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Abitualità del reato: quando è esclusa la tenuità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato per evasione, stabilendo che la presenza di precedenti specifici configura una abitualità del reato. Tale condizione osta all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, confermando che il beneficio non è destinato a chi delinque serialmente.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abitualità del Reato: la Cassazione Nega la Tenuità del Fatto a chi Delinque Ripetutamente

L’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per deflazionare il sistema giudiziario, evitando processi per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e incontra limiti precisi, uno dei quali è l’abitualità del reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come la ripetizione di condotte illecite, anche se singolarmente di modesta entità, configuri una persistenza nel crimine che impedisce l’accesso a questo beneficio.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un individuo condannato per il reato di evasione. L’imputato, attraverso il suo difensore, aveva richiesto in appello l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto la richiesta.

Il motivo del rigetto risiedeva in un dato oggettivo e non contestato: a carico dell’imputato risultavano già due precedenti condanne per lo stesso identico reato di evasione. Nonostante ciò, il ricorrente ha deciso di portare la questione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che le sue doglianze fossero fondate.

La Decisione della Corte e l’Abitualità del Reato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni difensive ‘manifestamente infondate’. La decisione si basa su un principio consolidato, rafforzato da importanti sentenze delle Sezioni Unite: l’abitualità del reato è una condizione ostativa all’applicazione dell’art. 131-bis c.p.

I giudici hanno sottolineato come la presenza di ben due precedenti specifici per evasione, sommati al reato per cui si procedeva, delineasse un quadro di ‘comportamento abituale’ che non può essere compatibile con la ‘particolare tenuità’ richiesta dalla norma. In sostanza, il beneficio è pensato per chi commette un illecito in modo occasionale, non per chi dimostra una tendenza a violare la legge.

Le Motivazioni della Decisione

Per motivare la propria decisione, la Corte ha richiamato due sentenze chiave delle Sezioni Unite, che fungono da guida interpretativa in materia.

1. Sentenza ‘Tushaj’ (n. 13681/2016): Questa pronuncia ha stabilito che il comportamento è da considerarsi abituale quando l’autore, anche successivamente al reato in esame, ha commesso almeno altri due illeciti. In questo caso, i due precedenti per evasione, sommati al terzo episodio, integrano pienamente tale requisito.

2. Sentenza ‘Ubaldi’ (n. 18891/2022): Più specificamente, le Sezioni Unite hanno chiarito che l’applicazione della causa di non punibilità è preclusa quando a carico dell’autore risultino ‘almeno tre reati della stessa indole’. Questo principio si applica perfettamente alla situazione del ricorrente.

La Corte ha quindi concluso che il ricorso era privo di fondamento logico e giuridico. Di conseguenza, oltre a dichiarare l’inammissibilità, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista per scoraggiare ricorsi palesemente infondati.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ribadisce un messaggio chiaro: la non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un’assoluzione generalizzata per reati minori. È un beneficio concesso a chi inciampa occasionalmente nella violazione della legge penale, a condizione che il danno sia minimo e il comportamento non sintomatico di una propensione a delinquere. Chi, al contrario, colleziona una serie di condotte illecite dello stesso tipo, dimostra un’abitualità del reato che lo rende immeritevole del beneficio, poiché la sua condotta, nel complesso, non può più essere considerata ‘tenue’.

Quando un comportamento viene considerato ‘abituale’ ai fini dell’esclusione della non punibilità per tenuità del fatto?
Secondo la giurisprudenza citata (sentenza Tushaj), il comportamento è considerato abituale quando l’autore ha commesso almeno due illeciti oltre a quello per cui si sta procedendo, delineando così una tendenza a delinquere.

È possibile ottenere la non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) se si hanno precedenti per lo stesso reato?
No, l’ordinanza chiarisce che la presenza di precedenti per reati della stessa indole, in numero tale da configurare l’abitualità, preclude l’applicazione del beneficio. Nello specifico, la giurisprudenza delle Sezioni Unite fa riferimento ad almeno tre reati della stessa indole (incluso quello in esame).

Qual è la conseguenza di un ricorso basato su motivi ‘manifestamente infondati’?
Quando un ricorso in Cassazione è ritenuto manifestamente infondato, viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta non solo il rigetto della richiesta, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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