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Abitualità del reato: escluso l’art. 131-bis cod. pen.

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La Corte ha stabilito che l’abitualità del reato, dimostrata da tre precedenti condanne analoghe e dalla violazione di una misura di prevenzione, preclude tale beneficio. Il ricorso è stato giudicato generico per non aver contestato adeguatamente questa motivazione, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abitualità del Reato: Quando i Precedenti Escludono la Non Punibilità

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti di applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale. Il caso verte sulla decisiva influenza che l’abitualità del reato ha nel precludere questo beneficio, anche quando il singolo episodio potrebbe, in teoria, essere considerato di lieve entità. La pronuncia sottolinea come un ricorso generico, che non affronta specificamente le motivazioni della sentenza impugnata, sia destinato all’inammissibilità.

I Fatti del Caso: Il Ricorso contro l’Esclusione della Causa di Non Punibilità

Un soggetto condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Lecce ha proposto ricorso per Cassazione. Il fulcro della sua difesa era la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p., sostenendo che il fatto commesso fosse di particolare tenuità e che, pertanto, non dovesse essere punito. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva già respinto tale richiesta, basando la propria decisione su un elemento cruciale: il profilo soggettivo del ricorrente, caratterizzato da una spiccata tendenza a delinquere.

L’ostacolo dei Precedenti Penali

La Corte territoriale aveva infatti evidenziato che l’imputato non era nuovo a comportamenti illeciti. Nel suo passato figuravano ben tre condanne per reati analoghi a quello per cui si procedeva, oltre alla violazione di una misura di prevenzione. Questi elementi, considerati nel loro insieme, delineavano un quadro di persistenza nell’illecito, incompatibile con il beneficio richiesto.

La Decisione della Cassazione: l’Abitualità del Reato come Ostacolo

La Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un vizio fondamentale dell’atto di impugnazione: la sua palese genericità. I giudici hanno osservato che il ricorrente si è limitato a censurare l’esclusione dell’art. 131-bis senza però confrontarsi in alcun modo con la solida motivazione della sentenza di secondo grado.

La Genericità del Ricorso

Il ricorrente non ha contestato né smentito gli elementi posti a fondamento della valutazione di abitualità del reato, ovvero i tre precedenti specifici e la violazione della misura di prevenzione. In assenza di una critica mirata e argomentata su questo punto, il ricorso è apparso privo della specificità richiesta dalla legge, trasformandosi in una mera riproposizione di una richiesta già motivatamente respinta.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Cassazione è netta e lineare. L’art. 131-bis c.p. esclude espressamente la sua applicazione nei confronti di chi sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, o quando il soggetto abbia commesso più reati della stessa indole. La Corte d’Appello aveva correttamente applicato questo principio, deducendo l’abitualità del reato non da una valutazione astratta, ma da fatti concreti e documentati: le precedenti condanne e la violazione della misura di prevenzione. L’incapacità del ricorso di smontare questa logica argomentativa ne ha determinato l’inevitabile declaratoria di inammissibilità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto: la valutazione non si limita alla gravità del singolo episodio, ma si estende necessariamente alla personalità e alla condotta complessiva dell’autore del reato. L’abitualità del reato, intesa come ripetizione di comportamenti illeciti della stessa natura, costituisce un ostacolo insormontabile all’applicazione del beneficio. Per gli operatori del diritto, emerge la chiara lezione sull’importanza di redigere ricorsi specifici e puntuali, capaci di contestare ogni singolo snodo motivazionale della sentenza impugnata. Un’impugnazione generica, che ignora le ragioni della decisione, è destinata al fallimento e a ulteriori conseguenze economiche per l’assistito.

Qual è il motivo principale per cui il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto ‘palesemente generico’. Non ha affrontato né contestato la motivazione della sentenza impugnata, la quale aveva basato la sua decisione sulla sussistenza dell’abitualità del reato da parte del ricorrente.

L’abitualità del reato impedisce sempre l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.?
Sì, secondo quanto emerge da questa ordinanza, la condizione di ‘abitualità del reato’ è un fattore ostativo all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Nel caso di specie, l’abitualità è stata desunta da tre precedenti condanne analoghe e dalla violazione di una misura di prevenzione.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
Oltre alla conferma della condanna, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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