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Abitualità condotta: no a tenuità del fatto con precedenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione si fonda sulla conclamata abitualità della condotta del soggetto, desumibile da tredici precedenti condanne per reati della stessa indole (furto), che osta all’applicazione del beneficio.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abitualità della Condotta: Quando i Precedenti Escludono la Tenuità del Fatto

L’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, il suo accesso è subordinato a precisi requisiti, tra cui l’assenza di abitualità della condotta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con fermezza questo principio, chiarendo come una lunga serie di precedenti penali per reati analoghi renda impossibile l’applicazione del beneficio.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sostenendo che il reato contestatogli rientrasse in tale fattispecie. La difesa mirava a ottenere un proscioglimento da ogni accusa, valorizzando la presunta minima offensività del singolo episodio criminoso.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’attenta valutazione del profilo soggettivo del ricorrente, che è risultato decisivo per escludere il beneficio richiesto. Di conseguenza, la Corte ha condannato l’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, confermando così la pronuncia di condanna dei giudici di merito.

Le Motivazioni: l’Ostacolo Invalicabile dell’Abitualità della Condotta

Il fulcro della motivazione risiede nella constatazione che il ricorso non era altro che la riproposizione di una censura già adeguatamente confutata dalla Corte d’Appello. I giudici di secondo grado avevano infatti correttamente evidenziato la conclamata abitualità della condotta dell’imputato. Tale abitualità era desumibile in modo inequivocabile dalle ben tredici condanne precedenti per reati analoghi a quello per cui si procedeva (nello specifico, reati di furto).

La Corte ha specificato che i numerosissimi precedenti, commessi sia prima che dopo i fatti oggetto del giudizio, costituivano “fatti della stessa indole”. Inoltre, le “ragioni di lucro” connesse al delitto contestato rafforzavano la convinzione che non si trattasse di un episodio isolato e occasionale, ma di una scelta di vita consolidata. In presenza di un quadro così chiaro di delinquenza seriale, l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. è normativamente preclusa. Il comportamento abituale del reo è infatti una delle cause ostative esplicite previste dalla norma stessa.

Conclusioni: le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza riafferma un principio cardine nell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto: la valutazione non può limitarsi alla gravità del singolo episodio, ma deve necessariamente estendersi alla personalità e alla storia criminale del soggetto. La presenza di precedenti penali specifici e numerosi non è un mero dettaglio, ma un elemento determinante che rivela un’inclinazione a delinquere. Per i professionisti del diritto e per i cittadini, questa decisione serve come monito: il beneficio della tenuità del fatto è riservato a chi commette un’infrazione lieve e del tutto occasionale, e non può trasformarsi in uno strumento per garantire l’impunità a chi delinque in modo sistematico.

Quando non si applica la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Non si applica quando la condotta dell’autore del reato è abituale. Come chiarito dalla Corte, la presenza di numerose condanne precedenti per reati analoghi (tredici, nel caso di specie) dimostra tale abitualità e impedisce l’applicazione del beneficio.

Cosa intende la Corte per “abitualità della condotta” in questo caso?
Per abitualità della condotta la Corte intende la ripetizione di reati della stessa indole, desumibile dalle plurime condanne passate. I numerosi precedenti per furto e le ragioni di lucro connesse al delitto contestato indicano una tendenza consolidata a commettere reati, e non un episodio isolato.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione e quali sono le conseguenze per il ricorrente?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, rendendo definitiva la sua condanna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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