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Abitualità della condotta: quando è negato l’art. 131-bis

Un’ordinanza della Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione si fonda sul concetto di abitualità della condotta, desunta dalla reiterazione di reati della stessa indole in un breve arco temporale e dai precedenti giudiziari del ricorrente. La Corte ha ritenuto che tale comportamento escluda la possibilità di applicare il beneficio previsto dall’art. 131-bis del codice penale.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abitualità della Condotta: Quando la Reiterazione del Reato Esclude la Tenuità del Fatto

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto: l’abitualità della condotta rappresenta un ostacolo insormontabile all’applicazione di questo beneficio. L’analisi del provvedimento offre spunti cruciali per comprendere come la ripetizione di reati e i precedenti penali influenzino la valutazione del giudice.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato contro la sentenza di una Corte d’Appello. La Corte territoriale aveva negato l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale, ritenendo il comportamento dell’imputato non occasionale ma abituale. La difesa aveva contestato questa decisione, insieme al giudizio di bilanciamento tra le circostanze attenuanti generiche e la recidiva semplice, ritenuto sfavorevole.

La Decisione della Corte e il Rilievo dell’Abitualità della Condotta

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la linea della Corte d’Appello. Il punto centrale della decisione è proprio la nozione di abitualità della condotta. I giudici di legittimità hanno sottolineato come la Corte di merito avesse correttamente evidenziato le ragioni ostative all’applicazione del beneficio: l’imputato aveva commesso lo stesso reato per ben tre volte nell’arco di soli venti giorni. A questo dato si aggiungevano i suoi trascorsi giudiziari, caratterizzati da precedenti condanne per reati della stessa indole.

Questo schema comportamentale, secondo la Corte, dimostra una tendenza a delinquere che è del tutto incompatibile con la natura occasionale e circoscritta richiesta dall’art. 131-bis c.p. La norma, infatti, è pensata per fatti episodici e di minima offensività, non per condotte che, seppur singolarmente lievi, si inseriscono in un quadro di sistematica violazione della legge.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha articolato le sue motivazioni su due fronti principali.

In primo luogo, ha ribadito i criteri che il giudice di merito deve seguire per valutare l’applicabilità dell’art. 131-bis. È necessaria una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità del caso concreto, utilizzando come parametri i criteri dell’art. 133 del codice penale: le modalità della condotta, il grado di colpevolezza e l’entità del danno o del pericolo. La decisione impugnata, secondo la Cassazione, si è posta in piena coerenza con questo orientamento giurisprudenziale consolidato, motivando adeguatamente il diniego sulla base della provata abitualità della condotta.

In secondo luogo, la Corte ha respinto la doglianza relativa al bilanciamento tra attenuanti e recidiva. Ha ricordato che tale giudizio rientra nella valutazione discrezionale del giudice di merito e sfugge al sindacato di legittimità, a meno che non sia palesemente illogico o arbitrario. Nel caso di specie, la decisione di considerare equivalenti le circostanze per garantire una pena adeguata è stata ritenuta sufficientemente motivata e, pertanto, non censurabile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio interpretativo: il beneficio della non punibilità per particolare tenuità del fatto è precluso a chi manifesta una propensione al crimine. L’abitualità della condotta non è un concetto astratto, ma si ancora a elementi concreti come la reiterazione di reati in un breve lasso di tempo e i precedenti penali specifici. Questa pronuncia serve da monito, chiarendo che la valutazione del giudice non si limita al singolo episodio, ma si estende a un’analisi complessiva del comportamento dell’autore del reato per stabilire se il fatto possa essere considerato un’isolata e trascurabile deviazione dalla legalità.

Cos’è l’abitualità della condotta e perché impedisce l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.?
L’abitualità della condotta è un comportamento criminale ripetuto nel tempo che indica una tendenza a delinquere. Come chiarito dalla Corte, impedisce l’applicazione del beneficio della non punibilità perché tale istituto è riservato a fatti occasionali e non a condotte sistematiche. Nel caso specifico, la reiterazione del reato tre volte in venti giorni e i precedenti specifici sono stati considerati prova di tale abitualità.

Il giudice deve sempre motivare in modo esplicito il diniego della non punibilità per tenuità del fatto?
No. La Corte ha confermato che l’onere motivazionale può essere soddisfatto anche in modo implicito. Se il giudice descrive la condotta dell’imputato in termini tali da escludere che il fatto possa essere considerato particolarmente tenue, la motivazione è da ritenersi sufficiente anche senza una trattazione specifica e separata della questione.

La Corte di Cassazione può riesaminare la decisione del giudice sul bilanciamento delle circostanze (attenuanti e aggravanti)?
Di norma, no. Il giudizio di comparazione tra le circostanze è una valutazione discrezionale tipica del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la decisione è frutto di un palese arbitrio o di un ragionamento manifestamente illogico, cosa che non è stata riscontrata nel caso in esame.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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