Abitualità della Condotta: Quando i Precedenti Escludono la Tenuità del Fatto
L’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, il suo accesso è subordinato a precisi requisiti, tra cui l’assenza di abitualità della condotta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con fermezza questo principio, chiarendo come una lunga serie di precedenti penali per reati analoghi renda impossibile l’applicazione del beneficio.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sostenendo che il reato contestatogli rientrasse in tale fattispecie. La difesa mirava a ottenere un proscioglimento da ogni accusa, valorizzando la presunta minima offensività del singolo episodio criminoso.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’attenta valutazione del profilo soggettivo del ricorrente, che è risultato decisivo per escludere il beneficio richiesto. Di conseguenza, la Corte ha condannato l’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, confermando così la pronuncia di condanna dei giudici di merito.
Le Motivazioni: l’Ostacolo Invalicabile dell’Abitualità della Condotta
Il fulcro della motivazione risiede nella constatazione che il ricorso non era altro che la riproposizione di una censura già adeguatamente confutata dalla Corte d’Appello. I giudici di secondo grado avevano infatti correttamente evidenziato la conclamata abitualità della condotta dell’imputato. Tale abitualità era desumibile in modo inequivocabile dalle ben tredici condanne precedenti per reati analoghi a quello per cui si procedeva (nello specifico, reati di furto).
La Corte ha specificato che i numerosissimi precedenti, commessi sia prima che dopo i fatti oggetto del giudizio, costituivano “fatti della stessa indole”. Inoltre, le “ragioni di lucro” connesse al delitto contestato rafforzavano la convinzione che non si trattasse di un episodio isolato e occasionale, ma di una scelta di vita consolidata. In presenza di un quadro così chiaro di delinquenza seriale, l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. è normativamente preclusa. Il comportamento abituale del reo è infatti una delle cause ostative esplicite previste dalla norma stessa.
Conclusioni: le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza riafferma un principio cardine nell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto: la valutazione non può limitarsi alla gravità del singolo episodio, ma deve necessariamente estendersi alla personalità e alla storia criminale del soggetto. La presenza di precedenti penali specifici e numerosi non è un mero dettaglio, ma un elemento determinante che rivela un’inclinazione a delinquere. Per i professionisti del diritto e per i cittadini, questa decisione serve come monito: il beneficio della tenuità del fatto è riservato a chi commette un’infrazione lieve e del tutto occasionale, e non può trasformarsi in uno strumento per garantire l’impunità a chi delinque in modo sistematico.
Quando non si applica la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Non si applica quando la condotta dell’autore del reato è abituale. Come chiarito dalla Corte, la presenza di numerose condanne precedenti per reati analoghi (tredici, nel caso di specie) dimostra tale abitualità e impedisce l’applicazione del beneficio.
Cosa intende la Corte per “abitualità della condotta” in questo caso?
Per abitualità della condotta la Corte intende la ripetizione di reati della stessa indole, desumibile dalle plurime condanne passate. I numerosi precedenti per furto e le ragioni di lucro connesse al delitto contestato indicano una tendenza consolidata a commettere reati, e non un episodio isolato.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione e quali sono le conseguenze per il ricorrente?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, rendendo definitiva la sua condanna.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6195 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6195 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/01/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di COGNOME NOME
OSSERVA
Ritenuto che il motivo con cui si censura la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. è riproduttivo di identica censura adeguatam confutata dalla Corte di appello che ha apprezzato l’abitualità della condotta desumibile da plurime condanne (tredici) in ordine a reati analoghi a quelli per cui si procede sia prima dopo i fatti; che le ragioni di lucro connesse al delitto contestato consentono di ritenere ch stessi numerosissimi precedenti in materia di furto costituiscano fatti della stesa indole;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 08/01/2024.