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Abitualità ostativa: no a 131-bis per tentata truffa

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentata truffa. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata respinta a causa della sua abitualità ostativa, derivante da precedenti penali specifici. Anche le attenuanti generiche sono state negate per la negativa personalità dell’imputato.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abitualità ostativa: la Cassazione chiude la porta alla non punibilità per tentata truffa

Con l’ordinanza n. 4433 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto: la presenza di un’abitualità ostativa, derivante da precedenti penali specifici, preclude l’accesso a questo beneficio. Il caso in esame riguarda un soggetto condannato per tentata truffa, il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile proprio sulla base della sua ‘carriera’ criminale.

I fatti del caso

Un individuo, già condannato in primo grado dal Tribunale di Benevento per il reato di tentata truffa, vedeva la sua pena parzialmente riformata dalla Corte di Appello di Napoli. Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali: la mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale per particolare tenuità del fatto e il diniego delle attenuanti generiche.

La decisione della Cassazione e l’abitualità ostativa

La Suprema Corte ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile. L’analisi dei giudici di legittimità si è concentrata sui presupposti che regolano l’applicazione dei benefici richiesti, evidenziando come la condotta passata dell’imputato fosse determinante.

La reiezione della non punibilità (Art. 131-bis c.p.)

Il primo motivo di ricorso si scontrava con un ostacolo insormontabile: i plurimi precedenti penali a carico dell’imputato per reati della stessa indole. La Corte ha sottolineato come la Corte d’Appello avesse correttamente evidenziato che tali precedenti integrano la cosiddetta abitualità ostativa. Questo concetto giuridico impedisce al giudice di considerare il fatto come ‘particolarmente tenue’ e, di conseguenza, di applicare la causa di non punibilità. La reiterazione di condotte illecite simili dimostra una tendenza a delinquere che è incompatibile con la finalità dell’istituto, pensato per condotte del tutto occasionali e di minima gravità.

Il diniego delle attenuanti generiche

Anche il secondo motivo, relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è stato giudicato manifestamente infondato. I giudici di appello avevano già motivato il rigetto sulla base della personalità negativa dell’imputato, desunta non solo dai suoi precedenti penali, ma anche dalle specifiche modalità della condotta, che rivelavano una particolare intensità del dolo (cioè dell’intenzione di commettere il reato). La Cassazione ha ritenuto tale valutazione adeguatamente argomentata e non sindacabile in sede di legittimità, in quanto rientrante nell’apprezzamento di merito del giudice.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa interpretazione della legge e della giurisprudenza consolidata. Per quanto riguarda l’art. 131-bis c.p., la Cassazione ha ribadito che la valutazione non può limitarsi alla sola gravità del singolo episodio, ma deve estendersi alla condotta complessiva dell’imputato. L’abitualità nel commettere reati della stessa indole è un chiaro indicatore di pericolosità sociale che la norma intende escludere dal beneficio. Per quanto concerne le attenuanti generiche, la Corte ha confermato che il loro riconoscimento è una facoltà discrezionale del giudice di merito, il quale deve motivare la sua decisione basandosi su elementi concreti, come la personalità dell’imputato e la gravità del reato. In questo caso, la motivazione fornita dalla Corte d’Appello è stata ritenuta logica e completa.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, chi ha precedenti penali specifici difficilmente potrà beneficiare della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a causa del principio di abitualità ostativa. In secondo luogo, il riconoscimento delle attenuanti generiche non è un diritto, ma una valutazione discrezionale del giudice, che può legittimamente negarle in presenza di una personalità negativa e di un’elevata intensità del dolo. La decisione rafforza l’idea che il percorso criminale di un individuo ha un peso determinante nelle valutazioni del sistema giudiziario, precludendo l’accesso a benefici pensati per situazioni di minor allarme sociale.

Quando l’abitualità di un reato impedisce l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo la Corte, quando un imputato ha plurimi precedenti per reati della stessa indole. Questa condizione integra l'”abitualità ostativa”, che è incompatibile con il beneficio della non punibilità previsto dall’art. 131-bis c.p.

Perché la Corte di Cassazione ha negato le attenuanti generiche all’imputato?
Le attenuanti generiche sono state negate a causa della negativa personalità dell’imputato, attestata dai suoi precedenti penali, e delle modalità della sua condotta, che esprimevano una particolare intensità del dolo (intenzione criminale). La Corte ha ritenuto la valutazione dei giudici di merito adeguatamente argomentata e non sindacabile.

Cosa significa quando un ricorso viene dichiarato “inammissibile”?
Significa che il ricorso non può essere esaminato nel merito perché manca dei requisiti richiesti dalla legge. In questo caso, la Corte ha ritenuto i motivi del ricorso manifestamente infondati e una generica reiterazione di argomenti già correttamente valutati e respinti nel grado precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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