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Abbandono di rifiuti: ricorso inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un gestore di uno stabilimento balneare condannato per abbandono di rifiuti e occupazione abusiva di demanio marittimo. Il motivo del ricorso, basato sulla presunta assenza di dolo, è stato ritenuto una mera riproposizione di argomenti già respinti nei gradi di merito. La Corte ha sottolineato che la presenza di sigilli non impediva di richiedere l’accesso per la rimozione dei rifiuti, confermando la condanna.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abbandono di Rifiuti e Occupazione Demaniale: La Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso

L’ordinanza in esame affronta un caso significativo relativo ai reati ambientali e demaniali, in particolare l’abbandono di rifiuti e l’occupazione abusiva di suolo marittimo. La Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal gestore di una struttura balneare, confermando la sua responsabilità penale. Questa decisione offre spunti importanti sulla formulazione dei ricorsi e sulla valutazione dell’elemento soggettivo del reato, il dolo.

I Fatti del Caso: Strutture Abusive e Rifiuti in Spiaggia

L’imputato era stato condannato nei precedenti gradi di giudizio per due distinti illeciti:
1. Reato ambientale: Ai sensi dell’art. 256 del D.Lgs. 152/2006, per aver abbandonato rifiuti di vario genere, tra cui pedane parzialmente smantellate con chiodi e staffe metalliche, accatastati e sparsi nell’area.
2. Reato demaniale: Ai sensi degli artt. 54 e 1161 del Codice della Navigazione, per aver occupato arbitrariamente uno spazio di circa 530 mq del demanio marittimo. Su tale area aveva installato tre manufatti in legno, recinzioni e una pedana, adibendo il tutto a stabilimento balneare senza la necessaria concessione, che peraltro era scaduta.

Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo.

Il Motivo del Ricorso: L’Assenza di Dolo

La difesa ha incentrato il proprio ricorso su un presunto vizio di motivazione della sentenza impugnata, sostenendo la mancanza dell’elemento soggettivo del dolo. In sostanza, l’imputato affermava di non aver agito con la volontà cosciente di commettere i reati contestati. Tuttavia, come rilevato dalla Cassazione, tale argomentazione era una semplice riproposizione di una doglianza già esaminata e respinta con adeguata motivazione sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello.

I giudici di merito avevano infatti accertato che sull’area non gravava un sequestro amministrativo o giudiziario delle strutture, ma solo un provvedimento che vietava la prosecuzione dell’attività commerciale. I sigilli apposti erano finalizzati a garantire il rispetto di tale divieto e non a impedire l’accesso per la manutenzione o la pulizia dell’area.

La Decisione della Corte: Inammissibilità per l’abbandono di rifiuti

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione principale risiede nel fatto che il ricorrente non si è confrontato con la specifica e decisiva argomentazione della Corte territoriale. Quest’ultima aveva infatti osservato che la presenza dei sigilli non precludeva affatto all’imputato la possibilità di chiedere un’autorizzazione per la loro rimozione temporanea, al fine di poter accedere all’area e procedere allo smaltimento dei rifiuti abbandonati. Non avendo l’imputato né provato né argomentato di aver tentato questa strada, la sua giustificazione è apparsa infondata.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: un ricorso è inammissibile quando si limita a riproporre le stesse questioni già decise nei gradi precedenti senza contestare specificamente il ragionamento logico-giuridico della sentenza impugnata. In questo caso, il ricorrente ha ignorato il punto centrale della motivazione della Corte d’Appello, ovvero la concreta possibilità di adempiere al dovere di smaltire i rifiuti nonostante i sigilli. La condotta omissiva dell’imputato, che non si è attivato per la rimozione, è stata quindi correttamente interpretata come prova del dolo, ovvero della volontà di lasciare i rifiuti in stato di abbandono. Di conseguenza, la condanna per abbandono di rifiuti e occupazione abusiva è stata definitivamente confermata.

Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche della Decisione

La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta, secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, non solo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma, equitativamente fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende. Questo caso insegna che, per avere successo in Cassazione, non è sufficiente lamentare un errore del giudice precedente, ma è necessario dimostrare in modo puntuale perché la sua motivazione sarebbe viziata, illogica o errata in diritto. Inoltre, evidenzia come la responsabilità per reati ambientali non possa essere elusa con giustificazioni che non tengono conto delle concrete possibilità legali a disposizione per conformarsi alla legge.

La presenza di sigilli su una struttura giustifica l’abbandono di rifiuti al suo interno?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la presenza di sigilli non costituiva un impedimento assoluto, in quanto l’imputato avrebbe potuto chiederne la temporanea rimozione per accedere all’area ed eseguire lo smaltimento dei rifiuti.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché si limitava a riproporre una censura già valutata e respinta dai giudici di merito con motivazione adeguata, senza confrontarsi specificamente con la ragione addotta dalla Corte d’Appello (ovvero la possibilità di chiedere la rimozione dei sigilli).

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in ambito penale?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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