Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14397 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14397 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/06/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO COGNOME, nell’interesse del ricorrente, con le quali sono stati illustrati i motivi di ricorso e richie l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Messina, con la sentenza emessa il 30 giugno 2023, riformava quanto alla pena, riducendola a mesi tre di reclusione ed euro 90,00 di multa, la sentenza del Tribunale peloritano in composizione monocratica, che aveva accertato la responsabilità penale di NOME, per il delitto di furto aggravato di tre bottiglie di superalcolici, esposte alla pubblica fede.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME consta di due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 125 cod. proc. pen. e 69 cod. pen. e vizio di motivazione quanto al difetto di motivazione in ordine alla ritenuta equivalenza, fra l’attenuante dell’art. 62 n. 4 cod. pen. e l’aggravante dell’art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen.
In sostanza, la Corte di appello avrebbe omesso la motivazione sulle ragioni della equivalenza, rigettando la richiesta di prevalenza dell’attenuante.
Il secondo motivo deduce violazione dell’art. 131-bis cod. pen. e vizio di motivazione.
La Corte di appello erroneamente trae l’elemento ostativo della abitualità da una sentenza di patteggiamento, che non può equivalere a sentenza di condanna, come anche non può essere valutata la sentenza di condanna del 6 giugno 2022, ancora non divenuta irrevocabile.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte – ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. 127 del 2020 – con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il difensore ha replicato con memoria conclusiva, chiedendo accogliersi il ricorso.
Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile
Il primo motivo è manifestamente infondato.
Va premesso che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto. (Sez. Un., n. 10713 del 25 febbraio 2010, COGNOME, Rv. 245931).
In sintonia con tale principio, la Corte di appello replica alla richiesta d riconoscimento dell’attenuante della tenuità del danno, ai sensi dell’art. 62 n. 4 cod. pen., riconoscendola, ma nessuna argomentazione specifica, se non la richiesta, il relativo motivo di appello muoveva per sollecitarne una valutazione di prevalenza.
In sostanza, il motivo di appello sul punto della prevalenza era generico e, pertanto, non si può ritenere che difetti una peculiare motivazione quanto al giudizio di equivalenza, per altro giustificato dall’esame complessivo della motivazione anche in ragione della natura reiterata di tale tipologie di condotte, come si leggerà a seguire.
D’altro canto, l’inammissibilità per aspecificità del motivo di appello può essere rilevata anche in questa sede: infatti l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragio di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 – dep. 22/02/2017, COGNOME, Rv. 26882201).
Quanto al secondo motivo, l’abitualità ostativa alla tenuità del fatto viene motivata in modo ampio e congruo da parte della Corte di appello, con riferimento a ben sei furti oggetto di una sentenza di applicazione di pena concordata e a un ulteriore furto, sempre in un supermercato, per il quale era intervenuta la condanna di primo grado.
A riguardo, quanto alla abitualità integrata dalla sentenza ex art. 444 cod. proc. pen., va richiamato il principio che in tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ai fini della valutazione della condizione ostativa dell commissione di più reati della stessa indole, assume rilievo l’esistenza, nei confronti dell’imputato, di precedente sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc. pen., in quanto essa contiene un implicito
accertamento sulla commissione del fatto (Sez. 2, n. 2484 del 09/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282669 – 01).
La motivazione della Corte non è manifestamente illogica e risulta corretta, in quanto l’elemento ostativo è nel comportamento abituale rappresentato da cinque episodi di furto commessi dal 23 agosto al 26 settembre 2019.
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 23/01/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente