Abitualità del Comportamento: Quando Non si Applica la Tenuità del Fatto
La recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Il caso in esame dimostra come l’abitualità del comportamento, desunta da elementi concreti, costituisca un ostacolo insormontabile per l’accesso a questo beneficio, anche quando l’offesa potrebbe, di per sé, apparire di modesta entità. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni dei giudici.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato nei gradi di merito, proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello. Il motivo del ricorso si fondava sulla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. L’imputato era stato ritenuto responsabile per l’acquisto di gasolio di provenienza furtiva. Secondo la sua difesa, la condotta contestata rientrava nei canoni della tenuità, meritando quindi di non essere punita.
La Decisione della Cassazione e l’Abitualità del Comportamento
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse basata su una motivazione congrua e non illogica, respingendo così le argomentazioni della difesa. Il punto cruciale della decisione risiede nell’aver identificato una causa ostativa all’applicazione del beneficio: l’abitualità del comportamento dell’imputato.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha specificato che l’abitualità del comportamento non era un’ipotesi astratta, ma era fondata su due pilastri concreti emersi durante il processo:
1. La non occasionalità degli acquisti: Le indagini avevano dimostrato che l’acquisto di gasolio di provenienza furtiva non era stato un episodio isolato, ma un’attività ripetuta nel tempo.
2. I precedenti penali specifici: L’imputato aveva già riportato condanne per reati della stessa indole, un fattore che indica una tendenza a commettere quel tipo di illecito.
Questi due elementi, valutati congiuntamente, hanno delineato un quadro di comportamento abituale che, secondo la legge e l’interpretazione consolidata della giurisprudenza, è incompatibile con la “particolare tenuità del fatto”. La non punibilità, infatti, è riservata a condotte veramente sporadiche e di minima offensività, commesse da soggetti che non mostrano una propensione al crimine.
Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione per la concessione della non punibilità per tenuità del fatto non si limita al singolo episodio, ma si estende alla personalità e alla condotta complessiva dell’autore del reato. L’abitualità del comportamento, provata da azioni reiterate e precedenti specifici, funge da indicatore di una maggiore pericolosità sociale e di una consapevole scelta di infrangere la legge, precludendo l’accesso a un istituto pensato per situazioni del tutto marginali. Il ricorrente è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Quando un comportamento viene considerato ‘abituale’ ai fini della non punibilità?
Secondo l’ordinanza, un comportamento è considerato abituale quando la condotta illecita non è occasionale (come acquisti ripetuti di merce rubata) e l’imputato ha precedenti penali specifici per reati dello stesso tipo.
L’abitualità del comportamento impedisce sempre l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Sì, il provvedimento chiarisce che la sussistenza dell’abitualità del comportamento è una ‘causa ostativa’, ovvero un impedimento diretto all’applicazione del beneficio della non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24534 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24534 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PIAZZA ARMERINA il 19/12/1976
avverso la sentenza del 02/10/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione
dell’art. 648 cod. pen. in relazione al giudizio di responsabilità per il delitto di all’art. 648 cod. pen. non è consentito essendo fondato su profili di censura che si
risolvono nella pedissequa reiterazione dì quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, senza un effettivo confronto con le
ragioni poste a base della decisione e dunque omettendo una concreta critica argomentata della stessa (si vedano le pagg. 1-2 della sentenza impugnata ove,
con corretti argomenti logici e giuridici ed in conformità alle risultanze processuali, il giudice di appello ha ritenuto integrato in tutti i suoi elementi costitutivi il
di ricettazione ascritto all’odierno ricorrente, escludendo la diversa ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 712 cod. pen.);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si lamenta la
violazione dell’art 131-bis cod. pen. con riferimento al mancato riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, è manifestamente infondato a fronte di una congrua e non illogica motivazione (pag. 2 della sentenza impugnata) in punto di sussistenza della causa ostativa della abitualità del comportamento in ragione della non occasionalità degli acquisti del gasolio di provenienza furtiva e dei precedenti penali specifici in capo all’imputato;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 3 giugno 2025.