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Abitualità reato: quando l’appello è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imputata che chiedeva il riconoscimento della particolare tenuità del fatto. La decisione si fonda sulla conclamata abitualità del reato, dimostrata da sette precedenti per truffa, che osta all’applicazione del beneficio. La Corte conferma che la valutazione della pena è discrezionale per il giudice di merito, se motivata e non arbitraria.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abitualità reato: quando l’appello è inammissibile per la Cassazione

L’ordinanza in esame offre un’importante chiarificazione sui limiti di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, soprattutto quando emerge un’abitualità nel reato. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata, confermando che la ripetizione di condotte illecite costituisce un ostacolo insormontabile per l’ottenimento di tale beneficio. Analizziamo nel dettaglio la vicenda processuale e i principi di diritto affermati.

I fatti del processo

Una donna, già condannata nei primi due gradi di giudizio, presentava ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello. Le sue doglianze si concentravano su due aspetti principali: in primo luogo, il mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto; in secondo luogo, l’erronea, a suo dire, determinazione della pena inflitta.

La ricorrente sosteneva che il reato commesso fosse di lieve entità e che la pena applicata fosse eccessiva. Tuttavia, il suo percorso giudiziario era già segnato da una serie di precedenti specifici.

Abitualità del reato e l’esclusione della tenuità del fatto

Il cuore della decisione della Suprema Corte risiede nella valutazione della condotta complessiva della ricorrente. I giudici di merito avevano già evidenziato la presenza di ben sette precedenti per il reato di truffa. Secondo la Cassazione, questa serialità integra pienamente il presupposto dell’abitualità del reato, una condizione che la legge indica come ostativa al riconoscimento della particolare tenuità del fatto.

Il ricorso è stato giudicato privo di specificità, in quanto si limitava a riproporre le medesime argomentazioni già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ribadito che non è sufficiente lamentare un’ingiustizia, ma è necessario individuare vizi logici o giuridici specifici nella motivazione della sentenza impugnata, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

La discrezionalità del giudice nella determinazione della pena

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla quantificazione della pena, è stato respinto. La Corte ha ricordato un principio consolidato: la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato nel rispetto dei criteri fissati dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di valutare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo.

Il sindacato della Corte di Cassazione su questo punto è limitato ai soli casi in cui la decisione sia frutto di un mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. Nel caso specifico, la pena base era stata fissata al minimo edittale, escludendo quindi in radice qualsiasi arbitrarietà nella decisione del giudice.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per mancanza di specificità. I motivi presentati erano una mera riproposizione delle questioni già discusse e ritenute infondate dalla Corte di merito, la quale aveva fornito argomenti logici e giuridici corretti. In particolare, la Corte d’Appello aveva giustamente negato la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto a causa dell’abitualità della condotta della ricorrente, comprovata da sette precedenti per truffa. Riguardo alla pena, la sua determinazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito e, essendo stata fissata al minimo legale, non presentava profili di illogicità o arbitrarietà sindacabili in sede di legittimità.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma con forza due principi fondamentali. Primo: l’abitualità del reato, desumibile da precedenti penali specifici, è una barriera legale che impedisce l’applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto. Secondo: le decisioni relative alla determinazione della pena sono difficilmente censurabili in Cassazione se adeguatamente motivate e non manifestamente arbitrarie, specialmente quando la sanzione è contenuta nei minimi previsti dalla legge. Di conseguenza, un ricorso per cassazione deve basarsi su critiche precise e puntuali alla sentenza impugnata, e non sulla semplice riproposizione di argomenti già respinti.

Perché il beneficio della ‘particolare tenuità del fatto’ non è stato concesso alla ricorrente?
Il beneficio è stato negato perché la ricorrente aveva sette precedenti condanne per truffa. Questa ripetizione di reati della stessa indole configura una ‘abitualità’ nella condotta, che per legge è una causa ostativa all’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto.

È possibile contestare l’ammontare di una pena davanti alla Corte di Cassazione?
La contestazione è possibile solo in casi limitati, ovvero quando la decisione del giudice di merito è palesemente arbitraria o basata su un ragionamento illogico. Se la pena, come in questo caso, è fissata al minimo previsto dalla legge, è quasi impossibile che un ricorso su questo punto venga accolto.

Cosa ha reso il ricorso ‘inammissibile’ secondo la Suprema Corte?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era ‘privo di specificità’. In altre parole, la ricorrente si è limitata a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza individuare specifici errori di diritto o vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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