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Abitualità reato: no a 131-bis per furto reiterato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per due furti aggravati. L’imputato chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), ma la Corte ha respinto la richiesta a causa della sua abitualità reato, dimostrata da precedenti condanne e dalla rapida successione dei crimini.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abitualità nel Reato: Quando la Tenuità del Fatto non si Applica

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del diritto penale: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., non può essere invocata in presenza di un’abitualità reato. Questo concetto si riferisce a una condotta criminale non occasionale, ma ripetuta nel tempo, che manifesta una chiara tendenza a delinquere. La decisione in esame offre un’analisi chiara dei criteri che escludono l’applicazione di questo beneficio, anche quando i singoli episodi criminosi potrebbero, di per sé, apparire di modesta entità.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte di Appello di Genova per due episodi di furto aggravato. I reati erano stati commessi a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro. La difesa dell’imputato aveva impugnato la sentenza di condanna dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il ricorso su un unico motivo: la mancata applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, sostenendo che i fatti fossero di particolare tenuità e meritassero, quindi, la non punibilità.

La questione giuridica e l’abitualità reato

Il fulcro della questione legale ruotava attorno alla possibilità di applicare l’art. 131-bis a un soggetto che aveva dimostrato una certa serialità nel commettere reati. La norma sulla particolare tenuità del fatto è stata introdotta per evitare che il sistema penale si occupi di vicende di minima offensività, ma la sua applicazione è soggetta a precise condizioni. Una delle principali cause ostative è proprio la condotta abituale dell’autore del reato. La Corte di Cassazione è stata chiamata a valutare se la successione ravvicinata di due furti, unita a precedenti penali, costituisse prova di un’abitualità reato tale da impedire il riconoscimento del beneficio.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e manifestamente infondato. La ratio decidendi della pronuncia è stata cristallina: le condotte dell’imputato erano chiaramente espressive di abitualità reato. Gli Ermellini hanno evidenziato diversi elementi a sostegno di questa conclusione:

1. Reiterazione dei Reati: I due furti erano stati perpetrati a pochi giorni di distanza, dimostrando una condotta non occasionale.
2. Precedenti Penali: L’imputato era già stato condannato con sentenza irrevocabile per un altro reato della stessa indole. Questo precedente ha pesato in modo significativo nella valutazione della sua personalità e della sua tendenza a delinquere.
3. Intensità del Dolo: Un ulteriore elemento, sottolineato dalla Corte, è stata l’intensità dell’intento criminale. I reati erano stati commessi mentre l’imputato era già sottoposto a una misura cautelare, una circostanza che rivela un particolare disprezzo per le prescrizioni dell’autorità giudiziaria e una spiccata volontà criminale.

La Corte ha quindi concluso che il comportamento dell’imputato non poteva essere considerato un episodio isolato e di scarsa importanza, ma rientrava in un quadro più ampio di persistenza nell’attività illecita, precludendo così ogni possibilità di applicare l’art. 131-bis c.p.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza l’interpretazione secondo cui la valutazione della particolare tenuità del fatto non può limitarsi al singolo episodio criminoso, ma deve estendersi a un’analisi complessiva della condotta dell’agente. La presenza di un’abitualità reato, desumibile da precedenti condanne o dalla commissione seriale di illeciti, funge da sbarramento invalicabile per l’applicazione della causa di non punibilità. La decisione rappresenta un importante monito: la clemenza prevista per i reati minori non è estensibile a chi dimostra, con i propri comportamenti, una consolidata inclinazione a violare la legge penale.

Quando un reato non può essere considerato di ‘particolare tenuità’ ai sensi dell’art. 131-bis c.p.?
Un reato non può essere considerato di particolare tenuità quando il comportamento dell’autore è abituale. Nel caso di specie, l’abitualità è stata dedotta dalla commissione di più reati della stessa indole, di cui uno già oggetto di condanna irrevocabile, e dalla circostanza che i nuovi illeciti erano stati commessi a breve distanza l’uno dall’altro.

Cosa si intende per ‘abitualità del reato’ ai fini dell’esclusione della non punibilità?
Per la Corte, l’abitualità si manifesta quando le condotte criminali non sono un episodio occasionale, ma l’espressione di una tendenza a delinquere. La commissione di due furti aggravati a pochi giorni di distanza, successivi a una precedente condanna per un reato simile, è stata ritenuta sufficiente a integrare tale abitualità.

La commissione di un reato mentre si è sottoposti a una misura cautelare ha rilevanza nella valutazione?
Sì, la Corte ha specificato che commettere un reato mentre si è sottoposti a una misura cautelare dimostra un’elevata intensità del dolo. Questo fattore aggrava la valutazione complessiva della condotta e contribuisce a escludere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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