LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Abitualità della condotta: furto e art. 131 bis c.p.

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata respinta a causa dell’abitualità della condotta dell’imputato, un fattore ostativo che la Corte ha ritenuto correttamente valutato dai giudici di merito.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abitualità della condotta: furto e art. 131 bis c.p.

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, riafferma un principio cruciale in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto: l’abitualità della condotta dell’imputato costituisce un ostacolo insormontabile all’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale. Questo caso, relativo a un tentato furto, offre uno spunto di riflessione sull’importanza della valutazione complessiva del comportamento dell’autore del reato, al di là della gravità del singolo episodio.

I Fatti del Processo

Il procedimento ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di tentato furto, ai sensi degli artt. 56 e 624 del codice penale. La decisione, emessa in primo grado dal Tribunale, era stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Genova. L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandolo a un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p.

La Questione Giuridica: L’Abitualità della Condotta come Causa Ostative

Il fulcro della questione legale ruota attorno ai presupposti per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. Questa norma consente al giudice di non punire l’autore di un reato quando l’offesa arrecata è di minima entità e, soprattutto, quando il comportamento non è abituale. Nel caso di specie, la difesa sosteneva che il tentato furto contestato rientrasse in questa fattispecie. Tuttavia, i giudici di merito avevano già rigettato tale richiesta, fondando la loro decisione su un elemento specifico: la condotta pregressa dell’imputato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione del tutto priva di vizi logici o giuridici. In particolare, i giudici di secondo grado avevano esplicitato chiaramente le ragioni del loro convincimento, valorizzando proprio l’abitualità della condotta dell’imputato. Questo elemento, secondo l’orientamento consolidato, è sufficiente a escludere il beneficio della non punibilità. La Corte di Cassazione, quindi, non ha fatto altro che confermare la correttezza dell’analisi svolta nei precedenti gradi di giudizio, che aveva correttamente identificato un elemento ostativo all’applicazione della norma invocata.

Conclusioni: Quando il Singolo Reato non Basta

La decisione in commento ribadisce che la valutazione per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. non può limitarsi al singolo episodio criminoso, ma deve estendersi a un’analisi complessiva della personalità e della storia dell’imputato. L’abitualità della condotta agisce come un segnale d’allarme, indicando una propensione a delinquere che il legislatore ha inteso non meritevole del beneficio della non punibilità. Pertanto, anche un reato di per sé modesto, come un tentato furto, non potrà essere considerato ‘particolarmente tenue’ ai fini legali se si inserisce in un quadro di ripetuti comportamenti illeciti. L’esito del ricorso, con la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla cassa delle ammende, serve da monito sull’importanza di fondare i ricorsi su motivi solidi e non meramente generici.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico e manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha evidenziato che la Corte d’Appello aveva già fornito una motivazione logica e giuridicamente corretta per la sua decisione.

Perché non è stato applicato l’articolo 131-bis del codice penale (particolare tenuità del fatto)?
L’articolo 131-bis non è stato applicato perché la Corte d’Appello ha valorizzato l'”abitualità della condotta” dell’imputato. Questa condizione è un ostacolo normativo che impedisce di riconoscere il beneficio della non punibilità, anche se il singolo reato è di lieve entità.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati