Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6345 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6345 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a GIUGLIANO IN CAMPANIA il 07/03/1953
avverso l’ordinanza del 03/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e il provvedimento impugnato; letti i motivi del ricorso; rilevato che:
con l’ordinanza oggetto di impugnazione il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo proposto avverso il decreto ministeriale di proroga del regime detentivo speciale di cui all’art. 41-bis ord. pen. applicato a NOME COGNOME
sono stati ritenuti attuali i profili di pericolosità sociale a ragione de perdurante operatività del sodalizio del quale il ricorrente ha fatto parte e del tutto carenti i profili di ravvedimento o dissociazione da parte del condannato del quale sono stati evidenziati, altresì, comportamenti irregolari e violazioni in ambito carcerario;
il primo motivo di ricorso censura la motivazione che è tutt’altro che apparente avendo, fra l’altro, illustrato congruamente le emergenze che rendono attuale il pericolo di collegamenti con il clan di appartenenza che risulta, tuttora, attivo;
il secondo motivo non è stato articolato in termini di violazione di legge e, comunque, si presenta generico in quanto non indica adeguatamente quali circostanze dovrebbero emergere dall’analisi trattamentale;
ritenuto che:
nella sostanza, si denunciano vizi di motivazione, visto che il ricorso ripercorre gli elementi ritenuti rilevanti nel provvedimento, formulando, in relazione agli stessi, un giudizio di irrilevanza, equivocità o non pertinenza;
ai sensi dell’art. 41bis, comma 2sexies, ord. pen., avverso il provvedimento impugnato dinanzi alla Corte di cassazione possono essere denunciati solo vizi di violazione di legge, sebbene « il controllo svolto dal Tribunale di sorveglianza sul decreto di proroga del regime di detenzione differenziato, diversamente dal sindacato conducibile nel giudizio di legittimità, non è limitato ai profili violazione della legge, ma si estende alla motivazione ed alla sussistenza, sulla base delle circostanze di fatto indicate nel provvedimento, dei requisiti della capacità del soggetto di mantenere collegamenti con la criminalità organizzata, della sua pericolosità sociale e del collegamento funzionale tra le prescrizioni imposte e la tutela delle esigenze di ordine e di sicurezza» (Sez. 1, n. 18434 del 23/04/2021, Mulè, Rv. 281361);
che tuttavia «ai fini della proroga del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, l’accertamento dell’attuale capacità del condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale, da svolgere tenendo conto dei parametri indicati in termini non esaustivi dal comma 2bis della norma citata, si sostanzia in un ponderato apprezzamento di merito
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involgente tutti gli elementi, non necessariamente sopravvenuti, rivelatori della permanenza delle condizioni di pericolo già in origine poste a fondamento del suddetto regime» (Sez. 1, n. 2660 del 09/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274912);
a fronte di un’adeguata motivazione sul ruolo assunto dal condannato nella cosca, sulla sussistenza di successivi elementi significativi del mantenimento dei suoi legami e della possibilità di coltivarli, nonché infine sull’assenza di elementi positivi emersi nel corso della detenzione in ordine ad eventuale dissociazione o comunque ad elementi inequivocamente sintomatici di recupero dei valori di legalità, non è affatto necessario che sussistano fatti sopravvenuti per giustificare la proroga;
nel provvedimento impugnato si rinvengono congrue valutazioni basate su specifici elementi sia sul fatto che non può dirsi venuta meno la capacità di mantenere i collegamenti con l’associazione, sia sulla perdurante operatività del sodalizio criminale;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19/12/2024