Abitualità del reato: quando i precedenti escludono la tenuità del fatto
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sul concetto di abitualità del reato e sulle sue conseguenze pratiche. Quando un imputato ha precedenti penali specifici, le porte di alcuni benefici, come la non punibilità per particolare tenuità del fatto, possono chiudersi ermeticamente. Analizziamo come i giudici di legittimità hanno affrontato un caso di spaccio di lieve entità, confermando le decisioni dei giudici di merito.
I fatti di causa
Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto a dieci mesi di reclusione e 2.000 euro di multa, inflitta dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello di Palermo. L’accusa era quella prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, ovvero la cessione di sostanze stupefacenti di lieve entità. L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a diversi motivi per cercare di ribaltare la decisione.
I motivi del ricorso e l’abitualità del reato
La difesa dell’imputato ha basato il proprio ricorso su quattro punti principali:
1. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto: Si chiedeva l’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, che esclude la punibilità per fatti di minima offensività.
2. Mancata esclusione della recidiva: La difesa contestava il riconoscimento della recidiva, che comporta un trattamento sanzionatorio più severo.
3. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Si lamentava il diniego delle circostanze che avrebbero potuto portare a una riduzione della pena.
4. Eccessività della pena: Si riteneva la sanzione sproporzionata rispetto alla gravità del fatto.
Tutti questi motivi, tuttavia, si sono scontrati con un ostacolo insormontabile: l’abitualità del reato dimostrata dai precedenti dell’imputato.
La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. I giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse motivato in modo logico e giuridicamente corretto su ogni punto sollevato dalla difesa.
Il fulcro della decisione risiede proprio nella valutazione della personalità dell’imputato, emersa dalla sua storia criminale. La Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato come l’imputato fosse gravato da due precedenti specifici per reati della stessa indole. Questa circostanza è stata ritenuta decisiva per qualificare la condotta come abituale, impedendo così l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, che richiede, tra i suoi presupposti, la non abitualità del comportamento.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha spiegato che la valutazione della Corte d’Appello era esente da vizi logici. La condotta contestata, secondo i giudici di merito, era sintomatica di una maggiore pericolosità sociale dell’imputato. L’omogeneità dei reati commessi, con l’ultima condanna divenuta irrevocabile solo dieci mesi prima del nuovo episodio, indicava una persistenza nel delinquere.
Anche riguardo alle attenuanti generiche e alla congruità della pena, la decisione è stata supportata da elementi fattuali solidi: la pluralità delle cessioni osservate dalla Polizia Giudiziaria (quattro in circa due ore), la non occasionalità della condotta e, ancora una volta, la personalità negativa dell’imputato. La Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare il merito delle valutazioni fatte dai giudici dei precedenti gradi di giudizio, ma solo di verificare la correttezza logica e giuridica del loro ragionamento. Poiché le motivazioni della sentenza impugnata erano razionali e ben argomentate, il ricorso non poteva che essere respinto.
Le conclusioni
Questa ordinanza conferma un principio fondamentale del diritto penale: i precedenti penali non sono un mero dettaglio anagrafico, ma un elemento cruciale nella valutazione della personalità del reo. L’abitualità del reato, specialmente quando si tratta di reati della stessa indole, può precludere l’accesso a benefici di legge pensati per chi commette un’infrazione isolata e di minima gravità. La decisione sottolinea come la pericolosità sociale, desunta dalla reiterazione delle condotte illecite, sia un fattore determinante per giustificare un trattamento sanzionatorio più rigoroso e negare l’applicazione di istituti premiali.
Quando può essere esclusa l’applicazione della causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’?
Secondo la sentenza, l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. è esclusa in presenza di un comportamento abituale. Nel caso di specie, i due precedenti specifici dell’imputato per reati della stessa indole sono stati considerati sufficienti a dimostrare l’abitualità della condotta illecita, impedendo il riconoscimento del beneficio.
Perché i precedenti penali hanno inciso anche sulla valutazione della pena?
I precedenti penali, insieme alla pluralità delle cessioni di droga osservate (4 in 2 ore) e alla non occasionalità del comportamento, sono stati usati per delineare una ‘personalità negativa’ dell’imputato. Questo giudizio complessivo ha portato la Corte a ritenere congrua la pena stabilita in primo grado e a negare la concessione delle attenuanti generiche.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, l’imputato che ha proposto il ricorso viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21024 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21024 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 31/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALERMO il 04/02/1992
avverso la sentenza del 15/02/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Premesso che è stata impugnata la sentenza della Corte di appello di Palermo del 15 febbraio 2024, che ha confermato la decisione resa dal Tribunale di Palermo il 14 giugno 2022, con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di mesi 10 di reclusione ed euro 2.000 di multa, in quanto ritenuto colpevole del reato ex art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 d 1990; fatto accertato in Palermo il 22 marzo 2022.
Osservato che il primo motivo di ricorso, con cui la difesa censura il mancato riconosciment della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, è manifestamente infondat quanto riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con cor argomenti giuridici nella sentenza impugnata; la Corte di appello, infatti, in senso osta all’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., ha sottolineato in modo pertinente l’abitualità dell condotta illecita di COGNOME, gravato da due precedenti per reati della stessa indole.
Rilevato che il secondo motivo, con cui la difesa si duole della mancata esclusione della recidi è anch’esso manifestamente infondato, avendo al riguardo la Corte di appello rimarcato, in maniera non irragionevole, che la condotta riferita a questo giudizio è sintomatica della maggio pericolosità dell’imputato, in ragione dell’omogeneità dei fatti rispetto a quelli oggetto di pregresse condanne a suo carico, l’ultima detali è divenuta irrevocabile il 28 maggio 2021 ossia circa 10 mesi prima dell’episodio per cui si procede (pag. 2 della sentenza impugnata).
Evidenziato che la manifesta infondatezza connota anche il terzo e il quarto motivo di ricors con cui la difesa contesta, rispettivamente, la mancata applicazione delle attenuanti generiche l’eccessività della pena, dovendosi escludere vizi di legittimità rispetto al percorso argomenta della Corte di appello che, nel ritenere congrua la pena irrogata dal primo giudice, ha tra l’ richiamato la pluralità delle cessioni osservate dalla P.G. in un breve lasso di tempo (4 cess in circa 2 ore), la non occasionalità della condotta e la negativa personalità dell’imputato.
Ritenuto che, rispetto a ciascun tema dedotto, la motivazione della sentenza impugnata risult sorretta da considerazioni razionali, cui la difesa contrappone differenti apprezzamenti di mer non consentiti in sede di legittimità (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601)
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e rilevato che declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere pagamento delle spese del procedimento, nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
f
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proc della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 31 gennaio 2025.