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Abitualità del reato: quando non si applica il 131-bis

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per una violazione del Codice della Strada. La richiesta di applicare la non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) è stata respinta a causa della conclamata abitualità del reato, dimostrata dai numerosi precedenti penali specifici e di altra natura.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abitualità del Reato: la Cassazione Nega la Non Punibilità

L’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, il suo accesso è precluso in presenza di determinate condizioni, tra cui spicca l’abitualità del reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza questo principio, negando il beneficio a un imputato con un significativo curriculum criminale. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato in primo e secondo grado per un reato previsto dal Codice della Strada (art. 186, comma 7). L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando che i giudici di merito avessero erroneamente escluso l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Secondo la difesa, la motivazione della Corte d’Appello era mancante e illogica nel negare un beneficio che, a suo dire, sarebbe stato applicabile alla fattispecie concreta. La questione centrale, dunque, non riguardava la colpevolezza, ma la possibilità di evitare la sanzione penale in virtù della presunta lieve entità del fatto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno confermato in toto la valutazione della Corte d’Appello, ritenendola corretta e logicamente argomentata. La decisione si fonda su un unico, ma decisivo, elemento: il profilo soggettivo dell’imputato, caratterizzato da una spiccata tendenza a commettere reati.

Di conseguenza, l’imputato è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorso inammissibile.

Le Motivazioni: l’Abitualità del Reato Come Ostacolo Decisivo

Il cuore della motivazione risiede nella corretta esclusione dell’articolo 131-bis del codice penale. La norma, infatti, richiede espressamente che la condotta non sia “abituale” per poter beneficiare della non punibilità. Nel caso di specie, a carico del ricorrente risultavano non solo tre precedenti specifici per lo stesso tipo di reato, ma anche numerosi altri precedenti per delitti di diversa natura, tra cui detenzione di stupefacenti, danneggiamento, resistenza a pubblico ufficiale e violazione di domicilio.

Questa storia criminale era talmente significativa che l’imputato era stato in passato dichiarato socialmente pericoloso e sottoposto alla misura della libertà vigilata. Per la Corte, questa “serialità di comportamenti” penali dimostra in modo inequivocabile l’abitualità del reato.

L’Importanza della Sentenza “Tushaj” delle Sezioni Unite

La Cassazione ha richiamato un fondamentale principio di diritto stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13861 del 2016 (nota come “Tushaj”). In quella storica pronuncia, le Sezioni Unite hanno chiarito che il comportamento è da considerarsi abituale quando l’autore ha commesso almeno altri due reati, oltre a quello per cui si sta procedendo. Nel caso in esame, questo requisito era ampiamente superato, rendendo impossibile l’applicazione del beneficio della particolare tenuità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: la valutazione per la concessione della non punibilità per particolare tenuità del fatto non si limita all’analisi del singolo episodio criminoso. Il giudice deve, e lo fa con grande attenzione, esaminare la personalità e la storia criminale dell’imputato. La presenza di precedenti penali, soprattutto se numerosi e indicativi di una tendenza a violare la legge, costituisce un ostacolo insormontabile. L’abitualità del reato non è un concetto astratto, ma un indice concreto che impedisce al sistema giudiziario di considerare “tenue” un fatto commesso da chi ha già dimostrato di non rispettare le regole della convivenza civile.

Quando un comportamento viene considerato “abituale” ai fini dell’esclusione della particolare tenuità del fatto?
Secondo l’orientamento delle Sezioni Unite richiamato nella sentenza, il comportamento è abituale quando l’autore ha commesso almeno altri due reati, oltre a quello per cui si procede, dimostrando una serialità di condotte penalmente rilevanti.

È possibile ottenere la non punibilità per particolare tenuità del fatto se si hanno precedenti penali?
È estremamente difficile. Come dimostra questo caso, la presenza di numerosi precedenti penali, soprattutto se specifici o indicativi di una tendenza a delinquere, porta a qualificare la condotta come abituale, condizione che esclude categoricamente l’applicazione del beneficio previsto dall’art. 131-bis c.p.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa da parte del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle Ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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