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Abitualità reato: quando non si applica il 131-bis

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La Corte ha confermato che l’abitualità del reato, desunta da una recidiva reiterata e da precedenti condanne per reati della stessa indole, costituisce un ostacolo insuperabile all’applicazione del beneficio, rendendo generica e infondata la critica mossa alla sentenza d’appello. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abitualità Reato: La Cassazione Nega il 131-bis

L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale, è spesso al centro di dibattiti giurisprudenziali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: l’abitualità del reato, dimostrata da precedenti penali specifici, preclude categoricamente l’accesso a questo beneficio. Analizziamo insieme la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la sua condanna. Il punto centrale del ricorso era la richiesta, respinta in appello, di applicare l’articolo 131-bis c.p., che avrebbe escluso la sua punibilità in ragione della scarsa gravità del fatto commesso (nella fattispecie, evasione).

L’imputato sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel negargli il beneficio. Tuttavia, la sua argomentazione è stata considerata dalla Suprema Corte eccessivamente generica, in quanto non affrontava in modo specifico le ragioni che avevano portato alla decisione negativa, ovvero la sua storia criminale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza, ma si concentra sulla correttezza procedurale e sulla validità delle argomentazioni legali presentate. Dichiarando l’inammissibilità, la Corte ha di fatto confermato la decisione della Corte d’Appello, condannando inoltre il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla cassa delle ammende.

Le Motivazioni: l’Abitualità del Reato come Ostacolo Decisivo

Il cuore della motivazione risiede nella valutazione dell’abitualità del reato. La Corte ha sottolineato che i giudici d’appello avevano correttamente escluso l’applicazione dell’art. 131-bis non tanto per la gravità intrinseca del singolo episodio di evasione, quanto per il profilo complessivo dell’imputato. Nello specifico, sono stati evidenziati tre elementi chiave:

1. La Recidiva Reiterata: L’imputato era già stato dichiarato recidivo più volte, un indicatore legale di una propensione a commettere reati.
2. Un Precedente Specifico per Evasione: Paradossalmente, l’imputato aveva già beneficiato in passato della non punibilità ex art. 131-bis per un precedente reato di evasione. Questo fatto, anziché giocare a suo favore, è stato interpretato come prova di una tendenza a ripetere la stessa condotta illecita, minando la ratio del beneficio.
3. Un Precedente per Reato della Stessa Indole: Era presente una condanna del 2013 per resistenza a pubblico ufficiale, un reato considerato della “stessa indole” rispetto all’evasione, poiché entrambi manifestano una ribellione all’autorità dello Stato.

La Corte ha ritenuto che il motivo di ricorso fosse “generico” proprio perché non contestava questi specifici elementi, che insieme delineano un quadro di comportamento abituale e, quindi, incompatibile con la finalità dell’art. 131-bis.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, ribadisce che l’istituto della particolare tenuità del fatto non è un automatismo, ma richiede una valutazione complessiva della condotta dell’autore del reato. L’abitualità del reato non è un concetto astratto, ma si fonda su elementi concreti e verificabili, come i precedenti penali.

In secondo luogo, emerge con chiarezza che anche un precedente beneficio ex art. 131-bis può diventare un’arma a doppio taglio: se da un lato dimostra la scarsa gravità di un fatto passato, dall’altro, in caso di reiterazione, può essere usato per dimostrare una tendenza a delinquere. Infine, la decisione sottolinea l’importanza di formulare ricorsi specifici e puntuali, capaci di smontare analiticamente le argomentazioni della sentenza impugnata, pena una declaratoria di inammissibilità con conseguente condanna alle spese.

Avere precedenti penali impedisce sempre l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
No, non sempre. Tuttavia, come stabilito in questa ordinanza, la presenza di precedenti specifici, come una recidiva reiterata e condanne per reati della stessa indole, può configurare l'”abitualità del comportamento”, che è una causa ostativa all’applicazione dell’art. 131-bis.

Cosa significa che un motivo di ricorso è “generico”?
Significa che l’appello non presenta censure specifiche e dettagliate contro la decisione impugnata. In questo caso, l’imputato non ha contestato in modo puntuale gli elementi (i precedenti specifici) su cui la corte ha basato la valutazione di abitualità del comportamento.

Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di 3000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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