Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26136 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26136 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso R.G. n. 8857/2018
promosso da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO, presso lo studio legale RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale in calce al ricorso per cassazione;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ;
– intimata con atto di costituzione – proposto avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 3842/2017, pubblicata il 21/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME; letti gli atti del procedimento in epigrafe;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 24-25/03/2009, COGNOME NOME chiedeva al Tribunale di Napoli di accertare e dichiarare la illegittima occupazione del bene immobile sito a Portici, in Catasto al foglio 3, particella 1786, disposta dall’RAGIONE_SOCIALE e, per essa, dalla RAGIONE_SOCIALE, in assenza di un provvedimento di proroga dell’occupazione temporanea d’urgenza successivo a quello del 19/03/2008 e, per l’effetto , ordinare a ll’ RAGIONE_SOCIALE la restituzione del bene illegittimamente occupato, con condanna della stessa al risarcimento del danno derivante dalla diminuzione del valore di mercato de ll’immobile , dovuta al degrado del medesimo derivato dalla mancata manutenzione ordinaria dalla data di immissione in possesso (08/07/2003), nonché con condanna dell’RAGIONE_SOCIALE in solido con RAGIONE_SOCIALE al pagamento di una somma pari a tutti i canoni di locazione rapportati al valore locativo del bene a far tempo dalla data di immissione nel possesso (08/07/2003) e all’ulteriore risarcimento derivante dal diminuito valore di mercato dello stesso dal luglio 2003 alla data di restituzione.
Nel contraddittorio delle parti, espletata CTU, il Tribunale condannava solo la RAGIONE_SOCIALE alla restituzione dei beni occupati risultanti dal verbale di immissione in possesso dell’08/07/2003, nonché al pagamento della complessiva somma di € 7.250, 54, per il periodo di occupazione conteggiato dal CTU, unitamente alle somme successivamente maturate fino alla data di rilascio del bene, oltre interessi legali e maggior danno (specificamente determinati) dalla mora al pagamento. Il Tribunale, in particolare, riteneva che non potesse essere addebitata alla RAGIONE_SOCIALE la cessazione del rapporto di locazione
del villino dal mese di agosto 2003, perché il villino non era stato oggetto di occupazione ( sebbene l’opera pubblica originariamente prevedesse l’innalzamento della sede stradale con demolizione e interramento proprio di quel villino), che aveva interessato solo l’area ad esso antistante, con la conseguenza che la decisione dell’affittuaria di lasciare l’immobile doveva essere ricollegata ad una libera scelta d i quest’ultima .
COGNOME NOME proponeva appello, nei confronti delle due società convenute, censurando, in primo luogo, la statuizione del primo giudice nella parte in cui aveva accolto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dell’RAGIONE_SOCIALE, chiedendo, con il secondo motivo di appello, la riforma della decisione anche nella parte in cui aveva escluso che l’occupazione avesse riguardato il villino. L’appellante chiedeva , infine, la riforma della sentenza impugnata, ove aveva escluso il risarcimento del danno per la mancata esecuzione delle opere manutentive durante l’occupazione.
La Corte d’appello , con sentenza depositata il 21.9.2017, accoglieva le prime due censure e, dichiarata inammissibile l’ultima , condannava entrambe le appellate in solido al pagamento della somma determinata dal primo giudice ed anche al risarcimento del danno subito dall’appellante , consistente nella perdita dei proventi derivanti dalla locazione del villino, dall’occupazione , intervenuta a partire dall’08/07/2003 , al mese di novembre 2013 (data di restituzione delle aree occupate).
Per quanto ancora d’interesse, c on riferimento al secondo motivo di impugnazione, la Corte territoriale affermava che: dalla consulenza svolta in primo grado emergeva con certezza che il decreto di occupazione non avesse riguardato il villino e che l’occupazione avesse materialmente avuto ad oggetto un’area di mq 60 ad esso antistante; era, infatti, pacifico che la demolizione di detto villino, prevista nel progetto originario dell’opera pubblica, consistente nell’ampliamento del tratto autostradale A3 Napoli-
Pompei -Salerno, non era stata attuata e, soprattutto, che non era stata eseguita neppure la materiale occupazione del bene.
Tali circostanze , secondo la Corte d’appello, emergevano con nettezza dalle dichiarazioni dei testi riportate nella sentenza di primo grado, i quali avevano ricordato che gli incaricati delle RAGIONE_SOCIALE avevano posizionato dei macchinari per il rilievo all’interno del complesso ‘ Villa Cozzolino ‘ e in prossimità del villino in questione (dichiarazioni testimoniali rese dalla conduttrice del villino e dal teste COGNOME NOME).
La stessa Corte ha però ritenuto che, sebbene la demolizione del villino non fosse successivamente intervenuta, l’occupazione dell’area ad esso antistante con attrezzature di cantiere e macchinari, avvenuta sostanzialmente nel cortile del villino, unitamente alla ragionevole certezza, all’epoca dell’occupazione, della realizzazione dell’opera pubblica come in origine progettata (che prevedeva la demolizione del villino), avessero determinato la decisione della conduttrice di risolvere il contratto di locazione in data 31/07/2003, poco dopo l’ immissione in possesso della RAGIONE_SOCIALE, avvenuta il 08/07/2003. Ad opinione della Corte, dunque, su un piano di regolarità causale, doveva ritenersi eziologicamente collegato l’abbandono del villino da parte della conduttrice successivamente all’occupazione dell’area, che, in quel momento, si presentava finalizzata alla prospettata demolizione del villino stesso, per consentire l’innalzamento della sede stradale.
In ordine al quantum del danno, la Corte d’appello ha ritenuto di poter considerare il canone contrattualmente previsto da agosto 2003 a settembre 2010, pari a complessivi € 76.887,38, oltre ai canoni da ottobre 2010 a novembre 2013 (data di restituzione dell’area ) , nella misura del canone mensile di € 981,26, oltre rivalutazione e interessi sulle somme annualmente rivalutate fino al novembre 2013 e interessi legali fino al saldo.
La stessa Corte d’appello ha, poi, ritenuto inammissibile l’ulteriore motivo di gravame, con il quale l’appellante aveva censurato la statuizione del primo giudice, laddove aveva respinto la domanda di risarcimento del danno subito dall’immobile per la mancata esecuzione delle opere manutentive a causa dell’ occupazione che aveva comportato una parziale impossibilità di godimento.
La Corte ha, in particolare, rilevato che il Tribunale aveva ritenuto che l’occupazione delle aree non avesse impedito l’accesso al villino e che era rimasto del tutto sprovvisto di prova l’assunto del COGNOME, secondo il quale l’area antistante al villino, effettivamente occupata dalla società appellata , fosse necessaria per l’espletamento di tali interventi , aggiungendo che l’appellante non aveva censurato tale ratio della decisione.
Avverso detta sentenza, RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
COGNOME NOME si è difeso con controricorso.
RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE ha solo depositato un tardivo atto di costituzione, nel quale si è limitato a chiedere il rigetto del ricorso senza svolgere difese (oltre a chiedere la propria audizione).
Il controricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis .1 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è formulata la seguente censura: «VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI NORME DI DIRITTO EX ART. 360, co. l, n. 3), c.p.c.: artt. 2043, 2697 c.c.; artt. 3 e 4 L.392/78; artt. 115 e 116 c.p.c. – sotto l’aspetto dell’omessa e/o erronea applicazione di norme, giudicando in contraddizione con prescrizioni di diritto, ovvero omettendo norme di diritto e giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti -VIOLAZIONE dell’ art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. perché la Corte d’Appello non ha posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè ha giudicato in contraddizione con la prescrizione
delle norme ovvero perché ha giudicato omettendo la regola di cui all’art.2697 c.c., implicitamente, giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti (Cass. n. 5009 del 28/2/2017; Cass. n. 922 del 17/1/2017).»
Con il secondo motivo di ricorso è formulata la seguente censura: «VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI NORME DI DIRITTO EX ART. 360, co. l, n. 5), c.p.c.: artt. 115 e 116 c.p.c. sotto l’aspetto della erronea e/o omessa considerazione delle risultanze istruttorie e della relazione del ctu, nonché di aspetti e fatti decisivi e discussi dalle parti – ILLOGICA E CONTRADDITTORIA MOTIVAZIONE DIFETTO DI MOTIVAZIONE per aver violato gli artt. 115 e 116 c.p.c. avendo commesso un errore di fatto valutando esistenti prove che invece non erano state allegate dalle parti (Cass. n. 23940 del 12/10/2017) – VIZIO MOTIVAZIONALE perché la Corte di Appello ha esaminato la questione oggetto di doglianza, ma ne ha totalmente pretermesso uno specifico fatto storico (non apprensione del villino; mancanza di progetti esecutivi che prevedevano l’abbattimento; mancanza di opere che impedivano l’accesso al villino ed il suo libero godimento) – (Cass. Ord. n. 13214 del 25/5/2017; Cass. n. 13960 del 19/6/2014; Cass. Ord. n. 21257 del 8/10/2014).»
Con il terzo motivo di ricorso è formulata la seguente censura: «VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI NORME DI DIRITTO EX ART. 360, co. l, n. 5), c.p.c.: artt. 115 e 116 c.p.c. sotto l’aspetto della erronea e/o omessa considerazione delle risultanze istruttorie e della relazione del ctu, nonché di aspetti e fatti decisivi e discussi dalle parti – ILLOGICA E CONTRADDITIORIA MOTIVAZIONE DIFETIO DI MOTIVAZIONE in quanto le prove del danno (se sussistenti) riguardavano solo il periodo dal 2003 al 2007 (epoca di approvazione della variante) ovvero allorquando era noto con certezza che non si sarebbe mai occupato nessuna area del sig. COGNOME (nemmeno quella di mq.60) né si sarebbe demolito il villino, né si sarebbe innalzata la strada pubblica tale da rendere interrato il
villino- VIZIO MOTIVAZIONALE perché la Corte di Appello ha esaminato la questione oggetto di doglianza, ma ha totalmente pretermesso uno specifico fatto storico (approvazione della variante all’originario progetto, approvata dall’ RAGIONE_SOCIALE il 14/12/2007; non apprensione del villino; mancanza di progetti esecutivi che prevedevano l’abbattimento; mancanza di opere che impedivano l’accesso al villino ed il suo libero godimento da dicembre 2007 al 2013) – (Cass. Ord. n.13214 del 25/5/2017).»
Con il quarto motivo di ricorso è formulata la seguente censura: «VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI NORME DI DIRITTO EX ART. 360, co. I, n. 5), c.p.c.: artt. 115 e 116 c.p.c. sotto l’aspetto della erronea e/o omessa considerazione delle risultanze istruttorie e della relazione del ctu, nonché di aspetti e fatti decisivi e discussi dalle parti – ILLOGICA E CONTRADDITTORIA MOTIVAZIONE DIFETTO DI MOTIVAZIONE in quanto la misura del risarcimento del danno decisa dalla Corte d’Appello, pur rifacendosi alle risultanze della CTU, prevede la maggiorazione degli interessi e della rivalutazione, relativamente a somme determinate dal CTU che invece già contenevano interessi e rivalutazione.»
Con il quinto motivo di ricorso è formulata la seguente censura: «VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI NORME DI DIRITTO EX ART. 360, co. l, n. 4 e 5), c.p.c.: artt. 669 bis e ss, 91 e 92 ed artt. 112, 115 e 116 c.p.c. sotto l’aspetto della omessa pronuncia sulla domanda di condanna alle spese e competenze dei due giudizi cautelari (700 e 669 terdecies cpc), nonché di aspetti e fatti decisivi e discussi dalle parti -ILLOGICA E CONTRADDITTORIA MOTIVAZIONE.»
Occorre preliminarmente rilevare la validità della notifica del ricorso per cassazione all’RAGIONE_SOCIALE , effettuata presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, che ha difeso l’ente in grado di appello.
Va premesso che i motivi di censura in questa sede sono incentrati tutti sul l’accoglimento del secondo motivo di appello , riferito al risarcimento del danno conseguente alla cessazione del rapporto di locazione del villino, che la Corte di appello ha ritenuto eziologicamente connessa con l’intervenuta occupazione.
il Collegio ritiene che, in applicazione del principio della ragione più liquida, il ricorso possa essere accolto in relazione al secondo e al terzo motivo, sia pure nei limiti di seguito evidenziatiassorbiti gli altri motivi- nella parte relativa al dedotto difetto di motivazione.
5.1. Com’è noto, in virtù della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. (introdotta dall’art. 54, comma 1, lett. b), d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. in I. n. 134 del 2012) non è più consentita l’impugnazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c. «per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio» , ma soltanto «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» .
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la richiamata modifica normativa ha avuto l’effetto di limitare il vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In particolare, la riformulazione appena richiamata deve essere interpretata alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 prel., come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è divenuta denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In altre parole, a seguito della riforma del 2012 è scomparso il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della stessa, ossia il controllo riferito a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (v. ancora Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass., Sez. 1, n. 13248 del 30/06/2020).
Ricorre, dunque, il vizio in questione, quando la decisione, benché graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 13248 del 30/06/2020).
Tale evenienza si verifica non solo nel caso in cui la motivazione sia meramente assertiva, ma anche qualora sussista un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, perché non è comunque percepibile l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non è possibile effettuare alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 12096 del 17/05/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018).
Alle stesse conseguenze è assoggettata una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, poiché anche in questo caso non è possibile comprendere il ragionamento seguito dal giudice e, conseguentemente, effettuare un controllo sulla correttezza dello stesso (cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
Ovviamente il controllo della motivazione del giudice di merito, nei limiti sopra indicati, non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto tale giudice ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe, pur a fronte di un possibile diverso inquadramento degli elementi probatori valutati, in una nuova formulazione del giudizio di fatto (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16526 del 05/08/2016).
5.2. Nel caso di specie, con il secondo motivo di ricorso la ricorrente ha formulato plurime censure, compreso il dedotto vizio di motivazione, ove, in particolare, ha denunciato quanto segue: « Non si capisce, insomma, perché se il villino non fu oggetto di occupazione, né tantomeno fu minacciata a taluno la demolizione e/o l’interramento del villino (contrariamente a quanto asserito da controparte), sì come non sussisteva nessuna “impossibilità ad accedere al bene” (atteso che, come risulta anche dal verbale dello stato di consistenza dell’8/7/03, non era mai stato intercluso alcun bene né tantomeno la occupazione aveva mai interessato il fabbricato a margine dell’esproprio), il Giudice dell’appello abbia di poi deciso che sussistessero attività illecite poste in essere dalla RAGIONE_SOCIALE tali da giustificare la condanna al risarcimento dei danni da illegittima occupazione dal 2003 e fino al 2013. Il ché conferisce alla sentenza de qua ed alla motivazione in essa contenuta evidenti insanabili vizi in quanto manca l’indicazione degli elementi da cui il Giudice avrebbe tratto il convincimento, ovvero li ha indicati senza compiere alcuna approfondita disamina logica e giuridica, rendendo perciò la motivazione assolutamente inidonea a consentire il controllo delle ragioni che sono state poste a fondamento della decisione.» (v. soprattutto p. 31 e 32 del ricorso per cassazione).»
Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente ha ribadito tale censura, nella parte in cui ha evidenziato che il giudice di appello non ha spiegato perché le attività poste in essere dalla RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE avessero compromesso il godimento del villino quantomeno nel periodo compreso tra il 2007 al 2013, sebbene la Corte di merito avesse ritenuto che nel 2007 l’area antistante al villino era stata sgomberata (v. soprattutto p. 38 del ricorso per cassazione).
5.3. Va escluso ogni rilievo al riferimento, nel secondo motivo di ricorso, alla sussistenza o meno di minacce di demolizione o interramento dell’immobile ricevute dalla conduttrice, che non sono pertinenti alla censura formulata in termini di vizio di motivazione, dal momento che tali circostanze non emergono dalla lettura della sentenza.
5.4. Per il resto, invece, si deve tenere presente che, come si evince anche dalla lettura della sentenza impugnata, COGNOME NOME ha appellato la decisione di primo grado, deducendo che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, anche il villino era stato di fatto occupato, chiedendo che venisse risarcito il danno cagionato dalla illegittima occupazione, che, secondo la parte, aveva determinato il recesso della conduttrice dal contratto di locazione del villino stesso.
La Corte d’appello ha ribadito che il villino non era stato occupato, aggiungendo, poi, che ad esso si poteva tranquillamente accedere anche dopo l’occupazione, la quale aveva interessato soltanto l’area di mq. 60 mq. ad esso antistante, ma ha ritenuto che l ‘attuale ricorrente avesse ugualmente cagionato un danno al proprietario del villino, consistente nella perdita dei canoni locativi del villino fino al mese di novembre 2013, quando è cessata l’ occupazione della diversa area occupata, per le seguenti ragioni: « Ritiene tuttavia la Corte che, sebbene la demolizione del villino non sia successivamente intervenuta, l’occupazione dell’area ad esso antistante con attrezzature di cantiere e macchinari per effettuare rilievi perdurata fino al 2007, avvenuta sostanzialmente nel cortile del villino, e la ragionevole certezza, a ll’epoca dell’ occupazione, della
realizzazione d ell’opera pubblica, abbiano determinato la decisione della COGNOME risolvere il contratto di locazione, stipulato con decorrenza dal 1/12/00, in data 31/7/03, intervenuta con l’abbandono dell’immobile e, quindi, in corso alla data del verbale di immissione in possesso dell’8/7/03. Pertanto, su un piano di regolarità causale, deve ritenersi eziologicamente collegato l’abbandono del villino da parte dell’affittuaria alla occupazione dell’area finalizzata, in quel momento alla prospettata demolizione dell’immobile propedeutico all’innalzamento della , sede stradale.»
In sintesi, la Corte di merito ha escluso l’illegittima occupazione del villino, ma ha, comunque, ritenuto che l’occupazione dell’area antistante, supportata da altri elementi, avesse indotto la conduttrice a d abbandonare l’immobile locato, così recedendo di fatto dal contratto di locazione.
Ritenuta la connessione causale tra detta occupazione e il recesso di fatto del conduttore dal contratto di locazione del villino, nella determinazione del danno, la stessa Corte ha poi ritenuto quanto segue: «In ordine al quantum del danno, esso va riconosciuto nella misura determinata dal ctu in base al canone di locazione contrattualmente previsto ai sensi della legge 431/98 in misura di € 76.887,38, pari ai canoni da agosto 2003 a settembre 2010, oltre i canoni da ottobre 2010 al novembre 2013, data di restituzione dell’area, nella misura del canone mensile di € 981,26, cui va aggiunta la rivalutazione monetaria secondo indici ISTAT contrattualmente prevista; su tale somma vanno, altresì, riconosciuti gli interessi legali sugli importi annualmente rivalutati fino al novembre 2013 ed interessi legali dalle singole scadenze al saldo.»
Nonostante la Corte di merito abbia escluso che l’occupazione avesse interessato anche il villino, il danno subito dal proprietario del villino è stato determinato proprio come se il pregiudizio subito fosse consistito nel l’illegittima occupazione del villino stesso (che la Corte
ha espressamente escluso), considerando, senza alcuna motivazione sul punto, non solo la perdita dei canoni previsto nello specifico contratto di locazione in corso al momento dell’occupazione a causa del recesso della conduttrice, ma tenendo conto anche dei canoni suscettibili di essere goduti durante tutto il periodo dell’occupazione (legittima e illegittima) dell’intera area (che, si ribadisce, non comprendeva il villino), peraltro computando il pregiudizio dal momento in cui la conduttrice si era allontanata dall’abitazione (agosto 2003) a quello in cui è stata rilasciata l’intera area occupata (novembre 2013), sebbene la stessa Corte avesse evidenziato che l’area antistante al villino era stata occupata da attrezzature di cantiere e macchinari per effettuare rilievi solo fino al 2007 (e non fino a novembre 2013).
La decisione, in sintesi, non ha reso comprensibili le ragioni della determinazione del danno come in concreto effettuata, sulla base delle argomentazioni, in fatto e in diritto, sviluppate nella sentenza impugnata.
In conclusione il secondo e il terzo motivo di ricorso devono essere accolti, nei termini di cui in motivazione, assorbiti gli altri, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, chiamata a statuire anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, nei termini di cui in motivazione, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione