Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 26982 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 26982 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 11/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CABRAS il 01/06/1947
avverso la sentenza del 10/07/2023 del TRIBUNALE di Oristano Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusione del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 10 luglio 2023, il Tribunale di Oristano ha condannato COGNOME perchè ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 727 comma 1 cod.pen., per aver abbandonato un cucciolo di cane figlio della sua cagna avente microchip n. NUMERO_DOCUMENTO in un campo, che moriva poco dopo. In Cabras in epoca antecedente e prossimo al 24/04/2000.
Avverso la sentenza ha proposto appello, l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in particolare:
Violazione di legge processuale in relazione all’art. 360 cod.proc.pen. Il tribunale avrebbe errato nel ritenere che non vi fosse stata alcuna violazione dell’art. 360 cod.proc.pen. poiché al momento del prelievo del dna sul cucciolo l’imputato non era iscritto nel registro degli indagati, non considerando la giurisprudenza di legittimità secondo cui la garanzia difensiva prevista dall’ar. 360 comma 1, cod.proc.pen., si applica anche a colui che pur non essendo iscritto nel registro degli indagati, appaia come possibile autore del reato in quanto raggiunto
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da indizi di reità. Tale era il caso in esame posto che ricorrevano già gli indizi d reato nei confronti dell’imputato al momento del prelievo effettuato sul cane.
Violazione di legge processuale in relazione all’art. 360 cod.proc.pen. con riferimento alla procedura sugli accertamenti irripetibili, nullità assoluta dell’esi dell’accertamento del dna. In tema di accertamenti tecnici su materiale biologico, l’attività di comparazione tra profili genetici estratti dai reperti e riversat supporti documentali è un’operazione di confronto sempre ripetibile a condizione che si sia sempre assicurata la corretta conservazione degli stessi supporti sui quali sono impresse le impronte genetiche. Argomenta il ricorrente che, nel caso in esame, non vi sarebbe alcuna specificazione sulla corretta conservazione degli stessi supporti sia in relazione a quanto prelevato sul cucciolo e sia su quanto prelevato sul presunto padre dello stesso. Dall’istruttoria dibattimentale sarebbe emerso che non sarebbe stata adottata alcuna precauzione particolare per il prelievo del campione e per gli accertamenti di comparazione effettuati sugli stessi.
-Violazione di legge e vizio di mancanza di motivazione in relazione alla prova della responsabilità penale del ricorrente.
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e al trattamento sanzionatorio di cui si chiede una rimodulazione.
Il Procuratore generale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte d’appello di Cagliari, rilevato che la sentenza di condanna non era appellabile, ha disposto, con ordinanza, la trasmissione degli atti alla Corte di cassazione.
Il ricorso è inammissibile.
Il profilo di violazione dell’art. 360 comma 1 cod.proc.pen. dedotto nel primo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato.
La sentenza impugnata ha disatteso la prospettata violazione dell’art. 360 comma 1 cod.proc.pen. sul rilievo che alla data del prelievo del dna dal cucciolo morto, rinvenuto in un campo il 24/04/2020, non erano ancora emersi indizi di reità nei confronti dell’imputato in quanto i testi, tutti soggetti che a vario ti avevano concorso al ritrovamento del cucciolo, erano stati sentiti a sommarie informazioni solo il successivo 25 aprile 2020 e fino a quel momento, pertanto, ancora non vi erano elementi di sospetto a carico dell’imputato.
Il secondo motivo di ricorso è privo di specificità in quanto la questione è posta unicamente in via astratta, non avendo mai chiesto l’imputato la ripetizione dell’esame sul dna, da cui la irrilevanza della tematica della conservazione dell’impronta genetica. Ma in ogni caso, mette conto rilevare, il Collegio, che, yq
nessuna decisività assumono le indagini genetiche posto che, come emerge chiaramente dalla sentenza impugnata, la decisione di condanna risulta fondata sulle deposizioni testimoniali e sulla circostanza che presso l’abitazione dell’imputato veniva trovato un cane che aveva partorito due cuccioli da pochi giorni della stessa razza di quello trovato morto, circostanza che conferma il portato delle dichiarazioni testimoniali.
In particolare, NOME COGNOME aveva riferito che la mattina del 24 aprile del 2020, a seguito di un messaggio vocale ricevuto dall’amica che le aveva comunicato che un vicino di casa la notte precedente aveva sentito dei lamenti di animali ed aveva indicato il luogo da cui provenivano, si era messa alla ricerca trovando in mezzo alle sterpaglie, sul luogo indicatole, un cucciolo di cane abbandonato. La teste NOME COGNOME riferiva, a sua volta, di essere stata contattata dall’amica COGNOME che le aveva riferito delle urla provenienti dall’abitazione di NOME COGNOME, che dista a pochi metri da quella del suo compagno, e di avere udito le parole “io questi li ammazzo” sentendo contestualmente lamenti di cani che l’uomo custodiva nel cortile retrostante l’abitazione. Nel pomeriggio la teste aveva sentito il COGNOME parlare con la moglie dell’intenzione di sbarazzarsi di altri due cuccioli, due cuccioli effettivamente trovati presso la sua abitazione a seguito di intervento dei vigili urbani di Cabras.
Le indagini genetiche hanno assunto, nel caso in esame, mero valore confermativo del quadro probatorio che già restituiva elementi idonei a sorreggere l’affermazione di responsabilità fondata, come si è avuto modo di dire, sulle dichiarazioni testimoniali.
Da cui anche l’inammissibilità del terzo motivo di ricorso che censura l’affermazione della responsabilità penale dell’imputato, anche diretto a richiedere una rivalutazione delle prove non consentita nel giudizio di legittimità.
6. Il quarto motivo di ricorso che censura il diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche risulta inammissibile per manifesta infondatezza. Il Tribunale ha escluso il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in assenza di elementi positivi, al di là del mero dato dell’assenza di precedenti penali. Nel pervenire a tale conclusione, la Corte d’appello si è attenuta al principio di diritto secondo il quale la concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato. Ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposti alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza – l’onere di motivazione per il diniego dell’attenuante è soddisfatto con il richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del
beneficio (Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, COGNOME, Rv. 266460; Sez. 3, n. 44071, del 25/09/2014, COGNOME e altri, Rv. 260610).
Di carattere generico è, infine, la censura sul trattamento sanzionatorio ritenuto sproporzionato e di cui si chiede la rimodulazione.
7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616
cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata
in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così è deciso, 11/06/2025
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