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Abitualità reato: quando si applica il 131-bis?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35320/2024, ha chiarito i limiti di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). Il caso riguardava un individuo assolto in appello per aver omesso di comunicare lo stato di detenzione mentre percepiva il reddito di cittadinanza. La Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che la condizione di ‘abitualità reato’, che impedisce l’applicazione del beneficio, sussiste quando l’imputato ha commesso in passato almeno due reati della stessa indole, anche se il reato attuale è di natura diversa. Questo comportamento passato dimostra una pericolosità sociale che rende inopportuna la concessione del beneficio.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abitualità reato: la Cassazione fissa i paletti per l’art. 131-bis

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 35320 del 2024, torna a fare luce su un tema cruciale del diritto penale: i limiti di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La pronuncia chiarisce in modo definitivo come l’abitualità reato dell’imputato, desunta dai suoi precedenti penali, possa precludere l’accesso a questo beneficio, anche quando il nuovo reato commesso sia di natura completamente diversa dai precedenti.

I fatti del processo

Il caso trae origine dalla vicenda di un soggetto che, beneficiario del reddito di cittadinanza, aveva omesso di comunicare alle autorità competenti il suo stato di detenzione presso una casa circondariale. In primo grado, il Tribunale lo aveva condannato per il reato previsto dall’art. 7, comma 2, del d.l. n. 4/2019.

Sorprendentemente, la Corte d’appello aveva ribaltato la decisione, assolvendo l’imputato grazie all’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, ritenendo il fatto di particolare tenuità. La Corte territoriale aveva considerato irrilevanti i precedenti penali dell’uomo (reati contro il patrimonio), sostenendo che il reato contestato (un falso) fosse di indole diversa e, pertanto, non integrasse la causa ostativa dell’abitualità.

Il Procuratore generale presso la Corte di appello ha impugnato questa sentenza, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La questione giuridica: l’abitualità reato e i suoi confini

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione del concetto di abitualità reato come limite alla non punibilità per tenuità del fatto. L’art. 131-bis c.p. esclude la sua applicazione se l’autore ha commesso più reati della stessa indole. La domanda fondamentale era: per escludere il beneficio, è necessario che anche il reato attuale sia della stessa indole dei precedenti, creando una sorta di continuità criminale? Oppure è sufficiente che l’imputato abbia semplicemente un passato caratterizzato da reati della stessa indole, a prescindere da quello per cui si procede?

La Corte d’appello aveva sposato la prima tesi, ritenendo che, essendo il nuovo reato di ‘falso’ diverso dai precedenti ‘reati contro il patrimonio’, non si potesse parlare di abitualità. Il Procuratore, invece, sosteneva la seconda tesi, argomentando che la preclusione opera sulla base della sola esistenza di un passato criminale abituale, che manifesta una pericolosità sociale incompatibile con il beneficio.

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente il ricorso del Procuratore generale, annullando la sentenza di assoluzione. Richiamando consolidati principi espressi dalle Sezioni Unite, la Corte ha chiarito che il concetto di abitualità reato che osta all’applicazione dell’art. 131-bis non richiede un collegamento tra il reato attuale e quelli passati.

È sufficiente che il soggetto abbia commesso in passato almeno due reati della stessa indole. Questo ‘contegno abituale tenuto nel passato’ è di per sé indicativo di una pericolosità dell’imputato tale da rendere ‘inopportuna’ la concessione del beneficio, anche se il fatto commesso oggi è tenue e del tutto autonomo rispetto ai precedenti.

Inoltre, la Corte aggiunge un’ulteriore e decisiva argomentazione. Il reato di indebita percezione o omessa comunicazione ai fini del reddito di cittadinanza, sebbene formalmente un ‘falso’, ha una natura intrinsecamente patrimoniale. Esso è posto a tutela delle risorse economiche pubbliche destinate a specifici fini sociali. Di conseguenza, si pone in perfetta continuità con i precedenti reati contro il patrimonio commessi dall’imputato, condividendone la natura e, verosimilmente, i motivi (il conseguimento di un profitto illecito). Pertanto, anche sotto questo profilo, la valutazione della Corte d’appello era errata.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito: la valutazione per la concessione della non punibilità per tenuità del fatto non può limitarsi al singolo episodio, ma deve tenere conto dell’intera storia criminale del soggetto. L’abitualità reato, intesa come la commissione passata di più reati della stessa indole, è un indice di pericolosità che preclude l’applicazione dell’art. 131-bis, a prescindere dalla natura del nuovo illecito. La Corte ha quindi annullato la sentenza e rinviato il caso a una diversa Corte d’appello per un nuovo giudizio, che dovrà attenersi a questi principi.

L’applicazione dell’art. 131-bis c.p. è esclusa se l’imputato ha precedenti penali di natura diversa dal reato attuale?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’abitualità del reato, che esclude il beneficio, si configura quando l’imputato ha commesso in passato almeno due reati della stessa indole, anche se il reato per cui si procede è di indole diversa da quelli.

Come viene definito il concetto di ‘abitualità’ ai fini dell’art. 131-bis c.p.?
L’abitualità si concretizza in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole (almeno due) commessi ‘nel passato’. Questo comportamento pregresso è sufficiente a dimostrare una pericolosità sociale che rende inopportuna l’applicazione della causa di non punibilità, indipendentemente dal reato attuale.

Qual è la natura del reato di omessa comunicazione per il reddito di cittadinanza secondo la Cassazione?
Secondo la Corte, pur essendo formalmente un falso, il reato di cui all’art. 7, comma 2, del d.l. n. 4/2019 ha una natura anche patrimoniale. È posto a tutela delle risorse economiche pubbliche e, pertanto, può essere considerato della stessa indole dei reati contro il patrimonio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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