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Aberratio ictus e concorso morale: la Cassazione

La Corte di Cassazione si pronuncia su un complesso caso di omicidio e tentato omicidio in un contesto di criminalità organizzata. La sentenza analizza in dettaglio la responsabilità del concorrente morale in caso di aberratio ictus, ovvero quando l’offesa colpisce una persona diversa da quella designata. Viene affermato che chi pianifica e ordina un delitto risponde anche degli sviluppi prevedibili dell’azione, come l’errore nell’esecuzione. La Corte rigetta i ricorsi degli imputati, confermando le condanne, ma corregge un errore di calcolo materiale della pena per uno di essi, annullando parzialmente la sentenza senza rinvio.

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Pubblicato il 13 agosto 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aberratio Ictus e Concorso Morale: La Visione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11898 del 2019, affronta un caso complesso che tocca temi cruciali del diritto penale, tra cui la responsabilità del mandante di un omicidio quando l’esecuzione materiale del delitto porta a colpire una vittima diversa da quella designata. Questo fenomeno, noto come aberratio ictus, solleva interrogativi fondamentali sulla portata del dolo e sulla responsabilità di chi non partecipa materialmente all’azione. La pronuncia offre chiarimenti essenziali sul concorso morale nel reato e sulle regole di determinazione della pena.

I Fatti di Causa

La vicenda giudiziaria trae origine da una violenta faida tra clan rivali per il controllo di attività illecite in un quartiere di Napoli. Al centro del processo vi sono un omicidio e un tentato omicidio. Un imputato, considerato il mandante e pianificatore dell’agguato insieme al figlio, aveva ordinato l’uccisione di un rivale. Durante l’esecuzione, tuttavia, i killer avevano colpito per errore un’altra persona che si trovava casualmente in compagnia della vittima designata.

I giudici di primo e secondo grado avevano condannato i vari imputati per i reati a loro ascritti, tra cui omicidio, tentato omicidio e porto abusivo d’armi, aggravati dal metodo mafioso. Avverso la sentenza della Corte d’Assise d’Appello, tre imputati hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni di diritto.

Il Ricorso in Cassazione e l’Aberratio Ictus

Il motivo di ricorso più significativo è stato sollevato dal difensore di uno dei mandanti. Egli sosteneva che il suo assistito non potesse essere ritenuto responsabile per il tentato omicidio della persona colpita per errore. Secondo la difesa, avendo egli pianificato l’omicidio di una vittima specifica e avendo predisposto cautele per evitare imprevisti (come l’uso di telecamere), l’errore esecutivo dei killer rappresentava un evento non voluto e non prevedibile, che esulava dal suo proposito criminale. Si contestava, quindi, l’estensione della sua responsabilità all’ipotesi di aberratio ictus.

Altri Motivi di Ricorso: Calcolo della Pena e Ne Bis in Idem

Gli altri imputati hanno invece contestato aspetti legati alla determinazione della pena. Un ricorrente lamentava una scorretta applicazione delle attenuanti e un aumento di pena per la continuazione ritenuto eccessivo. Un altro imputato denunciava la violazione del principio del ne bis in idem, sostenendo di essere già stato giudicato per il possesso delle stesse armi in un precedente procedimento. Infine, un terzo imputato lamentava un errore materiale nel calcolo dell’aumento di pena per un’aggravante.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato la maggior parte dei ricorsi, fornendo motivazioni dettagliate su ogni punto.

Sulla questione centrale dell’aberratio ictus, i giudici hanno stabilito che il concorrente morale (il mandante) risponde anche dell’esito aberrante dell’azione. Il dolo del mandante non deve coprire ogni singola modalità esecutiva, ma l’azione criminosa nel suo complesso. L’errore nell’esecuzione, che porta a colpire una persona diversa, è uno sviluppo non solo prevedibile ma connaturato a un’azione così pericolosa come un agguato armato in un luogo pubblico. La Corte ha ricordato che l’art. 82 del codice penale stabilisce una traslazione normativa del dolo: il fatto non voluto viene imputato all’agente a titolo di dolo, come se fosse stato voluto, proprio perché si è posto volontariamente in una situazione di illiceità aperta a plurimi sviluppi offensivi. Di conseguenza, l’errore del killer è irrilevante ai fini della responsabilità del mandante, che rimane piena.

Per quanto riguarda il principio del ne bis in idem, la Corte lo ha ritenuto inapplicabile. L’esame dei fatti ha dimostrato che le armi oggetto del precedente processo erano diverse per tipologia e numero da quelle del procedimento in corso. Non essendoci identità del fatto, non vi era alcun divieto di un nuovo processo.

Relativamente al calcolo delle pene, la Corte ha ritenuto corrette le valutazioni dei giudici di merito sul bilanciamento delle circostanze e sull’applicazione delle attenuanti, giudicandole adeguatamente motivate. Tuttavia, ha accolto il ricorso di uno degli imputati limitatamente a un palese errore di calcolo. La Corte di merito, pur dichiarando di voler applicare un aumento di un terzo su una pena base di 17 anni, aveva calcolato un aumento superiore. La Cassazione ha quindi corretto direttamente l’errore, rideterminando la pena senza necessità di un nuovo giudizio di rinvio.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio cardine del diritto penale: chi istiga o pianifica un delitto accetta il rischio di tutti gli sviluppi prevedibili legati alla sua esecuzione. La responsabilità del concorrente morale si estende quindi anche all’aberratio ictus, a meno che l’evento non sia conseguenza di un’iniziativa del tutto autonoma ed estemporanea dell’esecutore materiale. La pronuncia ribadisce inoltre il rigore necessario per invocare il principio del ne bis in idem, che richiede una perfetta coincidenza del fatto storico-giuridico. Infine, la decisione dimostra come la Corte di Cassazione, pur essendo giudice di legittimità, possa porre rimedio a evidenti errori di calcolo della pena, annullando la sentenza sul punto e rideterminandola direttamente, in ossequio ai principi di economia processuale.

Il concorrente morale risponde per l’aberratio ictus, cioè se viene colpita una persona diversa da quella designata?
Sì. La Corte di Cassazione afferma che la responsabilità del concorrente morale si estende anche all’esito aberrante dell’azione, poiché l’errore nell’esecuzione è uno sviluppo prevedibile di una condotta criminosa deliberata. Il dolo del mandante copre l’azione concordata, e la legge (art. 82 c.p.) imputa l’evento non voluto a titolo di dolo.

Quando si può invocare il principio del ‘ne bis in idem’ (divieto di un secondo processo per lo stesso fatto)?
Il principio si applica solo quando vi è una perfetta identità tra i fatti oggetto del primo processo e quelli del secondo. Nel caso esaminato, la Corte ha escluso l’applicazione del principio perché le armi per cui l’imputato era stato giudicato in precedenza erano diverse da quelle del procedimento in corso.

Cosa succede se la Corte d’Appello commette un errore di calcolo nel determinare la pena?
Se l’errore è puramente materiale e non richiede ulteriori valutazioni di merito, la Corte di Cassazione può correggerlo direttamente. Nel caso di specie, la Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza limitatamente alla pena, rideterminandola nella misura corretta, eliminando così la parte di pena inflitta in eccesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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