Abitualità del reato: quando i precedenti escludono la non punibilità
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Il caso analizzato offre uno spunto decisivo per comprendere come l’abitualità del reato, desunta da precedenti condanne, costituisca un ostacolo insormontabile per l’applicazione del beneficio previsto dall’art. 131-bis del codice penale. Questa decisione sottolinea l’importanza della condotta pregressa dell’imputato nella valutazione del giudice.
I fatti del caso
Un soggetto, condannato in primo e secondo grado per una violazione del Codice della Strada, ha presentato ricorso per Cassazione. Il motivo principale del ricorso verteva sulla presunta illogicità della motivazione con cui i giudici di merito avevano negato l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La difesa sosteneva che il reato contestato fosse di lieve entità e meritasse quindi di rientrare nel campo di applicazione dell’art. 131-bis c.p. In aggiunta, il ricorrente lamentava una presunta violazione del diritto di difesa, asserendo di non aver mai ricevuto copia della sentenza d’appello nonostante ne avesse fatto richiesta formale.
L’abitualità del reato e la decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando su tutta la linea le argomentazioni della difesa. Il punto centrale della decisione riguarda l’abitualità del reato. I giudici hanno evidenziato che l’imputato aveva già riportato due precedenti condanne per fatti analoghi a quello per cui si procedeva. Questa circostanza, secondo la Corte, non è un dettaglio trascurabile, ma integra il requisito della ‘condotta abituale’ che, per espressa previsione normativa, preclude il riconoscimento del beneficio della non punibilità.
Per quanto concerne il vizio procedurale lamentato, la Corte ha osservato che la semplice affermazione di non aver ricevuto la sentenza non è sufficiente. Il ricorrente avrebbe dovuto specificare in che modo tale mancanza avesse concretamente pregiudicato il suo diritto di difesa, prospettando questioni specifiche che non ha potuto sollevare a causa di tale omissione. In assenza di tali precisazioni, la doglianza è stata ritenuta generica e, quindi, irrilevante.
Le motivazioni della Corte
La motivazione della Corte si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’art. 131-bis del codice penale. La norma è stata introdotta per escludere la punibilità di reati di minima offensività, ma pone dei chiari limiti alla sua applicazione. Uno di questi è proprio l’abitualità della condotta. La Cassazione ha ritenuto che le due precedenti condanne per reati della stessa indole fossero una prova inconfutabile dell’abitualità del reato da parte dell’imputato. Di conseguenza, la decisione della Corte d’Appello di negare il beneficio non era affatto illogica, ma, al contrario, pienamente conforme alla legge e alla giurisprudenza consolidata (richiamando la sentenza n. 6551/2020). La valutazione del giudice non può prescindere dalla storia criminale del soggetto, poiché la ‘tenuità del fatto’ deve essere considerata in un quadro complessivo che include anche la personalità e la propensione a delinquere dell’autore.
Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma che l’accesso alla causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è automatico. La presenza di precedenti penali specifici, soprattutto se relativi a reati della stessa natura, attiva una presunzione di ‘abitualità’ che il giudice è tenuto a considerare. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questa pronuncia è un chiaro monito: la condotta passata ha un peso determinante nel giudizio presente e può precludere l’accesso a istituti premiali, anche quando il singolo episodio criminoso appare, di per sé, di modesta gravità. La decisione finale ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, a testimonianza della serietà con cui la Corte valuta i ricorsi palesemente infondati.
Quando l’abitualità del reato impedisce di ottenere la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Risposta: L’abitualità del reato, dimostrata da precedenti condanne per fatti analoghi, integra un requisito ostativo che impedisce il riconoscimento del beneficio della non punibilità previsto dall’art. 131-bis del codice penale.
È sufficiente lamentare la mancata ricezione della sentenza impugnata per viziare il ricorso?
Risposta: No, secondo la Corte non è sufficiente. Oltre a lamentare la mancata ricezione, è necessario specificare nel ricorso quali questioni relative alla menomazione del diritto di difesa ne siano derivate.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Risposta: Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23839 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23839 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a TERMINI IMERESE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/11/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esamiNOME il ricorso proposto, a mezzo del difensore, da COGNOME NOME, ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di cui all’art. 116, comma 15, cod. strada.
Rilevato che la difesa, dopo avere rappresentato di non avere ricevuto copia della sentenza impugnata pur avendone fatto richiesta a mezzo EMAIL, lamenta, nel motivo unico di ricorso, manifesta illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.
Considerato che la causa di non punibilità di cui all’art 131-bis cod. pen. è stata validamente esclusa in sentenza alla luce delle due precedenti condanne riportate dall’imputato per fatti analoghi a quelli per cui si procede;
considerato che la circostanza evidenziata in motivazione integra il requisito dell’abitualità nel reato ostativo al riconoscimento del beneficio (cfr. Sez. 6, n. 6551 del 09/01/2020 Rv. 278347).
Considerato, quanto al rilievo riguardante la mancata ricezione della copia della sentenza impugnata, che non sono state prospettate nel ricorso questioni attinenti alla menomazione del diritto di difesa.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Il Priqnte