Abitualità ostativa e Art. 131-bis: la Cassazione nega il beneficio
L’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, previsto dall’art. 131-bis del Codice Penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, il suo accesso non è incondizionato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce come la presenza di una condizione di abitualità ostativa nel comportamento dell’imputato precluda categoricamente l’applicazione di tale beneficio, rendendo il relativo ricorso manifestamente infondato.
I Fatti del Caso in Esame
La vicenda processuale trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bari. La corte territoriale aveva negato la concessione del beneficio della particolare tenuità del fatto. L’imputato, tramite il suo difensore, ha dunque adito la Suprema Corte di Cassazione, contestando la motivazione addotta dai giudici di merito e insistendo per l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. al suo caso.
La Decisione della Corte e l’impatto dell’abitualità ostativa
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione si fonda su un presupposto chiaro e insuperabile: la condizione di abitualità ostativa del ricorrente. I giudici di legittimità hanno infatti rilevato che il ricorrente vantava ben tre precedenti condanne per il reato di evasione.
Questa reiterazione di condotte illecite, secondo la Corte, integra pienamente quella condizione di abitualità che la legge stessa pone come sbarramento all’applicazione della causa di non punibilità. Di conseguenza, l’appello è stato ritenuto manifestamente infondato e, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Corte
Nel dettaglio, la Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato perché la motivazione della Corte d’Appello era giuridicamente ineccepibile. I giudici di merito avevano correttamente evidenziato le tre condanne per evasione come prova di un’inclinazione a delinquere che si traduce, sul piano giuridico, nella cosiddetta ‘abitualità ostativa’.
La Suprema Corte ha sottolineato che tale condizione opera ‘ex lege’, ovvero per diretta previsione normativa. Non si tratta di una valutazione discrezionale del giudice, ma di un impedimento oggettivo. Quando il comportamento dell’autore del reato non è occasionale, ma si inserisce in un quadro di ripetute violazioni della legge penale, viene a mancare uno dei presupposti fondamentali per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La motivazione del provvedimento impugnato è stata quindi giudicata solida e coerente con i principi di diritto.
Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un principio cardine nell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto: il beneficio è riservato a condotte illecite realmente sporadiche e occasionali. La presenza di precedenti penali, soprattutto se specifici e reiterati, cristallizza una condizione di abitualità ostativa che il giudice non può ignorare. Questa pronuncia serve da monito, evidenziando come la storia criminale di un soggetto abbia un peso determinante nell’accesso agli istituti premiali previsti dall’ordinamento, precludendo ogni tentativo di minimizzare la gravità di condotte che, sebbene singolarmente lievi, nel loro complesso rivelano una persistente tendenza a violare la legge.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché manifestamente infondato, in quanto contestava una decisione corretta nel negare l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p.
Cosa ha impedito l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto) nel caso specifico?
L’applicazione è stata impedita dalla presenza di tre precedenti condanne per evasione a carico del ricorrente, che hanno configurato una condizione di ‘abitualità ostativa’, la quale per legge esclude tale beneficio.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila Euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9694 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9694 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SAN SEVERO il 10/01/1989
avverso la sentenza del 27/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
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letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigr esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato in quanto contest la tenuta della motivazione adottata nel negare l’applicabilità dell’ad 131-bis cp a fronte tre condanne per evasione richiamate dalla Corte del merito a supporto di un ineccepibile giudiz di abitualità ostativa, ex lege, alla configurabilità della disposizione evocata;
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 25 novembre 2024.