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Abitualità del reato: quando non si applica il 131 bis

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto tentato, confermando che l’abitualità del reato, desunta da precedenti penali specifici, osta all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis c.p. La Corte ribadisce i criteri per definire un comportamento ‘abituale’ e convalida la valutazione del giudice di merito sulla recidiva e sulle circostanze attenuanti.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abitualità del Reato: La Cassazione Nega la Particolare Tenuità

L’ordinanza n. 24212/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sul concetto di abitualità del reato e sui suoi effetti preclusivi rispetto alla causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale. La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile un ricorso, ha ribadito la linea dura nei confronti di chi, pur commettendo reati di per sé non gravissimi, dimostra una serialità nel comportamento criminale.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per furto tentato emessa dal Tribunale di Livorno e successivamente confermata dalla Corte di Appello di Firenze. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a tre motivi principali volti a smontare l’impianto sanzionatorio.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha lamentato la mancanza e l’illogicità della motivazione della sentenza d’appello su tre punti cruciali:

1. Esclusione della non punibilità: Si contestava la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto).
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti: Si criticava il diniego delle circostanze attenuanti generiche e la mancata prevalenza dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.) sulla recidiva.
3. Applicazione della recidiva: Si riteneva ingiustificata l’applicazione dell’aggravante della recidiva.

L’Abitualità del Reato e l’Esclusione dell’Art. 131-bis c.p.

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel primo punto. La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, sottolineando come a carico dell’imputato risultassero ben quattro precedenti penali, di cui due specifici per reati contro il patrimonio.

Questo dato è stato decisivo. La Corte ha richiamato la storica sentenza delle Sezioni Unite ‘Tushaj’ (n. 13861/2016), la quale ha chiarito in modo inequivocabile che il comportamento è da considerarsi ‘abituale’ quando l’autore ha commesso almeno altri due reati, oltre a quello per cui si procede. La presenza di questa ‘serialità’ di comportamenti penalmente rilevanti è una condizione ostativa, che preclude in radice l’applicazione del beneficio della particolare tenuità del fatto.

La Valutazione sulla Recidiva e le Attenuanti

Anche gli altri motivi di ricorso sono stati respinti. La Cassazione ha osservato che la Corte territoriale aveva correttamente motivato la sua decisione sulla recidiva. Nonostante i precedenti specifici, l’imputato non solo non aveva mostrato alcuna attenuazione della sua capacità criminale, ma la nuova condotta rivelava una ‘peculiare inclinazione a delinquere’, escludendo l’ipotesi di una ricaduta occasionale.

Per quanto riguarda il giudizio di comparazione tra attenuanti e aggravanti, la Suprema Corte ha ricordato che tale valutazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che non sia frutto di un ragionamento palesemente illogico o arbitrario. Nel caso di specie, la decisione di considerare le attenuanti equivalenti alla recidiva (e non prevalenti) è stata ritenuta corretta, anche in considerazione del fatto che la pena inflitta era ben al di sotto del medio edittale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi su principi giurisprudenziali consolidati. In primo luogo, l’abitualità del reato, provata dai precedenti penali, è stata considerata un ostacolo insormontabile all’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La ‘serialità’ dei comportamenti illeciti è incompatibile con l’istituto della particolare tenuità, che presuppone un’offesa non solo lieve ma anche episodica. In secondo luogo, la motivazione della corte d’appello sulla recidiva è stata giudicata congrua, poiché la nuova condotta dimostrava una persistente e radicata capacità a delinquere. Infine, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche è stato ritenuto legittimo, in quanto il giudice può motivare tale diniego semplicemente rilevando l’assenza di elementi positivi da valorizzare a favore dell’imputato, soprattutto dopo la riforma del 2008 che ha reso insufficiente il solo stato di incensuratezza (che qui peraltro mancava).

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: i benefici di legge, come la non punibilità per particolare tenuità del fatto, non sono accessibili a chi dimostra una propensione a violare la legge penale. L’abitualità del reato, intesa come reiterazione di condotte illecite, costituisce un indicatore di pericolosità sociale che il legislatore e la giurisprudenza considerano ostativo a trattamenti di favore. Questa decisione conferma l’importanza del ‘curriculum’ criminale di un imputato nella valutazione complessiva della sua condotta e nella commisurazione della risposta sanzionatoria dello Stato.

Quando un comportamento viene considerato ‘abituale’ ai fini dell’esclusione della particolare tenuità del fatto?
Secondo la sentenza delle Sezioni Unite richiamata nel provvedimento, il comportamento è abituale quando l’autore ha commesso almeno altri due reati, oltre a quello per cui si sta procedendo, manifestando una serialità di condotte penalmente rilevanti.

Perché la Corte ha ritenuto corretta l’applicazione della recidiva in questo caso?
La Corte ha ritenuto che la nuova condotta criminosa non fosse una ricaduta occasionale, ma rivelasse una peculiare inclinazione a delinquere e una maggiore capacità criminale, nonostante i precedenti penali specifici già subiti dall’imputato.

È sufficiente l’assenza di elementi positivi per negare le circostanze attenuanti generiche?
Sì, la Corte ha confermato che, specialmente dopo la riforma del 2008, il giudice può legittimamente negare la concessione delle attenuanti generiche motivando la decisione con la semplice assenza di elementi o circostanze di segno positivo da valorizzare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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