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Abolitio criminis: Cassazione annulla condanna

Un funzionario pubblico, condannato in primo e secondo grado per abuso d’ufficio, ha ottenuto l’annullamento della sentenza dalla Corte di Cassazione. La decisione si basa sull’intervenuta abolitio criminis del reato, a seguito di una nuova legge. La Corte ha chiarito che l’annullamento della condanna penale comporta anche la revoca delle statuizioni civili, obbligando la parte danneggiata a iniziare un nuovo processo in sede civile per ottenere il risarcimento.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abolitio Criminis: Quando la Legge Cambia, la Condanna Cade

L’abolitio criminis è un principio fondamentale del diritto penale che entra in gioco quando il legislatore decide di non considerare più un determinato comportamento come reato. Questa scelta ha effetti dirompenti sui processi in corso e sulle sentenze non ancora definitive. Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Sentenza n. 37633/2025) offre un chiarimento esemplare su questo tema, analizzando le conseguenze della depenalizzazione del reato di abuso d’ufficio non solo sulla condanna penale ma anche sulle richieste di risarcimento della parte civile.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna all’Abrogazione del Reato

La vicenda giudiziaria ha origine da una condanna per il reato di abuso d’ufficio, emessa dal Tribunale di primo grado nel 2016 e confermata dalla Corte d’Appello nel 2024, a carico di un funzionario pubblico. L’imputato, ritenuto colpevole di aver commesso il fatto tra settembre e novembre 2011, ha presentato ricorso in Cassazione.

Tuttavia, un evento legislativo ha cambiato radicalmente le carte in tavola: la legge n. 114 del 9 agosto 2024 ha abrogato l’articolo 323 del codice penale, cancellando di fatto il reato di abuso d’ufficio dall’ordinamento. Di conseguenza, il difensore dell’imputato ha basato il suo ricorso sull’intervenuta abolitio criminis, chiedendo l’annullamento della sentenza e la revoca delle statuizioni civili.

La Battaglia della Parte Civile

Di fronte alla prospettiva di vedere vanificate le proprie pretese risarcitorie, la parte civile ha tentato di opporsi all’annullamento. Inizialmente, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale della norma abrogatrice, sostenendo un presunto contrasto con la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione. Successivamente, ha richiesto alla Cassazione di sollevare un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per valutare la compatibilità della depenalizzazione con il diritto comunitario.

Le Motivazioni della Cassazione sull’Abolitio Criminis

La Corte di Cassazione ha rigettato le istanze della parte civile e accolto il ricorso dell’imputato, fornendo motivazioni chiare e lineari.

In primo luogo, la Corte ha ricordato che la questione di legittimità costituzionale era già stata esaminata e dichiarata non fondata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 95/2025. La Consulta aveva stabilito che gli obblighi derivanti da convenzioni internazionali, come quella di Mérida contro la corruzione, non impongono all’Italia un obbligo di criminalizzazione specifico e inderogabile per l’abuso d’ufficio, lasciando al legislatore nazionale un margine di discrezionalità. Di conseguenza, l’abrogazione della norma non viola la Costituzione.

In secondo luogo, e per ragioni analoghe, è stata respinta la richiesta di rinvio alla Corte di Giustizia UE. La Cassazione ha sottolineato che, in assenza di una disciplina europea uniforme sulla rilevanza penale dell’abuso d’ufficio, non sussistono i presupposti per interrogare la Corte europea sulla compatibilità della scelta abrogatrice del legislatore italiano.

Stabiliti questi punti, la Corte ha proceduto all’applicazione diretta del principio di abolitio criminis. Poiché la legge n. 114/2024 ha abrogato il reato di abuso d’ufficio, il fatto per cui l’imputato era stato condannato non è più previsto dalla legge come reato. La conseguenza inevitabile è l’annullamento senza rinvio della sentenza di condanna.

Le Conclusioni: Gli Effetti dell’Annullamento sulle Richieste Civili

La parte più significativa della sentenza riguarda le conseguenze dell’annullamento sulle statuizioni civili. La Corte di Cassazione, richiamando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite (sent. n. 46688/2016), ha affermato un principio netto: il giudice penale può decidere sulle azioni civili solo se pronuncia una sentenza di condanna.

Quando la condanna viene meno a causa dell’abolitio criminis, il giudice dell’impugnazione deve necessariamente revocare anche i capi della sentenza che riguardano gli interessi civili, ovvero la condanna al risarcimento del danno e al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile.

Questo non significa che il danneggiato perda il suo diritto al risarcimento. Significa, però, che non può più ottenerlo all’interno del processo penale. La parte civile, per far valere le proprie pretese, dovrà iniziare un nuovo e autonomo giudizio davanti al giudice civile, dimostrando in quella sede la sussistenza di un illecito civile e il relativo danno.

Cosa succede a una condanna penale se il reato viene abrogato mentre il processo è in corso?
La sentenza di condanna, se non ancora definitiva, deve essere annullata senza rinvio. Questo perché il fatto, per il quale era stata emessa la condanna, non è più previsto dalla legge come reato, applicando il principio del favor rei.

Se la condanna penale viene annullata per abolitio criminis, cosa accade al risarcimento del danno riconosciuto alla parte civile?
Anche le statuizioni civili, ovvero la condanna al risarcimento del danno e al pagamento delle spese legali a favore della parte civile, vengono revocate. Il giudice penale, non potendo più emettere una sentenza di condanna, perde il potere di decidere sulle questioni civili.

La parte civile perde definitivamente il diritto al risarcimento dopo la revoca delle statuizioni civili?
No, la parte civile non perde il suo diritto. Tuttavia, per ottenere il risarcimento del danno, dovrà avviare un nuovo e separato processo davanti al giudice civile, dove dovrà dimostrare nuovamente la sussistenza dell’illecito e del danno subito secondo le regole del processo civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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