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Aberratio ictus e omicidio: la Cassazione chiarisce

Un figlio, con l’intenzione di sparare a un avversario durante una violenta lite, colpisce e uccide accidentalmente il proprio padre. La Corte di Cassazione conferma l’accusa di omicidio volontario per aberratio ictus e la misura della custodia cautelare. La sentenza chiarisce anche i criteri di utilizzabilità delle dichiarazioni rese da testimoni potenzialmente coinvolti in reati connessi, ma non ancora formalmente indagati.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aberratio Ictus e Omicidio: la Cassazione sul Tragico Errore di Persona

Un recente caso portato all’attenzione della Corte di Cassazione affronta una delle più drammatiche ipotesi del diritto penale: l’omicidio commesso per un errore di esecuzione. La vicenda, culminata in una tragedia familiare, offre alla Suprema Corte l’opportunità di ribadire principi fondamentali in materia di aberratio ictus, utilizzabilità delle prove e presupposti per la custodia cautelare. L’analisi della sentenza permette di comprendere come l’ordinamento qualifichi un atto omicidiario quando la vittima non è quella designata.

I Fatti del Caso: La Tragica Dinamica di un Omicidio per Errore

La vicenda ha origine da un’accesa lite tra due gruppi di persone. Durante lo scontro, uno degli indagati, nel tentativo di colpire con un’arma da fuoco un suo avversario, sbaglia la mira e colpisce mortalmente il proprio padre, che si trovava alle spalle del bersaglio designato. L’altro indagato viene accusato di concorso nel delitto per aver pianificato e partecipato all’agguato. I due ricorrono in Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale del riesame che aveva confermato la misura della custodia cautelare in carcere per i reati di omicidio volontario, tentato omicidio, ricettazione e porto abusivo d’arma da fuoco.

Le Questioni Giuridiche e i Motivi del Ricorso

La difesa degli indagati ha sollevato diverse questioni complesse, contestando la ricostruzione dei fatti e la legittimità delle prove raccolte. I principali motivi di ricorso includevano:

1. Inutilizzabilità delle dichiarazioni: Si contestava l’uso delle dichiarazioni rese dall’originario bersaglio e da suo figlio, sostenendo che avrebbero dovuto essere sentiti come indagati per il reato di rissa e, pertanto, con le garanzie previste dall’art. 63 cod. proc. pen.
2. Errata qualificazione giuridica: La difesa chiedeva di derubricare il reato da omicidio volontario per aberratio ictus (art. 82 c.p.) a omicidio colposo per aberratio delicti (art. 83 c.p.), sostenendo che l’intenzione non fosse quella di uccidere, ma di commettere un reato diverso.
3. Insussistenza dei gravi indizi: Veniva contestata la solidità del quadro indiziario, in particolare per quanto riguarda il concorso morale dell’altro indagato.
4. Prescrizione della ricettazione: Si sosteneva che il reato di ricettazione della pistola fosse ormai prescritto.
5. Mancanza di esigenze cautelari: Infine, si riteneva sproporzionata la misura della custodia in carcere.

L’Analisi della Cassazione sull’Aberratio Ictus

Il cuore della pronuncia della Cassazione riguarda la corretta qualificazione del fatto come omicidio volontario aggravato dall’aberratio ictus. La Corte ha rigettato la tesi difensiva dell’aberratio delicti. Secondo i giudici, sulla base degli elementi raccolti (dichiarazioni, rilievi tecnici, autopsia), la ricostruzione più plausibile è quella di un colpo sparato con animus necandi (volontà di uccidere) verso l’avversario. Il fatto che il proiettile abbia colpito una persona diversa non muta la natura dolosa e volontaria dell’omicidio. L’ordinamento, infatti, stabilisce che chi commette un reato contro una persona diversa da quella voluta risponde come se avesse colpito il bersaglio designato. Pertanto, l’intenzione di uccidere l’avversario si ‘trasferisce’ giuridicamente sulla vittima effettiva, configurando pienamente l’omicidio volontario.

La Valutazione delle Dichiarazioni “Autoindizianti”

Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte è l’utilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla parte offesa. La Cassazione ha chiarito che le dichiarazioni di chi, non essendo ancora indagato, ammette di aver partecipato a un reato connesso (in questo caso, la rissa), non sono utilizzabili contro di lui (contra se), ma sono pienamente utilizzabili contro terzi (contra alios), cioè contro gli imputati del reato principale. Questa distinzione è fondamentale: la garanzia prevista dall’art. 63, comma 1, cod. proc. pen. tutela il dichiarante, ma non impedisce che le sue parole diventino fonte di prova a carico di altri, specialmente nella fase delle indagini preliminari.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, ritenendoli infondati in ogni loro punto. In primo luogo, ha confermato la logicità e coerenza della motivazione del Tribunale del riesame nella ricostruzione del quadro indiziario, sottolineando che il compito della Cassazione non è rivalutare il merito delle prove, ma controllare la correttezza giuridica e logica del ragionamento del giudice. La qualificazione del fatto come omicidio volontario per aberratio ictus è stata ritenuta corretta, in quanto supportata da elementi che indicavano una chiara volontà omicida. Anche le censure relative alla prescrizione della ricettazione sono state respinte, poiché, in assenza di una data certa di commissione del reato presupposto, non è possibile stabilire il decorso del termine. Infine, la Corte ha ritenuto adeguatamente motivate le esigenze cautelari, evidenziando il pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione dei reati, data la gravità dei fatti e il comportamento mendace tenuto dagli indagati dopo il delitto.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante conferma di principi consolidati del diritto penale e processuale. Insegna che l’errore nell’esecuzione di un delitto non ne attenua la gravità: la volontà criminale rimane il parametro di riferimento e l’uccisione di una persona diversa da quella designata viene punita come omicidio volontario. Sul piano processuale, la decisione ribadisce la regola dell’utilizzabilità contra alios delle dichiarazioni auto-indizianti rese da persone non ancora indagate, un principio essenziale per l’efficacia delle indagini. Infine, conferma che la valutazione delle misure cautelari si basa su un giudizio di alta probabilità di colpevolezza, fondato su un quadro indiziario solido e logicamente coerente, la cui sussistenza è stata in questo caso correttamente affermata dai giudici di merito.

Se si cerca di uccidere una persona ma per errore se ne uccide un’altra, di quale reato si risponde?
Secondo la sentenza, si risponde di omicidio volontario. L’istituto dell’aberratio ictus (art. 82 c.p.) stabilisce che l’errore sulla persona della vittima non cambia la natura dolosa del reato; l’autore viene punito come se avesse colpito la persona che intendeva offendere.

Le dichiarazioni di un testimone che si auto-accusa di un reato minore possono essere usate contro gli imputati del reato principale?
Sì. La Corte chiarisce che le dichiarazioni rese da una persona non ancora indagata, anche se contengono elementi auto-indizianti per un reato connesso (es. rissa), sono pienamente utilizzabili contro terzi (gli imputati del reato più grave, es. omicidio), pur non potendo essere usate contro il dichiarante stesso.

Cosa valuta la Corte di Cassazione in un ricorso contro la custodia cautelare in carcere?
La Corte di Cassazione non riesamina le prove nel merito, ma verifica la correttezza giuridica e la logicità della motivazione del provvedimento. Controlla se il giudice del riesame ha dato adeguatamente conto delle ragioni che sostengono la gravità del quadro indiziario e la sussistenza delle esigenze cautelari, senza cadere in vizi logici o violazioni di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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