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41-bis: ricorso inammissibile se le censure sono generiche

Un detenuto in regime di 41-bis ha presentato ricorso contro la proroga della misura, lamentando la genericità delle motivazioni. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la validità della decisione del Tribunale di Sorveglianza. Quest’ultimo aveva correttamente valutato la persistente pericolosità del soggetto, basandosi sul suo ruolo di vertice nell’organizzazione criminale, sull’attuale operatività del sodalizio e sulla sua condotta in carcere, rendendo le censure del ricorrente non specifiche e inadeguate.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Proroga 41-bis: Quando il Ricorso è Inammissibile?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5249/2024, è tornata a pronunciarsi sulla delicata questione della proroga del regime detentivo speciale, noto come 41-bis. Questa decisione chiarisce un principio fondamentale: un ricorso contro la proroga di tale misura è destinato all’inammissibilità se le critiche sollevate sono generiche e non si confrontano specificamente con la solida valutazione della pericolosità sociale del detenuto effettuata dal Tribunale di Sorveglianza.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un detenuto, considerato un elemento di vertice di un’organizzazione criminale, che ha presentato ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma che confermava la proroga del regime del 41-bis a suo carico. Il ricorrente sosteneva che il giudice avesse riprodotto acriticamente le motivazioni del decreto ministeriale, senza un’effettiva valutazione autonoma. A suo dire, non erano stati considerati gli elementi da lui forniti che, a suo avviso, smentivano la persistenza della sua capacità di mantenere legami con il sodalizio criminale. Inoltre, lamentava una mancata analisi degli esiti del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei suoi familiari.

La Decisione della Corte sul Regime 41-bis

La Suprema Corte ha respinto completamente le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che le censure mosse erano ‘a-specifiche’, ovvero non adeguatamente correlate alla logica e ponderata valutazione contenuta nell’ordinanza impugnata. Secondo la Cassazione, il Tribunale di Sorveglianza aveva, al contrario, esercitato correttamente il proprio controllo di legalità, verificando in modo compiuto la capacità del soggetto di mantenere collegamenti con l’organizzazione criminale di appartenenza.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda sulla solidità delle motivazioni addotte dal Tribunale di Sorveglianza, che aveva basato la sua valutazione su tre pilastri fondamentali:

1. Profilo Criminale e Ruolo di Vertice: È stato valorizzato il profilo criminale del condannato e il suo indiscusso ruolo di vertice all’interno dell’organizzazione, dalla quale non si è mai dissociato. Questo elemento è cruciale per dimostrare una pericolosità sociale intrinseca e radicata.
2. Operatività Attuale del Sodalizio: Sono stati considerati gli esiti di recenti investigazioni che confermavano la piena operatività dell’organizzazione criminale, implicando quindi un contesto esterno ancora attivo e pericoloso con cui il detenuto potrebbe voler ristabilire i contatti.
3. Condotta e Mancata Revisione Critica: La valutazione ha tenuto conto degli esiti deludenti del trattamento penitenziario. Il detenuto, pur ammettendo alcuni reati (traffico di stupefacenti), lo faceva con un atteggiamento sminuente, senza mostrare alcuna revisione critica del proprio passato deviante. Inoltre, le relazioni dell’istituto penitenziario lo descrivevano come un soggetto che si atteggiava a ‘vero e proprio boss’ anche durante la detenzione, a dimostrazione di una mentalità criminale immutata.

Di fronte a una motivazione così strutturata e congrua, le lamentele del ricorrente sono apparse generiche e non in grado di scalfire la logica della decisione impugnata.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio chiave per le impugnazioni in materia di 41-bis: non è sufficiente lamentare una presunta genericità della decisione. È necessario che il ricorso articoli censure specifiche, puntuali e documentate, in grado di contestare nel merito gli elementi concreti posti a fondamento della valutazione di pericolosità sociale. La Corte di Cassazione conferma che il controllo sulla proroga del ‘carcere duro’ deve essere sostanziale e basato su una valutazione complessiva che include il passato criminale, il contesto attuale e la condotta del detenuto, elementi che, nel caso di specie, giustificavano ampiamente il mantenimento del regime speciale.

Perché il ricorso contro la proroga del 41-bis è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure presentate dal ricorrente sono state ritenute generiche e non specifiche, ovvero non in grado di contestare efficacemente la valutazione logica e ponderata del Tribunale di Sorveglianza sulla sua persistente pericolosità sociale.

Quali elementi considera il tribunale per prorogare il regime 41-bis?
Il tribunale valuta una serie di elementi concreti, tra cui: il profilo criminale e il ruolo di vertice del detenuto nell’organizzazione; le prove dell’attuale operatività del sodalizio criminale; gli esiti del trattamento penitenziario e l’assenza di una revisione critica del proprio passato; la condotta carceraria del soggetto.

La condotta del detenuto in carcere è rilevante per la decisione sulla proroga del 41-bis?
Sì, la condotta carceraria è un elemento molto rilevante. Nel caso specifico, il fatto che il detenuto si ponesse all’interno dell’istituto come un ‘vero e proprio boss’ è stato considerato un indicatore della sua immutata mentalità criminale e della sua persistente pericolosità, contribuendo a giustificare la proroga del regime speciale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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