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Abitualità della condotta: no a tenuità del fatto

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imprenditore che invocava la non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha confermato la decisione del tribunale, che aveva escluso tale beneficio a causa dell’abitualità della condotta, desunta dalla violazione ripetuta di un ordine di sospensione dell’attività e dal continuo impiego di lavoratori irregolari. L’abitualità della condotta è stata quindi ritenuta incompatibile con il requisito della tenuità del fatto.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abitualità della Condotta: Quando la Ripetizione del Reato Esclude la Tenuità del Fatto

L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, è spesso oggetto di dibattito nelle aule di giustizia. Un elemento cruciale che ne può precludere l’applicazione è l’abitualità della condotta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come la reiterazione di un illecito, anche se di per sé non gravissimo, possa essere interpretata come un comportamento abituale, rendendo impossibile beneficiare di tale istituto. Analizziamo insieme il caso.

I Fatti del Caso

Un imprenditore proponeva ricorso in Cassazione contro una sentenza del Tribunale di Genova. L’oggetto del contendere era il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. L’imprenditore era stato sanzionato per aver violato un obbligo di sospensione della propria attività imprenditoriale in più occasioni, specificamente nei giorni 19, 20 e 24 settembre 2019. Durante tale periodo, egli aveva continuato a impiegare due lavoratrici irregolari.

Il ricorrente sosteneva che il fatto, nel suo complesso, dovesse essere considerato di particolare tenuità e quindi non punibile ai sensi dell’art. 131-bis c.p.

La Decisione e l’Abitualità della Condotta

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il motivo principale risiede nel fatto che il ricorso è stato ritenuto del tutto generico e non si è confrontato adeguatamente con la motivazione del Tribunale. Quest’ultimo aveva già escluso l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. proprio a causa della sussistenza dell’abitualità della condotta.

La Corte ha ritenuto che la valutazione del Tribunale fosse logica e non implausibile. La ripetuta violazione dell’obbligo di sospensione, protratta per più giorni e aggravata dal perdurante impiego di personale irregolare, configurava un comportamento abituale che impedisce il riconoscimento della particolare tenuità del fatto.

L’Art. 131-bis c.p. e i suoi Limiti

È utile ricordare che l’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto mira a escludere la sanzione penale per reati che, pur essendo formalmente tali, hanno causato un’offesa minima al bene giuridico tutelato e sono caratterizzati da un comportamento non grave dell’autore. Tuttavia, la stessa norma prevede delle esclusioni. Una delle più importanti è proprio quando il comportamento dell’autore è abituale. Questo serve a evitare che chi delinque in modo seriale, seppur con reati minori, possa sistematicamente sfuggire alla sanzione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha sottolineato come il Tribunale di merito avesse correttamente desunto l’abitualità del comportamento dalla sequenza delle violazioni. Non si trattava di un episodio isolato e occasionale, ma di una condotta ripetuta in un arco temporale ristretto, dimostrando una deliberata e persistente volontà di contravvenire all’ordine dell’autorità. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché non ha fornito argomenti specifici per smontare questa logica conclusione, limitandosi a una generica richiesta di applicazione del beneficio. Di conseguenza, stante l’inammissibilità e l’assenza di colpa nella sua determinazione, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la non punibilità per tenuità del fatto non è un’esenzione automatica per i reati minori. Il giudice deve valutare la condotta nel suo complesso, e la ripetizione dell’illecito è un indicatore forte di un’abitualità della condotta che osta alla concessione del beneficio. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questo significa che la persistenza nel commettere un illecito, anche se di modesta entità, viene valutata con severità dall’ordinamento e può portare a conseguenze penali ed economiche significative, come la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria in caso di ricorso inammissibile.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché ritenuto generico e non adeguatamente argomentato. Non si confrontava in modo specifico con la motivazione della sentenza precedente, la quale aveva già escluso la tenuità del fatto basandosi sull’abitualità della condotta.

Cosa si intende per ‘abitualità della condotta’ in questo caso specifico?
L’abitualità della condotta è stata desunta dalla ripetuta violazione dell’obbligo di sospendere l’attività imprenditoriale. Il fatto che l’illecito sia stato commesso in tre giorni diversi (19, 20 e 24 settembre 2019) ha dimostrato un comportamento reiterato e non un singolo episodio isolato.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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