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Abolitio criminis: annullata la condanna civile

Un sindaco, inizialmente assolto dall’accusa di abuso d’ufficio e poi condannato al solo risarcimento civile in appello, ha ottenuto l’annullamento della condanna dalla Corte di Cassazione. La decisione si fonda sul principio della abolitio criminis: la successiva abrogazione del reato di abuso d’ufficio ha fatto venir meno il presupposto per la pronuncia del giudice penale anche sugli aspetti civili. La parte danneggiata potrà comunque agire in una separata sede civile.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abolitio criminis e risarcimento: la Cassazione annulla la condanna civile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 16983 del 2025, offre un importante chiarimento sugli effetti della cosiddetta abolitio criminis, ovvero l’abrogazione di una norma penale, sulle richieste di risarcimento del danno avanzate nel processo penale. Il caso riguardava un sindaco, accusato di abuso d’ufficio, e dimostra come la scomparsa del reato dal nostro ordinamento faccia venir meno anche la competenza del giudice penale a decidere sulle questioni civili collegate, anche se queste erano state confermate in appello.

I Fatti del Caso: L’Ordinanza del Sindaco e l’Accusa di Abuso d’Ufficio

La vicenda ha origine da una delibera del 2015 con cui un Sindaco ordinava la rimozione di cartelli indicanti “proprietà privata” e “divieto di transito” da una strada laterale. Tali cartelli erano stati apposti dai proprietari del terreno per impedirne l’uso indiscriminato da parte di terzi, in particolare da parte di un hotel che utilizzava la strada per l’accesso dei propri clienti. L’amministrazione comunale, ritenendo sussistente un interesse pubblico all’uso della strada, aveva emesso il provvedimento sulla base dell’art. 42-bis del Testo Unico Espropriazioni.

Per questo atto, il Sindaco e un dirigente comunale venivano accusati del reato di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.). In primo grado, il Tribunale li assolveva con la formula “perché il fatto non sussiste”. Tuttavia, a seguito dell’appello proposto dalle sole parti civili (i proprietari del terreno), la Corte d’Appello ribaltava parzialmente la decisione: pur confermando l’assoluzione penale, riconosceva la responsabilità civile del Sindaco, condannandolo al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede.

L’Evoluzione Normativa e l’Impatto della Abolitio Criminis

Il contesto normativo in cui si inserisce la vicenda è cruciale. L’originaria contestazione di abuso d’ufficio è stata interessata da due modifiche fondamentali. Prima, nel 2020, il reato è stato riformato, limitandone l’applicazione alla violazione di “specifiche regole di condotta” previste dalla legge, escludendo quindi la rilevanza della violazione di principi generali come l’imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione. Successivamente, con la legge n. 114 del 2024, il reato di abuso d’ufficio è stato completamente abrogato.

Questo fenomeno, noto come abolitio criminis, è stato il fulcro del ricorso presentato in Cassazione. La difesa del Sindaco ha sostenuto che, essendo il reato presupposto venuto meno, non poteva più sussistere una pronuncia di condanna, neppure ai soli fini civili, da parte del giudice penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio la sentenza d’appello e revocando le statuizioni civili. La decisione si basa su un principio cardine del nostro sistema processuale.

Le Motivazioni: Il Principio di Accessorietà

Il cuore della motivazione risiede nel carattere accessorio dell’azione civile esercitata nel processo penale. La possibilità per la parte danneggiata di chiedere il risarcimento davanti al giudice penale è strettamente legata all’esistenza di un reato. La causa petendi, cioè il fondamento della richiesta civile, è proprio il fatto-reato.

Quando una legge successiva abroga quel reato, come avvenuto per l’abuso d’ufficio, viene meno il presupposto stesso che giustifica la competenza del giudice penale a decidere sulle conseguenze civili. La Corte ha ribadito che, affinché il giudice penale possa continuare a giudicare sulle questioni civili dopo un’assoluzione (la cosiddetta perpetuatio iurisdictionis), è necessario che il fatto storico possa essere ancora, almeno in astratto, configurabile come un’ipotesi di reato. Con l’abrogazione totale della norma, questa possibilità svanisce.

Di conseguenza, la sopravvenuta abolitio criminis impone al giudice dell’impugnazione di prendere atto della situazione e di revocare le statuizioni civili, poiché la giurisdizione penale non ha più una base su cui fondarsi.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Sentenza

La sentenza chiarisce un punto fondamentale: la revoca delle statuizioni civili non significa che il danneggiato perda il suo diritto al risarcimento. Significa, però, che tale diritto non può più essere fatto valere all’interno del processo penale, ormai concluso. La parte civile ha la piena facoltà di iniziare un’azione ex novo davanti al giudice civile, che valuterà la condotta secondo le regole della responsabilità civile (art. 2043 c.c.) e non più penale. In sostanza, la abolitio criminis chiude definitivamente la partita in sede penale, ma lascia aperta la porta della giurisdizione civile.

Cosa succede alla richiesta di risarcimento danni in un processo penale se il reato viene abrogato?
La richiesta di risarcimento danni (statuizioni civili) viene revocata. Poiché l’azione civile nel processo penale è accessoria all’esistenza di un reato, l’abrogazione di quest’ultimo fa venir meno la competenza del giudice penale a decidere anche sulle questioni civili.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di appello che aveva riconosciuto la responsabilità civile del sindaco?
La Corte ha annullato la sentenza perché, nel frattempo, il reato di abuso d’ufficio per cui il sindaco era stato processato è stato abrogato (abolitio criminis). Questa abrogazione ha eliminato il presupposto giuridico su cui si fondava la competenza del giudice penale a pronunciarsi sulla responsabilità civile.

La parte civile che ha visto revocare le statuizioni civili può ancora chiedere il risarcimento del danno?
Sì. La sentenza precisa che la parte civile conserva il diritto di agire “ex novo” nella sede naturale, ovvero davanti a un tribunale civile, per ottenere il risarcimento del danno. La decisione della Cassazione chiude solo il procedimento penale, non estingue il diritto al risarcimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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