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Abitualità del reato: no alla tenuità del fatto

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione. L’abitualità del reato, dimostrata da plurimi precedenti penali per furti e ricettazioni, esclude l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e giustifica il diniego delle attenuanti generiche.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abitualità del Reato: Quando la Tenuità del Fatto non è Applicabile

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, il suo accesso non è incondizionato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’abitualità del reato costituisce un ostacolo insormontabile per l’applicazione di tale beneficio. Il caso in esame riguarda un soggetto condannato per ricettazione, la cui richiesta di non punibilità è stata respinta proprio a causa dei suoi numerosi precedenti penali.

I Fatti del Processo

Un individuo, già condannato in primo e secondo grado alla pena di sei mesi di reclusione e trecento euro di multa per il reato di ricettazione, ha presentato ricorso per Cassazione. La difesa ha basato il ricorso su due motivi principali: l’errata mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e la manifesta illogicità della motivazione con cui i giudici di merito avevano negato la concessione delle circostanze attenuanti generiche.

L’Abitualità del Reato come Ostacolo alla Tenuità del Fatto

Il primo e più significativo motivo di ricorso è stato dichiarato manifestamente infondato dalla Suprema Corte. I giudici hanno chiarito che, ai fini dell’applicazione dell’art. 131-bis c.p., i criteri di valutazione sono cumulativi per la concessione del beneficio, ma alternativi per il suo diniego. Ciò significa che è sufficiente la valutazione negativa di uno solo degli indicatori previsti dalla norma per escludere la non punibilità.

Nel caso specifico, l’elemento ostativo è stato individuato nel comportamento abituale dell’imputato. La Corte ha sottolineato che, ai sensi del quarto comma dell’art. 131-bis, è considerato abituale il comportamento di chi abbia commesso più reati della stessa indole. I giudici di merito avevano correttamente rilevato, dal certificato del casellario giudiziale, la presenza di “plurimi precedenti penali […] della stessa indole di quello per il quale oggi si procede (risultano infatti numerose sentenze di condanna per furti e ricettazioni)”. Questa condizione di abitualità del reato, oggettivamente riscontrata, preclude in radice la possibilità di applicare la causa di non punibilità, a prescindere dalla tenuità del singolo fatto oggetto del giudizio.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche e la Recidiva

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo al diniego delle attenuanti generiche, è stato respinto. La Cassazione ha qualificato il motivo come contraddittorio e generico. La difesa lamentava l’illogicità della decisione, ma la Corte ha osservato come i giudici di appello avessero implicitamente motivato il rigetto proprio valorizzando gli stessi elementi ostativi alla tenuità del fatto: i numerosi e specifici precedenti penali dell’imputato. Secondo un orientamento consolidato, tali precedenti sono di per sé sufficienti a giustificare la non concessione delle attenuanti generiche, in quanto indicatori di una personalità incline a delinquere e non meritevole di un trattamento sanzionatorio più mite.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La decisione della Corte di Cassazione si fonda su una lettura rigorosa e sistematica dell’articolo 131-bis del codice penale. I giudici hanno ribadito che l’abitualità del reato non è un concetto astratto, ma si concretizza nella commissione di più illeciti della stessa indole, anche successivi a quello per cui si procede. Questa condizione, una volta accertata, opera come un divieto legale all’applicazione del beneficio, senza lasciare margini di discrezionalità al giudice. La finalità della norma è quella di escludere dalla punibilità solo fatti veramente isolati e marginali, non di offrire una via d’uscita a chi dimostra una persistente attitudine a violare la legge penale. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, la Corte ha confermato che la loro concessione è un potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio negativo è adeguatamente motivato quando si basa su elementi concreti, come il casellario giudiziale, che delineano una personalità negativa dell’imputato. L’inammissibilità del ricorso è stata quindi una conseguenza diretta della sua manifesta infondatezza e genericità.

Le Conclusioni

La sentenza in commento consolida un principio cardine del nostro ordinamento penale: la carriera criminale di un individuo ha un peso determinante nelle valutazioni del giudice. L’abitualità del reato agisce come una barriera invalicabile, che impedisce non solo l’applicazione della non punibilità per tenuità del fatto, ma può anche giustificare il diniego delle attenuanti generiche. Questa pronuncia offre un chiaro monito: i benefici previsti dalla legge non sono destinati a chi manifesta una tendenza consolidata a delinquere. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’analisi del casellario giudiziale del proprio assistito è un passaggio preliminare cruciale per calibrare realisticamente la strategia difensiva. Per i cittadini, il messaggio è che la clemenza del sistema giudiziario è riservata a episodi occasionali e di minima gravità, non a stili di vita contrari alla legalità.

L’abitualità del reato impedisce sempre l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Sì, secondo la sentenza, il comportamento abituale dell’autore del reato è una causa ostativa esplicita che precludere l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale, anche qualora il singolo fatto, isolatamente considerato, fosse di particolare tenuità.

Per considerare un comportamento ‘abituale’ è necessaria una precedente dichiarazione formale da parte di un giudice?
No. La Corte Suprema chiarisce che la legge stessa definisce abituale, tra le altre ipotesi, il comportamento di chi ha commesso più reati della stessa indole. Il giudice del procedimento in corso può valutare tale condizione direttamente dal casellario giudiziale dell’imputato, senza che sia necessaria una precedente dichiarazione formale di abitualità nel reato.

Gli stessi precedenti penali possono essere usati sia per escludere la tenuità del fatto sia per negare le attenuanti generiche?
Sì. La sentenza conferma che i numerosi e specifici precedenti penali dell’imputato costituiscono un elemento che il giudice può legittimamente valorizzare per una duplice finalità. Da un lato, dimostrano l’abitualità del comportamento che esclude il beneficio dell’art. 131-bis c.p.; dall’altro, possono essere posti a fondamento di un giudizio negativo sulla personalità del reo, giustificando così il diniego delle attenuanti generiche ex art. 62-bis c.p.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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