Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2413 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2413 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GELA il 20/08/1967
avverso l’ordinanza del 06/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo proposto da NOME COGNOME – detenuto in espiazione della pena dell’ergastolo, come da provvedimento di cumulo del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta del 10/12/2019, per reati contro il patrimonio, associazione mafiosa e finalizzata al narcotraffico, omicidi plurimi aggravati in concorso, sequestro di persona e violazione legge armi- avverso il provvedimento del 17/10/2023 del Ministro della giustizia, che ha disposto la proroga per la durata di anni due, del regime differenziato ex art. 41-bis legge 26 luglio 1975, n. 354.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen., con riferimento agli artt. 41-bis Ord. pen., 125 e 666 cod. proc. pen., 27 comma 3 Cost., e 6 CEDU.
La difesa osserva come il Tribunale abbia omesso di confrontarsi con le specifiche deduzioni difensive avanzate in sede di reclamo, dalle quali era deducibile l’assenza degli indici di pericolosità in capo al ricorrente, stante la mancanza di operatività del presunto clan criminoso di cui farebbe parte NOME, ormai definitivamente dissolto, limitandosi a sviluppare considerazioni generiche e assertive, tali da rendere il provvedimento solo apparentemente motivato. Il controllo effettuato dal Tribunale romano si è limitato ad un vaglio di tipo esterno sulla congruità della motivazione del D.M. di proroga, senza un’effettiva verifica circa la sussistenza dei presupposti ex art. 41 bis ord. pen., come richiesto dalla più recente giurisprudenza di legittimità: la motivazione del provvedimento impugnato è pertanto generica, dal momento che non viene effettuata alcuna valutazione della specifica posizione del ricorrente e dei motivi dedotti nel reclamo, finendo con l’essere caratterizzata da considerazioni generiche ed astratte, incapaci di dimostrare l’attuale persistenza di pericoli di comunicazioni e contatti con il gruppo criminale di appartenenza.
Il Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
2. L’art. 41-bis, comma 2-bis, Ord. Pen., sostituito dall’art. 2, legge 23 dicembre 2002, n. 279, e da ultimo dall’art. 2, comma 25, lett. d), legge 15 luglio 2009, n. 94, stabilisce che i provvedimenti applicativi del regime di detenzione differenziato sono prorogabili nelle stesse forme per successivi periodi, ciascuno pari a due anni, quando «risulta che la capacità di mantenere collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o eversiva non è venuta meno»
2.1. Secondo quanto già rilevato dalla giurisprudenza di questa Corte, con orientamento consolidato dal quale questo Collegio non vede ragioni per discostarsi, la chiara formulazione della norma indica come – ai fini del riconoscimento di detta condizione, nonché, diversamente da quanto richiesto dal sistema processuale, per formulare un giudizio di responsabilità “al di là di ogni ragionevole dubbio” – non sia necessario acquisire la dimostrazione, in termini di certezza, in ordine alla sussistenza dei detti collegamenti, essendo invece necessario e sufficiente che essa possa essere ragionevolmente ritenuta probabile, in forza degli elementi di valutazione e conoscenza acquisiti (Sez. 1, n. 20986 del 23/06/2020, COGNOME, rv. 279221; Sez. 1, n. 24134 del 10/05/2019, COGNOME, rv. 276483; Sez. 1, n. 2660 del 09/10/2018, dep. 2019, COGNOME, rv. 274912; Sez. 1, n. 18791 del 06/02/2015, COGNOME, rv. 263508; Sez. 1, n. 22721 del 26/03/2013, COGNOME, rv. 256495; Sez. 1, n. 4428 del 14/01/2009, COGNOME, rv. 242797; Sez. 1, n. 5842 del 22/01/2008, COGNOME, rv. 242784; Sez. 1, n. 47521 del 02/12/2008, COGNOME, Rv. 242071; Sez. 1, n. 39760 del 28/09/2005, COGNOME, rv. 232684; Sez. 1, n. 46013 del 29/10/2004, COGNOME, rv. 230136).
2.2. Va sottolineato, inoltre, che l’ambito del sindacato devoluto alla Corte di cassazione è stabilito dal comma 2-sexies dell’art. 41-bis, come novellato dalla legge nr. 94 del 2009, a norma del quale il Procuratore Generale presso la Corte d’appello, l’internato o il difensore possono proporre – entro dieci giorni della sua comunicazione – ricorso per cassazione nei confronti dell’ordinanza del Tribunale di sorveglianza, che abbia respinto il reclamo avverso il decreto ministeriale di sottoposizione al regime differenziato, unicamente per dedurre il vizio di violazione di legge.
La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da intendere nel senso che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito per ritenere giustificata la proroga, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (tra le altre, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003,
dep. 10/06/2003, COGNOME S., Rv. 224611; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, dep. 26/06/2008, COGNOME, Rv. 239692).
Si è, da tempo, chiarito che non costituisce violazione di legge, unico vizio legittimante il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di applicazione o di proroga del regime previsto dall’art. 41-bis della legge n. 354 del 1975, l’omessa enunciazione delle ragioni per le quali il Tribunale di Sorveglianza non abbia ritenuto rilevanti gli argomenti e la documentazione prodotta dalla difesa, ove i dati assunti a fondamento della decisione siano sufficienti a sostenerla e non risultino intrinsecamente apparenti o fittizi (Sez. 1, n. 37351 del 06/05/2014, Trigila, Rv. 260805); ed ancora si è affermato che ai fini della proroga del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, l’accertamento dell’attuale capacità del condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale, da svolgere tenendo conto dei parametri indicati in termini non esaustivi dal comma 2-bis della norma citata, si sostanzia in un ponderato apprezzamento di merito involgente tutti gli elementi, non necessariamente sopravvenuti, (Sez. 1, n. 2660 del 9/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274912), quali: il profilo criminale del soggetto, la posizione dal medesimo rivestita in seno all’associazione, la perdurante operatività del sodalizio e la sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, anche considerata l’assenza di elementi di fatto dimostrativi di un sopravvenuto venir meno di tale pericolo (Sez. 5, n. 40673 del 30/5/2012, COGNOME, Rv. 253713), che non possono identificarsi con il mero trascorrere del tempo dalla prima applicazione del regime differenziato, né essere rappresentati da un apodittico e generico riferimento a non meglio precisati risultati dell’a · tività di trattamento penitenziario (Sez. 1, n. 32337 del 3/7/2019, Graviano, Rv. 276720).
Tale pericolo, inoltre, non deve essere dimostrato in termini di certezza, essendo necessaria e sufficiente che la capacità di mantenere i collegamenti di cui sopra e la sua attualità possano essere ragionevolmente ritenute probabili sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti (Sez. 1, n. 20986 del 23/06/2020, COGNOME, Rv. 279221).
Nella specie, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha proceduto, con corretta interpretazione ed esatta applicazione dei principi di diritto in materia, alla verifica della permanenza dei dati indicativi della capacità di collegamento del ricorrente con la criminalità organizzata, evidenziando gli elementi sui quali ha fondato la valutazione della pericolosità del medesimo e della legittimità e fondatezza dell’applicazione, in proroga, della misura in oggetto.
Il Tribunale ha, al riguardo, congruamente motivato – con richiamo alle più recenti informative degli organi preposti e con riferimento ai dati processuali – sia con riferimento alla posizione rivestita dal ricorrente nel sodalizio di appartenenza e alla sua biografia penale, sia in relazione all’attualità del pericolo, risultando lo stesso
concretamente in grado – nonostante il regime più severo in atto – di mantener contatti con il predetto sodalizio.
Nel provvedimento impugnato, infatti, vi è un ampio riferimento agli elementi da cui emerge l’attuale operatività dell’omonimo clan di riferimento del detenuto avendo il Tribunale richiamato i recenti decreti di confisca (emessi nel 2021 e 2022 a carico di esponenti di spicco del clan COGNOME; ha citato l’operazione RAGIONE_SOCIALE che ha visto coinvolto direttamente il compagno dell’avv. COGNOME della cui oper NOME si avvaleva ed ha richiamato il contenuto di alcuni colloqui in cui NOME ha evidenziato una persistente logica mafiosa; ha infine analizzato l condotta intramuraria del detenuto, che ha riportato numerosi sanzioni disciplinar (l’ultima nell’ottobre 2023), e che non ha mai manifestato segnali di emancipazion dal passato né di consapevolezza della gravità dei reati in espiazione.
La motivazione dell’ordinanza impugnata, condotta nel rispetto dei principi di legge, come interpretati dalla giustizia costituzionale e da quella di legittimi questa Corte, nonché in conformità a logica argomentativa coerente e lineare, si sottrae alle non fondate censure proposte dal ricorrente, solo formalmente anche sulla base di assunte violazioni di legge, ma sostanzialmente su profili di merito o motivazione non proponibili in questa sede.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, con condanna del ricorrente pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 29/10/2024