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41-bis: la proroga è legittima se persiste il pericolo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro la proroga del regime speciale 41-bis. La Corte ha stabilito che, per estendere il ‘carcere duro’, non è necessario provare nuovi reati, ma è sufficiente la persistenza della capacità del detenuto di mantenere contatti con l’associazione criminale di appartenenza. La valutazione del Tribunale di Sorveglianza, basata sulla pericolosità sociale del soggetto e sull’operatività del clan, è stata ritenuta corretta e non sindacabile nel merito.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Proroga del 41-bis: la Cassazione ribadisce i criteri di legittimità

Il regime detentivo speciale, noto come 41-bis o ‘carcere duro’, rappresenta una delle misure più severe del nostro ordinamento penitenziario, finalizzata a recidere ogni legame tra i detenuti per reati di mafia e le loro organizzazioni di appartenenza. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui presupposti necessari per la proroga di tale regime, chiarendo che la valutazione si basa su un giudizio di pericolosità attuale e potenziale, non sulla prova di nuovi reati.

I Fatti del Caso

Un detenuto, sottoposto da tempo al regime del 41-bis, presentava ricorso in Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma che ne aveva prorogato l’applicazione. Il ricorrente sosteneva che fossero venuti meno i presupposti per il mantenimento del ‘carcere duro’, adducendo una presunta dissociazione dall’ambiente criminale, il fatto di aver scontato la pena per il reato associativo e l’assenza di un ruolo apicale all’interno del clan. Inoltre, contestava la motivazione del provvedimento, ritenendola carente e apparente.

La Decisione della Corte e l’ambito del sindacato sul 41-bis

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno innanzitutto ribadito un principio fondamentale: il ricorso per cassazione contro i provvedimenti in materia di 41-bis è consentito solo per ‘violazione di legge’. Questo significa che la Corte Suprema non può riesaminare i fatti del caso o sostituire la propria valutazione a quella del Tribunale di Sorveglianza. Il suo controllo è limitato a verificare che non vi siano state violazioni di norme e che la motivazione del provvedimento non sia totalmente assente, meramente apparente o talmente illogica da non rendere comprensibile il ragionamento del giudice.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto che il Tribunale di Sorveglianza avesse correttamente applicato la legge e fornito una motivazione adeguata. Per prorogare il regime del 41-bis, non è necessario dimostrare la commissione di nuovi reati o la permanenza dell’attività della cosca. È sufficiente accertare la ‘potenzialità’, attuale e concreta, che il detenuto possa ancora mantenere collegamenti con l’ambiente malavitoso. Questa valutazione si basa su un ‘ponderato apprezzamento di merito’ che include tutti gli elementi indicativi della permanenza della pericolosità sociale del soggetto.

Nel caso specifico, il Tribunale di Sorveglianza aveva valorizzato elementi cruciali:

1. L’operatività del clan: L’associazione mafiosa di riferimento era ancora attiva e operativa sul territorio.
2. Il ruolo del detenuto: Nonostante le affermazioni del ricorrente, il suo ruolo significativo all’interno del clan e il suo coinvolgimento in altri procedimenti penali sono stati considerati elementi di persistente pericolosità.
3. La condotta passata: Era emerso che in passato il detenuto non aveva esitato a utilizzare il figlio minorenne per comunicare con l’esterno, a dimostrazione della sua attitudine a mantenere i contatti con l’organizzazione.
4. La condotta recente: Una recente infrazione disciplinare in carcere, seppur non grave, è stata vista come un ulteriore segnale di mancata adesione al percorso rieducativo.

Secondo la Cassazione, le argomentazioni del ricorrente costituivano una mera contrapposizione alla valutazione di merito del Tribunale, un tentativo di ottenere una nuova analisi dei fatti, inammissibile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma l’orientamento consolidato della giurisprudenza in materia di 41-bis. La proroga del regime non è automatica, ma si fonda su un giudizio prognostico sulla persistente pericolosità del detenuto e sulla sua capacità di mantenere legami con l’organizzazione criminale. Il semplice trascorrere del tempo o l’assenza di nuovi elementi criminosi non sono, di per sé, sufficienti a far venir meno le esigenze di sicurezza che giustificano il ‘carcere duro’, se il quadro complessivo indica che il rischio di collegamenti con l’esterno non può essere adeguatamente fronteggiato con il regime carcerario ordinario.

Per prorogare il regime 41-bis è necessario dimostrare nuovi reati commessi dal detenuto?
No. Secondo la Corte, per la proroga non è necessario l’accertamento della permanenza dell’attività della cosca o la mancanza di una dissociazione, essendo sufficiente la potenzialità, attuale e concreta, di collegamenti con l’ambiente criminale.

Quali sono i limiti del ricorso in Cassazione contro un’ordinanza sul 41-bis?
Il ricorso è ammesso solo per ‘violazione di legge’. Ciò include l’inosservanza di norme sostanziali o processuali e l’assenza totale di motivazione, o una motivazione meramente apparente, illogica o talmente carente da non rendere comprensibile il percorso decisionale del giudice. Non è possibile chiedere alla Cassazione una nuova valutazione dei fatti.

La pericolosità sociale del detenuto è un elemento centrale per la proroga del 41-bis?
Sì. La decisione si basa sulla verifica della capacità del soggetto di mantenere collegamenti con la criminalità organizzata e sulla sua pericolosità sociale, valutando tutti gli elementi, anche non sopravvenuti, che rivelano la permanenza delle condizioni di pericolo originarie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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