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Abitualità del reato: il patteggiamento conta

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imputata per furto aggravato. La Corte conferma che per valutare l’abitualità del reato, ostativa alla non punibilità per tenuità del fatto, si può tener conto anche di precedenti sentenze di patteggiamento.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

L’Abitualità del Reato: Anche il Patteggiamento Conta ai Fini della Non Punibilità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 14397/2024) ha ribadito un principio fondamentale in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto: la valutazione sull’abitualità del reato, che impedisce l’applicazione di questo beneficio, può fondarsi anche su precedenti sentenze di patteggiamento. Questa decisione chiarisce come la storia criminale di un imputato, anche se definita con riti alternativi, abbia un peso determinante.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato. L’imputata era stata giudicata colpevole di aver sottratto tre bottiglie di superalcolici esposte alla pubblica fede. La Corte di Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riducendo la pena a tre mesi di reclusione e 90 euro di multa.

Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali: una relativa al bilanciamento delle circostanze e l’altra, più cruciale, riguardante l’erronea esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

La questione dell’abitualità del reato e il ricorso in Cassazione

Il ricorso si articolava su due motivi principali:

1. Violazione di legge sul bilanciamento delle circostanze: La difesa lamentava una motivazione carente sulla decisione della Corte d’Appello di ritenere equivalenti l’attenuante del danno di lieve entità e l’aggravante del furto su cose esposte alla pubblica fede, invece di far prevalere l’attenuante.
2. Errata valutazione dell’abitualità del reato: Questo era il punto centrale del ricorso. La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente considerato l’imputata un delinquente abituale, basando tale giudizio su una precedente sentenza di patteggiamento e su una condanna non ancora irrevocabile. Secondo la tesi difensiva, il patteggiamento non equivale a una sentenza di condanna e non potrebbe quindi essere utilizzato per fondare un giudizio di abitualità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le doglianze della difesa e fornendo importanti chiarimenti su entrambi i punti.

Le motivazioni

Sul primo motivo, la Corte ha osservato che la doglianza relativa al mancato riconoscimento della prevalenza dell’attenuante era generica. Il giudizio di bilanciamento tra circostanze è una valutazione discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se non palesemente illogico o arbitrario. In questo caso, la decisione di equivalenza era giustificata dalla natura reiterata delle condotte dell’imputata.

Sul secondo e più significativo motivo, i giudici hanno smontato la tesi difensiva, richiamando un principio consolidato. Ai fini della valutazione della condizione ostativa dell’abitualità del reato (prevista dall’art. 131-bis c.p.), la sentenza di patteggiamento assume pieno rilievo. Sebbene non sia una sentenza di condanna emessa a seguito di un dibattimento, essa contiene un implicito accertamento della commissione del fatto. Pertanto, può e deve essere considerata per valutare se il comportamento dell’imputato sia o meno abituale.

Nel caso specifico, la Corte ha evidenziato che l’imputata aveva ben sei precedenti furti definiti con un patteggiamento e un’ulteriore condanna per un altro furto in un supermercato. Questo quadro, secondo la Cassazione, delinea in modo inequivocabile un comportamento abituale, che rappresenta un ostacolo insormontabile all’applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto.

Le conclusioni

La sentenza conferma che la lotta contro i reati seriali, anche di modesta entità, passa attraverso una valutazione complessiva della condotta dell’imputato. Il beneficio della non punibilità per tenuità del fatto non è destinato a chi delinque serialmente. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione serve da monito: anche i procedimenti definiti con rito alternativo come il patteggiamento contribuiscono a delineare il profilo di un soggetto e possono precludergli l’accesso a futuri benefici di legge.

Una precedente sentenza di patteggiamento può essere usata per considerare un reato come ‘abituale’ ai fini dell’art. 131-bis c.p.?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che, per valutare la condizione ostativa dell’abitualità del reato, si tiene conto anche delle sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento), in quanto contengono un accertamento sulla commissione del fatto.

La Corte di Cassazione può rivedere il bilanciamento tra attenuanti e aggravanti fatto dal giudice di merito?
No, di regola la Cassazione non può riesaminare questa valutazione, che è una decisione discrezionale del giudice di merito. Può intervenire solo se la motivazione è manifestamente illogica, arbitraria o del tutto assente.

Cosa succede se un motivo di ricorso in Cassazione è considerato ‘generico’?
Se un motivo di ricorso è formulato in modo generico, cioè non critica specificamente le ragioni di fatto e di diritto della decisione impugnata, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile e non lo esamina nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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