolgere ulteriori verifiche, doverosamente acquisendo gli atti necessari per accertare la trasferibilità o meno dei titoli.
2.2. Con il secondo motivo ha dedotto violazione degli artt. 123, comma 3, 129 e 676, cod. proc. pen., 157, cod. pen., 111 sesto comma, Cost., nonché vizi della motivazione: il giudice dell’esecuzione non avrebbe potuto rigettare la seconda delle richieste di cui sopra, rilevando di essere sprovvisto di poteri al riguardo una volta intervenuto il passaggio in giudicato della sentenza, poiché in tal modo ha ignorato l’evoluzione giurisprudenziale che riconosce flessibilità al giudicato penale, consentendo di eliminare in sede di esecuzione gli effetti pregiudizievoli per il condannato delle decisioni in cognizione che non interferiscono con il merito.
Il Procuratore generale, in sede di conclusioni scritte, ha chiesto l’accoglimento del primo motivo e il rigetto del secondo motivo, mentre il difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME ha fatto pervenire memoria con la quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso, allegando documentazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo deve ritenersi fondato, mentre il secondo risulta inammissibile, per le ragioni di seguito illustrate.
Il giudice dell’esecuzione, provvedendo sulla richiesta della revoca della sentenza per sopravvenuta abolitio criminis, ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen., pur non potendo ricostruire la vicenda per cui vi è stata condanna in termini diversi da quelli definiti con la sentenza irrevocabile, né valutare i fatti in modo difforme da quanto ritenuto dal giudice della cognizione, deve accertare se il reato per il quale è stata pronunciata condanna sia considerato ancora tale dalla legge e, a tal fine, può effettuare una sostanziale ricognizione del quadro probatorio già acquisito ed utilizzare elementi che, irrilevanti al momento della sentenza, siano divenuti determinanti, alla luce del diritto sopravvenuto, per la decisione sull’imputazione contestata (Sez.3, n.5248 del 25/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269011 – 01).
Il Giudice dell’esecuzione, nella specie, rigettando la richiesta di revoca della sentenza di condanna per abolitio criminis non si è attenuto al principio di cui sopra, posto che ha inteso limitare la verifica cui era tenuto all’esame della sentenza, mentre, non avendo acquisito elementi per la decisione da tale esame, avrebbe dovuto procedere a tal fine alla ricognizione degli atti processuali.
Una ricognizione che richiede l’acquisizione del fascicolo processuale in sede di giudizio di merito da parte del giudice dell’esecuzione nel rispetto delle regole del contraddittorio camerale, sicché resta in questa sede inconferente l’allegazione difensiva, con memoria, di copie di assegni riferiti alla condanna di cui trattasi.
Ne discende, in accoglimento del primo motivo, l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente al rigetto della richiesta di revoca della sentenza di condanna emessa in data 10 marzo 2016 dalla Corte di appello di Roma, con rinvio per nuovo giudizio, su tale punto della decisione, al Tribunale di Roma.
Il secondo motivo risulta manifestamente infondato, poiché del tutto fuori fuoco risultano i richiami nello stesso ai principi affermati in tema di esecuzione di una pena illegale, a fronte dell’esecuzione di una condanna invece legittimamente intervenuta, secondo quanto esposto nel provvedimento e non smentito dal ricorso, per reato non estinto per prescrizione, prima del passaggio in giudicato.
Ne consegue l’inammissibilità del secondo motivo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al rigetto della richiesta di revoca della sentenza di condanna emessa in data 10 marzo 2016 dalla Corte di appello
di Roma, con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Roma. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Così deciso il 19/02/2025.