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Aberratio delicti e dolo: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, sparando verso il balcone del fratello a scopo intimidatorio, aveva ferito due persone sul balcone sottostante. L’imputato invocava l’istituto dell’aberratio delicti, sostenendo di dover rispondere solo a titolo di colpa per le lesioni. La Corte ha invece confermato che l’agente ha agito con dolo eventuale, accettando il rischio prevedibile di colpire altre persone, escludendo così l’applicazione dell’aberratio delicti. È stato inoltre rigettato il motivo relativo alla mancata proposta di una pena sostitutiva, ritenuta una facoltà discrezionale del giudice.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aberratio Delicti e Dolo Eventuale: Quando l’Errore non Esclude la Volontarietà

L’istituto dell’aberratio delicti rappresenta una delle figure più complesse del diritto penale, delineando i confini tra l’evento voluto e quello che si verifica per errore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante chiave di lettura sulla sua applicazione, distinguendola nettamente dal dolo eventuale. Il caso riguarda un uomo che, nel tentativo di intimidire il fratello, ha finito per ferire altre persone, sostenendo di non averlo voluto. La Suprema Corte ha chiarito perché, in circostanze simili, l’accettazione del rischio renda l’evento, seppur non direttamente desiderato, pienamente attribuibile a titolo di dolo.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un grave atto intimidatorio. Un individuo, al culmine di un alterco, esplodeva tre colpi di pistola in direzione del balcone dove si trovava il proprio fratello. L’obiettivo era duplice: minacciare il parente e commettere il reato di sparo in luogo pubblico. Tuttavia, l’azione sortiva un effetto imprevisto e drammatico: i proiettili non raggiungevano il bersaglio designato, ma ferivano due persone che si trovavano su un balcone sottostante, del tutto estranee alla disputa.

Condannato in appello per lesioni volontarie, minacce e sparo in luogo pubblico, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due argomenti principali.

L’analisi sull’aberratio delicti nel ricorso

Il ricorrente ha incentrato la sua difesa su due motivi principali, entrambi ritenuti manifestamente infondati dalla Suprema Corte.

La Tesi dell’Aberratio Delicti

Il primo e più rilevante motivo di ricorso riguardava la presunta errata qualificazione giuridica delle lesioni. La difesa sosteneva che si dovesse applicare l’articolo 83 del codice penale, ovvero l’aberratio delicti. Secondo questa tesi, poiché l’intenzione era quella di minacciare il fratello e non di ferire i vicini, le lesioni provocate a questi ultimi rappresentavano un evento diverso e non voluto, che doveva quindi essere addebitato all’agente solo a titolo di colpa e non di dolo.

La Mancata Proposta della Pena Sostitutiva

In secondo luogo, il ricorrente lamentava la violazione dell’articolo 545-bis del codice di procedura penale. Sosteneva che la Corte d’Appello, al momento della lettura del dispositivo, avrebbe dovuto avvisarlo della possibilità di richiedere l’applicazione di una pena sostitutiva alla detenzione. L’omissione di tale avviso, a suo dire, avrebbe viziato la sentenza.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le argomentazioni difensive. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto le tesi del ricorrente con motivazioni chiare e fondate su principi giuridici consolidati.

Sul primo motivo, i giudici hanno ribadito che l’aberratio delicti non si applica quando l’evento non voluto costituisce una ‘progressione naturale e prevedibile’ dell’azione iniziale. Nel caso di specie, sparare con una pistola verso un edificio abitato comporta un rischio evidente e altissimo di colpire persone diverse dal bersaglio. L’imputato, scegliendo di agire in quel modo, ha accettato la concreta possibilità che si verificassero conseguenze lesive per altri. Questo stato psicologico non è colpa (negligenza o imprudenza), ma rientra a pieno titolo nella figura del dolo eventuale. L’agente, pur non volendo direttamente ferire i vicini, ha previsto questa eventualità e ha agito ugualmente, accettandone il rischio. Pertanto, deve rispondere delle lesioni a titolo di dolo.

Quanto al secondo motivo, la Corte ha chiarito che la proposta di applicazione di una pena sostitutiva non è un obbligo per il giudice, ma un potere discrezionale. L’omissione dell’avviso non comporta la nullità della sentenza, ma presuppone semplicemente una valutazione implicita, da parte del giudice, dell’insussistenza dei presupposti per concedere tale misura. Inoltre, il ricorrente non aveva nemmeno specificato nel suo ricorso le ragioni per cui tale decisione implicita sarebbe stata erronea.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale in materia di dolo: non ci si può nascondere dietro un errore nell’esecuzione quando si compie un’azione intrinsecamente pericolosa. Chi spara in un’area residenziale accetta il rischio di provocare danni che vanno oltre la sua intenzione originaria. La decisione distingue nettamente tra un errore imprevedibile, che può dar luogo all’aberratio delicti, e la consapevole accettazione di un rischio, che configura il dolo eventuale. Questa pronuncia serve da monito sulla piena responsabilità che deriva da azioni sconsiderate, le cui conseguenze, anche se non direttamente volute, non possono essere considerate semplici ‘incidenti’.

Perché il ferimento dei vicini non è stato considerato un caso di aberratio delicti?
Perché, secondo la Corte, l’evento non era assolutamente diverso o imprevedibile rispetto all’azione originaria. Sparando verso un balcone in un contesto abitato, l’agente ha previsto e accettato il rischio di colpire altre persone. Tale accettazione del rischio configura il dolo eventuale, che esclude l’applicazione dell’aberratio delicti a titolo di colpa.

Il giudice è obbligato a proporre all’imputato una pena sostitutiva al carcere?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la proposta di una pena sostitutiva è un potere discrezionale del giudice e non un obbligo. L’omessa formulazione di tale avviso non rende nulla la sentenza, ma implica una valutazione negativa circa la sussistenza dei presupposti per accedere a tale misura.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione sul ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti manifestamente infondati. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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