Proroga 41-bis: Quando il Ricorso è Inammissibile?
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5249/2024, è tornata a pronunciarsi sulla delicata questione della proroga del regime detentivo speciale, noto come 41-bis. Questa decisione chiarisce un principio fondamentale: un ricorso contro la proroga di tale misura è destinato all’inammissibilità se le critiche sollevate sono generiche e non si confrontano specificamente con la solida valutazione della pericolosità sociale del detenuto effettuata dal Tribunale di Sorveglianza.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un detenuto, considerato un elemento di vertice di un’organizzazione criminale, che ha presentato ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma che confermava la proroga del regime del 41-bis a suo carico. Il ricorrente sosteneva che il giudice avesse riprodotto acriticamente le motivazioni del decreto ministeriale, senza un’effettiva valutazione autonoma. A suo dire, non erano stati considerati gli elementi da lui forniti che, a suo avviso, smentivano la persistenza della sua capacità di mantenere legami con il sodalizio criminale. Inoltre, lamentava una mancata analisi degli esiti del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei suoi familiari.
La Decisione della Corte sul Regime 41-bis
La Suprema Corte ha respinto completamente le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che le censure mosse erano ‘a-specifiche’, ovvero non adeguatamente correlate alla logica e ponderata valutazione contenuta nell’ordinanza impugnata. Secondo la Cassazione, il Tribunale di Sorveglianza aveva, al contrario, esercitato correttamente il proprio controllo di legalità, verificando in modo compiuto la capacità del soggetto di mantenere collegamenti con l’organizzazione criminale di appartenenza.
Le Motivazioni
La decisione della Corte si fonda sulla solidità delle motivazioni addotte dal Tribunale di Sorveglianza, che aveva basato la sua valutazione su tre pilastri fondamentali:
1. Profilo Criminale e Ruolo di Vertice: È stato valorizzato il profilo criminale del condannato e il suo indiscusso ruolo di vertice all’interno dell’organizzazione, dalla quale non si è mai dissociato. Questo elemento è cruciale per dimostrare una pericolosità sociale intrinseca e radicata.
2. Operatività Attuale del Sodalizio: Sono stati considerati gli esiti di recenti investigazioni che confermavano la piena operatività dell’organizzazione criminale, implicando quindi un contesto esterno ancora attivo e pericoloso con cui il detenuto potrebbe voler ristabilire i contatti.
3. Condotta e Mancata Revisione Critica: La valutazione ha tenuto conto degli esiti deludenti del trattamento penitenziario. Il detenuto, pur ammettendo alcuni reati (traffico di stupefacenti), lo faceva con un atteggiamento sminuente, senza mostrare alcuna revisione critica del proprio passato deviante. Inoltre, le relazioni dell’istituto penitenziario lo descrivevano come un soggetto che si atteggiava a ‘vero e proprio boss’ anche durante la detenzione, a dimostrazione di una mentalità criminale immutata.
Di fronte a una motivazione così strutturata e congrua, le lamentele del ricorrente sono apparse generiche e non in grado di scalfire la logica della decisione impugnata.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio chiave per le impugnazioni in materia di 41-bis: non è sufficiente lamentare una presunta genericità della decisione. È necessario che il ricorso articoli censure specifiche, puntuali e documentate, in grado di contestare nel merito gli elementi concreti posti a fondamento della valutazione di pericolosità sociale. La Corte di Cassazione conferma che il controllo sulla proroga del ‘carcere duro’ deve essere sostanziale e basato su una valutazione complessiva che include il passato criminale, il contesto attuale e la condotta del detenuto, elementi che, nel caso di specie, giustificavano ampiamente il mantenimento del regime speciale.
Perché il ricorso contro la proroga del 41-bis è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure presentate dal ricorrente sono state ritenute generiche e non specifiche, ovvero non in grado di contestare efficacemente la valutazione logica e ponderata del Tribunale di Sorveglianza sulla sua persistente pericolosità sociale.
Quali elementi considera il tribunale per prorogare il regime 41-bis?
Il tribunale valuta una serie di elementi concreti, tra cui: il profilo criminale e il ruolo di vertice del detenuto nell’organizzazione; le prove dell’attuale operatività del sodalizio criminale; gli esiti del trattamento penitenziario e l’assenza di una revisione critica del proprio passato; la condotta carceraria del soggetto.
La condotta del detenuto in carcere è rilevante per la decisione sulla proroga del 41-bis?
Sì, la condotta carceraria è un elemento molto rilevante. Nel caso specifico, il fatto che il detenuto si ponesse all’interno dell’istituto come un ‘vero e proprio boss’ è stato considerato un indicatore della sua immutata mentalità criminale e della sua persistente pericolosità, contribuendo a giustificare la proroga del regime speciale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5249 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5249 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso
proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/06/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in preambolo con la quale il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il s reclamo in tema di proroga del regime ex art. 41-bis legge 26 luglio 1975, 354 (Ord. Pen.) e lamenta che il Giudice specializzato, anziché confrontarsi c le censure sollevate in sede di reclamo e con l’allegata documentazione – miran a evidenziare come gli elementi fondanti la proroga fossero generici comunque, smentiti dagli atti prodotti dalla difesa – avrebbe riprodo acriticamente la decisione contenuta nel decreto ministeriale e, dunqu pretermesso di accertare il persistere delle capacità del detenuto di mantener riprendere i contatti con il sodalizio criminale di appartenenza, trascura altresì di calare la valutazione dell’attualità della pericolosità del ri all’interno degli altri elementi richiesti, quali gli esiti del tra penitenziario e il tenore di vita dei familiari del sottoposto;
ritenuto che il motivo non è adeguatamente correlato alla logica ponderata valutazione dell’ordinanza impugnata, che – nell’esercizio del contro di legalità spettante, anche a seguito delle modifiche introdotte dalla legge del 2009, al tribunale di sorveglianza in sede di proroga del regime di detenzi differenziato (Sez. 1, n. 18434 dei 23/04/2021, COGNOME, Rv. 281361; Sez. 7, 19290 del 10/03/2016, COGNOME, Rv. 267248) – ha compiutamente verificato, sulla base delle circostanze di fatto indicate nel provvedimento, anche c richiamo per relationem al contenuto del decreto ministeriale, la capacità del soggetto di mantenere collegamenti con l’organizzazione criminale di appartenenza nella quale risulta inserito con indiscusso ruolo di vertice, l conseguente pericolosità sociale e il collegamento funzionale tra le prescrizi imposte e la tutela delle connesse esigenze di ordine e sicurezza pubblica;
considerato, invero, che nel provvedimento sono stati valorizzati; i) il pro criminale e il ruolo di rilevo assunto dal condannato in seno alla organizzazi criminale dalla quale non ha mai intesi dissociarsi; ii) gli esiti delle investi che danno contezza dell’attuale operatività del sodalizio; iii) gli esiti delude trattamento e l’assenza di qualsiasi revisione critica del proprio passato dev (si è valorizzata la circostanza che il detenuto ammette esclusivamente i re inerenti al traffico di stupefacenti, peraltro con atteggiamento sminuen nonché la condotta carceraria non regolare, ponendosi – secondo quanto riferit nelle relazioni di Istituto – quale vero e proprio boss;
ritenuto che a tale motivazione, adeguata e congrua, il ricorrente muov censure a-specifiche;
rilevato, per le esposte considerazioni, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2023