Abbandono di animali: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’abbandono di animali è un reato che suscita una forte riprovazione sociale e che trova una precisa sanzione nel nostro ordinamento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare non solo la sostanza del reato, ma anche gli aspetti procedurali che possono determinare il destino di un ricorso. Nel caso specifico, i giudici hanno dichiarato inammissibile l’impugnazione di una donna condannata per aver abbandonato un cucciolo, delineando i confini invalicabili del giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso: Il Cucciolo Lasciato in Clinica
La vicenda ha origine quando una donna viene condannata per il reato previsto dall’art. 727 del Codice Penale. L’accusa era di aver abbandonato un cucciolo di razza pitbull presso una clinica veterinaria, dove l’animale era stato portato a causa di una frattura all’arto anteriore. Secondo la ricostruzione, la donna aveva sottoscritto il consenso informato per le cure e fornito un recapito telefonico, per poi rendersi irreperibile e non fare più ritorno per l’animale.
I Motivi del Ricorso: Tra Prescrizione e Vizio di Motivazione
Di fronte alla condanna, l’imputata ha proposto ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due argomenti principali:
1. Prescrizione del reato: Sosteneva che il reato si fosse estinto per il decorso del tempo prima della sentenza impugnata.
2. Vizio di motivazione: Contestava la sua responsabilità, affermando che non vi fosse prova certa che fosse stata lei a portare il cane in clinica, né che fosse stata correttamente identificata o che il numero di telefono fornito fosse il suo.
In un secondo momento, ha anche tentato di invocare l’applicazione dell’istituto della improcedibilità, introdotto di recente dall’art. 344-bis del codice di procedura penale.
La Decisione della Cassazione sull’abbandono di animali
La Corte Suprema ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile con argomentazioni nette che ribadiscono principi fondamentali del processo penale.
Manifesta Infondatezza dell’Eccezione di Prescrizione
Il primo motivo è stato liquidato come ‘manifestamente infondato’. I giudici hanno sottolineato che il reato era stato commesso nel luglio 2016 e la sentenza era stata deliberata nel luglio 2021. La ricorrente non aveva fornito alcun elemento concreto a sostegno della sua tesi, rendendo l’eccezione puramente pretestuosa, soprattutto considerando l’intervenuta sospensione dei termini processuali a causa della pandemia da Covid.
Il Limite del Giudice di Legittimità sulla Prova
Il cuore della decisione riguarda il secondo motivo. La Cassazione ha ricordato che il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che non può riesaminare i fatti o rivalutare le prove, ma solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente. Le contestazioni della ricorrente (relative alla sua identificazione e alla proprietà del numero di telefono) erano di natura puramente fattuale. La Corte ha evidenziato come la clinica veterinaria avesse segnalato alla polizia municipale che era stata proprio l’imputata a sottoscrivere il consenso e a lasciare i suoi dati. Tentare di mettere in discussione questi elementi in sede di Cassazione equivale a chiedere un nuovo processo, cosa non consentita.
Inapplicabilità della Nuova Causa di Improcedibilità
Infine, è stata respinta anche l’invocazione dell’art. 344-bis c.p.p., poiché tale norma si applica solo ai fatti commessi dopo il 1° gennaio 2020, mentre il reato in questione risaliva al 2016.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su un pilastro del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava un errore di diritto commesso dal giudice precedente, ma tentava di ottenere una nuova valutazione delle prove. La ricorrente non si è confrontata con la motivazione della sentenza impugnata, che aveva chiaramente basato la condanna sulla segnalazione della clinica, sul consenso informato firmato e sul recapito telefonico fornito. Un ricorso per Cassazione deve demolire la logica giuridica della decisione, non semplicemente riproporre una versione alternativa dei fatti.
Le conclusioni
Questa ordinanza conferma che il reato di abbandono di animali viene perseguito con serietà e che le vie di fuga processuali sono strette se non supportate da solide argomentazioni giuridiche. La declaratoria di inammissibilità comporta conseguenze economiche significative per la ricorrente, condannata al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende. La lezione è chiara: un ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un rigoroso controllo sulla corretta applicazione della legge. Chi intende percorrere questa strada deve formulare censure precise su vizi di legittimità, pena l’inammissibilità e le relative sanzioni.
È possibile contestare l’identificazione in Cassazione per un reato di abbandono di animali?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che contestare elementi di fatto, come l’identificazione dell’imputato basata su un consenso informato firmato e un recapito telefonico lasciato in una clinica, costituisce una rivalutazione dei fatti non permessa al giudice di legittimità.
Un’eccezione di prescrizione può essere sollevata senza fornire elementi a supporto?
No, la Corte ha ritenuto manifestamente infondata l’eccezione di prescrizione perché la ricorrente non ha allegato alcun elemento di fatto per valutarla, e i dati temporali del procedimento non la supportavano in alcun modo.
L’istituto dell’improcedibilità previsto dall’art. 344-bis c.p.p. si applica ai reati commessi prima del 2020?
No, la Corte ha chiarito che l’improcedibilità, che si applica per i fatti commessi dopo il 1° gennaio 2020, non è retroattiva e quindi non può essere invocata per un reato commesso nel 2016.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9514 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9514 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PRATO il 18/10/1960
avverso la sentenza del 16/07/2021 del TRIBUNALE di PRATO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RG 26825/24
Rilevato che NOME COGNOME è stata condannata alle pene di legge per il reato degli art. 110 e 727 cod. pen., perché aveva abbandonato il cucciolo di razza pitbull dotato di microchip presso la clinica veterinaria Galilei di Prato;
Rilevato che con il primo motivo di ricorso deduce la prescrizione del reato in data anteriore al sentenza impugnata e con il secondo il vizio di motivazione in ordine alla responsabilità, perché non vi era prova che avesse portato lei il cane in clinica, che fosse stata identificata, che il num di telefono per il contatto fosse stato il suo;
Rilevato che la ricorrente non ha allegato gli elementi di fatto per valutare l’eccezione prescrizione che appare invece manifestamente infondata, perché il reato è stato consumato al 28 luglio 2016 mentre la sentenza, dove per giunta si dà atto dell’ulteriore sospensione da Covid, è stata deliberata il 16 luglio 2021;
Rilevato che il secondo motivo non si confronta con la motivazione: la clinica veterinaria aveva segnalato alla polizia municipale che il cucciolo, portato per una frattura all’arto anteriore, stato abbandonato dall’imputata che aveva sottoscritto il consenso informato e aveva lasciato il suo recapito telefonico;
Rilevato che la deduzione è fattuale e rivalutativa, per cui esula dal perimetro della cognizion del giudice di legittimità;
Rilevato che con successiva memoria ha invocato l’applicazione dell’art. 344-bis cod. proc. pen. che prevede però l’istituto dell’improcedibilità per i fatti commessi dopo il 10 gennaio 2020;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che al declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 1’8 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente