LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Abitualità del comportamento e Art. 131-bis: il No

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, confermando che la non applicazione dell’art. 131-bis c.p. (tenuità del fatto) è giustificata dalla sola abitualità del comportamento del reo. La Corte ribadisce che la presenza di precedenti reati della stessa indole è sufficiente a negare il beneficio, rendendo il motivo di ricorso generico e infondato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

L’Abitualità del Comportamento Blocca la Particolare Tenuità del Fatto: La Cassazione Fa Chiarezza

L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale, è uno strumento fondamentale per la deflazione del sistema giudiziario. Tuttavia, il suo utilizzo è subordinato a precisi requisiti. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: la presenza di un’abitualità del comportamento da parte del reo è di per sé sufficiente a escludere il beneficio, rendendo superfluo l’esame della tenuità dell’offesa. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il Fatto Processuale

Il caso nasce dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza della Corte d’Appello, che aveva confermato la sua condanna. Il ricorrente lamentava la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., sostenendo che il fatto contestato fosse di lieve entità. Il suo motivo di ricorso si concentrava sulla violazione di legge e sul vizio di motivazione da parte dei giudici di merito.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una valutazione netta del motivo presentato, ritenuto ‘totalmente reiterativo’ e ‘generico’. In sostanza, l’imputato si era limitato a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza confrontarsi in modo critico con le ragioni esposte nella sentenza impugnata. Questo tipo di approccio rende il ricorso non meritevole di un esame nel merito.

Le motivazioni: l’abitualità del comportamento come ostacolo insuperabile

Il cuore della decisione risiede nell’analisi dei presupposti dell’art. 131-bis c.p. La norma richiede la compresenza di due condizioni:

1. La particolare tenuità dell’offesa, valutata in base alle modalità della condotta e all’esiguità del danno.
2. La non abitualità del comportamento, che implica che l’autore non sia un delinquente abituale, professionale o per tendenza, né abbia commesso reati della stessa indole.

La Corte di Cassazione, richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato, ha chiarito che questi due requisiti sono cumulativi. Di conseguenza, è sufficiente che manchi anche solo uno di essi perché il beneficio venga negato. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano ampiamente motivato la loro decisione evidenziando proprio l’abitualità del comportamento del ricorrente.

Citando le Sezioni Unite (sent. Tushaj, 2016), la Corte ricorda che la condotta è considerata abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno altri due reati della stessa indole. La Corte d’Appello aveva correttamente accertato questa circostanza, fornendo una motivazione logica e giuridicamente ineccepibile. Di fronte a tale accertamento, la generica doglianza del ricorrente sulla tenuità del fatto è risultata del tutto irrilevante e infondata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima è di natura processuale: un ricorso per cassazione non può essere una mera ripetizione dei motivi d’appello, ma deve contenere una critica specifica e puntuale alla motivazione della sentenza impugnata. In assenza di ciò, il rischio di inammissibilità è concreto.

La seconda lezione è di natura sostanziale e riguarda l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La decisione conferma che l’analisi sulla condotta passata e futura dell’imputato è un passaggio preliminare e dirimente. Anche di fronte a un reato oggettivamente di scarsa gravità, la presenza di una ‘carriera criminale’, seppur minima, fondata su reati della stessa indole, preclude categoricamente l’accesso alla causa di non punibilità. Questo principio serve a garantire che il beneficio sia riservato a chi commette un illecito in modo realmente occasionale, e non a soggetti che, pur compiendo reati minori, dimostrano una persistente inclinazione a delinquere.

Quando non si applica la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Non si applica quando manca almeno uno dei due requisiti richiesti dalla legge: la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento. La sentenza chiarisce che la sola presenza di un comportamento abituale è sufficiente per escludere il beneficio.

Cosa si intende per abitualità del comportamento ai fini dell’art. 131-bis c.p.?
Secondo la giurisprudenza citata, l’abitualità del comportamento ricorre quando l’autore del reato ha commesso, anche in un momento successivo, almeno altri due reati della stessa indole. Questo dimostra una tendenza a ripetere condotte illecite simili.

Un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile se si limita a ripetere i motivi dell’appello?
Sì. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché era ‘totalmente reiterativo’ e ‘generico’, ovvero si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza contestare specificamente le motivazioni di quella decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati