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Abitualità del comportamento: il no all’art. 131-bis

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La decisione si fonda sul presupposto ostativo dell’abitualità del comportamento, essendo emerso che l’imputato aveva commesso altri illeciti, condizione che impedisce l’applicazione del beneficio a prescindere dalla gravità del singolo episodio.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Art. 131-bis e Abitualità del Comportamento: Quando la Tenuità non Basta

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale. Il caso riguarda un ricorso respinto a causa dell’abitualità del comportamento dell’imputato, un fattore che prevale sulla potenziale lieve entità del singolo reato commesso. Questa decisione ribadisce che il beneficio è riservato a trasgressioni occasionali e non a chi dimostra una propensione a delinquere.

Il Caso: Ricorso contro il Diniego della Particolare Tenuità del Fatto

Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello di Venezia per un reato legato agli stupefacenti di lieve entità (previsto dall’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990), ha presentato ricorso in Cassazione. La sua difesa contestava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte territoriale, tuttavia, aveva già escluso tale beneficio non tanto per la gravità del fatto in sé, quanto per la comprovata abitualità del comportamento del reo.

I Requisiti dell’Art. 131-bis: Un’Analisi Congiunta

La Suprema Corte coglie l’occasione per ribadire la corretta interpretazione dell’art. 131-bis c.p. La norma richiede, per la sua applicazione, la presenza congiunta e non alternativa di due requisiti fondamentali:

1. Particolare tenuità dell’offesa: Valutata secondo le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, sulla base dei criteri generali dell’art. 133 c.p. (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo dell’azione, intensità del dolo, etc.).
2. Non abitualità del comportamento: Il fatto deve rappresentare un episodio isolato e sporadico nella vita del soggetto.

La Cassazione sottolinea che l’assenza anche di uno solo di questi due pilastri rende impossibile applicare la causa di non punibilità.

Abitualità del Comportamento: il Criterio Decisivo della Cassazione

Il punto cruciale della decisione risiede nella definizione di abitualità del comportamento. Richiamando un fondamentale intervento delle Sezioni Unite (sentenza Tushaj, n. 13681/2016), la Corte ricorda che il comportamento è da considerarsi abituale quando l’autore, anche in momenti successivi al reato per cui si procede, ha commesso almeno due altri illeciti, oltre a quello preso in esame. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva già accertato questa circostanza, rendendo di fatto inapplicabile l’art. 131-bis. Il ricorso è stato quindi giudicato manifestamente infondato, poiché ignorava questo presupposto ostativo e decisivo.

Le motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione è netta e lineare. Poiché la legge richiede la coesistenza della tenuità dell’offesa e della non abitualità della condotta, una volta accertata la presenza di un comportamento abituale, ogni ulteriore valutazione sulla tenuità del singolo fatto diventa superflua. La Corte territoriale aveva correttamente escluso l’applicazione della norma proprio in ragione della storia criminale dell’imputato, che dimostrava una tendenza a commettere illeciti e non un singolo, occasionale scivolone. Il ricorso, pertanto, non aveva alcuna possibilità di essere accolto, essendo basato su un’argomentazione palesemente contraria al dettato normativo e all’interpretazione consolidata della giurisprudenza.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro. La decisione rafforza un principio fondamentale: l’art. 131-bis c.p. è uno strumento deflattivo pensato per episodi di minima offensività commessi da soggetti non dediti al crimine. L’abitualità del comportamento agisce come una barriera invalicabile, precludendo l’accesso al beneficio a chi, con le proprie azioni passate, ha dimostrato una certa familiarità con l’illecito. Per la difesa, ciò significa che la valutazione della storia penale del proprio assistito è un passaggio preliminare e imprescindibile prima di invocare la particolare tenuità del fatto.

Per applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, è sufficiente che il reato sia di lieve entità?
No, non è sufficiente. La norma richiede congiuntamente due requisiti: la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento. La mancanza anche di uno solo di questi impedisce l’applicazione del beneficio.

Quando un comportamento è considerato “abituale” ai fini dell’esclusione dell’art. 131-bis del codice penale?
Secondo la giurisprudenza citata dalla Corte (Sez. U, n. 13681/2016), il comportamento è considerato abituale quando l’autore, oltre al reato per cui si sta procedendo, ha commesso almeno altri due illeciti.

Qual è la conseguenza se un ricorso in Cassazione viene giudicato “manifestamente infondato”?
Se il ricorso è manifestamente infondato, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile. Ciò comporta, come in questo caso, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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