Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33276 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33276 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nata a Sassari il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/5/2021 del Tribunale di Sassari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.
••• ,1
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 11 maggio 2021 il Tribunale di Sassari ha condannato NOME COGNOME alla pena di 700,00 euro di ammenda in relazione al reato di cui all’art. 727 cod. pen. (così riqualificata l’originaria contestazione, formulata sensi dell’art. 544-ter cod. pen., per aver sottoposto a sevizie un cane di razza pastore tedesco legandolo alla ringhiera di un portone ed esponendolo al forte caldo senza lasciargli da bere, tanto che l’animale andava in ipotermia; in Sassari il 30/6/2016), oltre che al risarcimento dei danni in favore della parte civile NOME COGNOME, da liquidare in separato giudizio, alla quale ha anche assegnato una provvisionale immediatamente esecutiva dell’ammontare di 300,00 euro.
Avverso tale sentenza l’imputata, mediante l’AVV_NOTAIO, ha proposto appello, dichiarato inammissibile dalla Corte d’appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, che lo ha qualificato come ricorso per cassazione disponendone la trasmissione alla Corte di cassazione, trattandosi di sentenza non appellabile.
Tale l’impugnazione è affidata a un unico articolato motivo, mediante il quale la ricorrente ha contestato la configurabilità del reato di abbandono di animali ascrittole (in luogo dell’originario delitto di maltrattamento di anima contestatole), sottolineando che il cane indicato nella contestazione e oggetto della condotta era stato lasciato in un luogo noto sia all’imputata sia alla parte civile si ai terzi condomini dello stabile (come dagli stessi dichiarato), e anche dell’ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 727 cod. pen., in quanto la veterinaria che aveva visitato il cane dopo che lo stesso era stato riaffidato al proprietario, costitui parte civile, aveva accertato che lo stesso era accaldato ma non era in precarie condizioni di salute né disidratato, cosicché risultava errata l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata del patimento di sofferenze da parte dell’animale, con la conseguente errata affermazione della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 727 cod. pen.
Con la medesima impugnazione è stato censurato anche il riconoscimento di un risarcimento in favore della parte civile, che consegnando il proprio cane alla ricorrente aveva accettato il rischio del suo abbandono (si richiama sul punto la sentenza n. 6609 del 2020).
Il AVV_NOTAIO Generale nelle sue richieste ha concluso sollecitando l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato estinto per prescrizione e la dichiarazione di inammissibilità dei rilievi relativi alla ent della provvisionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, essendo volto a conseguire una non consentita rivisitazione delle risultanze istruttorie, allo scopo di conseguirne una lettur alternativa, da contrapporre a quella del Tribunale, che non è manifestamente illogica né è fondata sul travisamento dei dati probatori, e dunque non è suscettibile di riconsiderazione o rivalutazione sul piano del merito, perché è estraneo al giudizio di cassazione il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati probatori.
Va, infatti, ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi d motivazione è circoscritto alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando invece preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247). Si richiama, sul punto, il costante indirizzo di questa Corte, in forza del quale l’illogicità della motivazione censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., è soltanto quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocu/i; ciò in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo (Sez. U., n. 47289 del 24/9/2003, COGNOME, Rv. 226074).
Il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene perciò né alla ricostruzione dei fatti, né all’apprezzamento del giudice di merito, ma è limitato alla verifica della rispondenza dell’atto impugnato a due requisiti, che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetti o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, COGNOME e altri, Rv. 255542; Sez. 2, n. 56 del 7/12/2011, dep. 4/1/2012, Siciliano, Rv, 251760).
Ora, nel caso in esame, il Tribunale, sulla base di quanto emerso dall’istruttoria svolta, ha ritenuto accertato che la ricorrente lasciò il cane pastor tedesco di proprietà della parte civile legato alla ringhiera dell’edificio nel qual quest’ultima abitava, al sole e per circa due ore, senza accertarsi che vi fosse qualcuno che in attesa dell’arrivo del proprietario potesse prendersene cura (in particolare la badante del padre della parte civile presso il quale quest’ultimo dimorava dopo la separazione dalla ricorrente); il cane venne trovato in stato di
ipertermia e con la frequenza respiratoria piuttosto alta (98 contro i 30 normali) e si riprese con una assistenza minima, con una doccia fredda, dopo circa 15 minuti. Tale condotta, anche sulla base di quanto riferito dalle persone che avevano notato l’animale legato e che lo avevano soccorso su richiesta del proprietario (in particolare NOME COGNOME, guardia zoofila, che dichiarò che il cane si presentava sofferente), è stata ritenuta causa di uno stato di sofferenza da abbandono per l’animale e anche del rischio di riportare serie conseguenze a causa della esposizione al calore, con la conseguente affermazione della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 727, secondo comma, cod. pen.
Si tratta di conclusioni che sono state adeguatamente giustificate, sulla base di una analitica ricostruzione delle risultanze istruttorie, con argomenti non manifestamente illogici, essendo stato sottolineato lo stato di sofferenza e di ipertermia dell’animale, tale da consentire di ravvisare la detenzione dell’animale in condizioni incompatibili con la sua natura e produttive di gravi sofferenze, e dunque configurabile la contravvenzione di cui all’art. 727, secondo comma, cod. pen., posto che costituiscono maltrattamenti, idonei a integrare il reato di abbandono di animali, non solo le sevizie, le torture o le crudeltà caratterizzate da dolo, ma anche quei comportamenti colposi di abbandono e incuria che offendono la sensibilità psico-fisica degli animali quali autonomi essere viventi, capaci di reagire agli stimoli del dolore come alle attenzioni amorevoli dell’uomo (Sez. 3, n. 49298 del 22/11/2012, Tomat, Rv. 253882 – 01; v. anche Sez. 7, Ordinanza n. 46560 del 10/07/2015, COGNOME, Rv. 265267 – 01).
Tali ricostruzione e tali conclusioni, che, come notato, non sono manifestamente illogiche, sono state censurate dalla ricorrente esclusivamente sul piano della lettura e della valutazione degli elementi di prova, proponendone una alternativa, sia quanto agli accordi intercorsi tra la stessa e la parte civile, s quanto alle condizioni del cane e alle conseguenze delle modalità della sua anomala restituzione, censure che, come ricordato, non sono consentite in presenza di motivazione idonea e che non può dirsi manifestamente illogica, essendo stati sufficientemente illustrati gli elementi che hanno determinato l’affermazione della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 727 cod. pen., a causa dell’abbandono dell’animale legato a una ringhiera in condizioni incompatibili con la sua natura e produttive di gravi sofferenze.
Ne consegue, in definitiva, l’inammissibilità dei rilievi mossi avverso l’affermazione di responsabilità.
I rilievi in ordine alle statuizioni civili sono, anch’essi, inammissibili, perché la condotta non può dirsi, quanto meno astrattamente, non produttiva di un danno risarcibile, con la conseguente legittimità della condanna generica della imputata al risarcimento dei danni in favore del proprietario dell’animale (da
.. D.L..
determinarsi, nella loro, anche minima, entità, in altro giudizio); sia perché la statuizione relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale non è impugnabile con il ricorso per cassazione, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata a essere travolta dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento (così, da ultimo, Sez. 2, n 44859 del 17/10/2019, COGNOME, Rv. 277773; in precedenza già Sez. 2, n. 43886 del 26/04/2019, Saracino, Rv. 277711; Sez. 3, n. 18663 del 27/01/2015, D.G., Rv. 263486; Sez. 2, n. 49016 del 06/11/2014, NOME, Rv. 261054).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, a cagione del contenuto non consentito dei motivi ai quali è stato affidato.
L’inammissibilità originaria del ricorso esclude il rilievo della eventuale prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza impugnata, giacché detta inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e preclude l’apprezzamento di una eventuale causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata (Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, COGNOME, Rv. 217266; conformi, Sez. un., 2/3/2005, n. 23428, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. un., 28/2/2008, n. 19601, Niccoli, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8.5.2013, Rv. 256463; Sez. 2, n. 53663 del 20/11/2014, COGNOME Scalora, Rv. 261616; nonché Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 14/02/2017, Aiello, Rv. 268966).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 9/7/2024