Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3076 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3076 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 31786 -2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE -c.f. CODICE_FISCALE -in persona del sindaco pro tempore , elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso.
RICORRENTE
contro
CURATORE del fallimento dell’ ‘RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 2114/2019 della Corte d’Appello di Roma, udita la relazione nella camera di consiglio del 28 novembre 2023 del AVV_NOTAIO NOME COGNOME,
RILEVATO CHE
In data 29.12.2006 il Comune di Ciciliano e l’ ‘RAGIONE_SOCIALE siglavano un contratto d’appalto (cfr. ricorso, pag. 1) . In seguito, l ‘impresa appaltatrice adiva il collegio arbitrale.
Esponeva, tra l’altro, che aveva provveduto alla iscrizione della riserva n. 4 del seguente tenore:
‘dal 30/06/09 al 26/03/10, il cantiere non è stato ancora preso in consegna dalla Committenza, costringendoci a mantenere un presidio sul posto, con uomini, mezzi, materiali ed attrezzature. Il danno arrecato alla nostra impresa non solo è quantificabile nei maggiori costi, ma anche nella indisponibilità di risorse per effettuare nuovi lavori, e quindi mancati guadagni e aggravio percentuale di spese generali (…)’ (cfr. ricorso, pag. 7) .
Esponeva quindi che il danno di cui alla riserva n. 4 era da quantificare nel complesso in euro 163.736,70.
Chiedeva la condanna della stazione appaltante al pagamento di quanto alle riserve tutte iscritte nel corso del rapporto.
Con lodo n. 76 del 5.7.2012 il collegio arbitrale rigettava la domanda.
Con atto notificato in data 28.11.2012 l ‘ ‘RAGIONE_SOCIALE citava il Comune di Ciciliano a comparire dinanzi alla Corte d’Appello di Roma.
Chiedeva dichiararsi la nullità del lodo e, per l’effetto, accogliersi le domande già esperite in sede arbitrale.
Resisteva il Comune di Ciciliano.
I nterrotto il giudizio a seguito della dichiarazione di fallimento dell’ ‘RAGIONE_SOCIALE , il curatore fallimentare provvedeva alla riassunzione.
6. Con sentenza n. 2114/2019 la Corte d’Appello di Roma accoglieva in parte l’impugnazione ; per l’effetto, dichiarava la nullità del lodo e condannava il Comune di Ciciliano a pagare al curatore del fallimento, con riferimento alla riserva n. 4, la somma di euro 163.736,70, oltre interessi moratori ex d.lgs. n. 231/2000 e rivalutazione monetaria dalla data della costituzione in mora al soddisfo; poneva le spese del giudizio arbitrale nella misura di ½ a carico di ciascuna parte; compensava nella misura di ¾ le spese del giudizio di impugnazione e condannava il Comune a rimborsare a controparte il residuo ¼.
Reputava la corte – per quel che qui rileva -che l’impugnazione era da accogliere in ordine alla riserva n. 4.
Reputava che nessun dubbio si prospettava in ordine al colpevole ritardo della stazione appaltante nella emissione e comunicazione all’appaltatrice del certificato di collaudo (cfr. sentenza impugnata, pag. 14) .
Reputava, nel quadro delle previsioni degli artt. 20 d.m. 29.5.1895 e 34 d.P.R. n. 554/1999 e con riferimento alle spese generali, che il danno doveva reputarsi in re ipsa , derivando ‘dalla semplice circostanza del blocco totale o parziale della produzione e del prolungamento improduttivo del vincolo contrattuale’ (così sentenza impugnata, pagg. 14 – 15) .
Reputava, nel quadro delle previsioni dell’art. 25 d.m. n. 145/2000 e con riferimento al mancato utile, che l’appaltatore, in caso di forzata inattività per fatto imputabile alla stazione appaltante, subisce un pregiudizio non circoscritto al danno emergente ma comprensivo pur del lucro cessan te in dipendenza ‘del mancato conseguimento degli utili normalmente ritraibili grazie all’impiego delle attrezzature e del potenziale di cantiere (…) in altri appalti’ (così sentenza impugnata, pag. 15) .
Reputava quindi che , in considerazione dell’importanza del contratto e del ritardo dell’appaltante nella riconsegna del cantiere , appariva giustificata la riserva n. 4 sia in relazione alle voci di danno prefigurate sia in relazione all’operata quantificazione (cfr. sentenza impugnata, pag. 15) .
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Comune di Ciciliano; ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.
Il c uratore del fallimento dell’ ‘RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Del pari ha depositato memoria il controricorrente.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’ art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione dell’art. 20 d.m. 29.5.1985, dell’art. 34 d.P.R. n. 554/1999 e dell’art. 191 d.P.R. n. 207/2010; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omessa o insufficiente motivazione circa fatto controverso e decisivo per il giudizio.
De duce che l’impugnato dictum è frutto dell’omesso esame delle voci di danno esposte nella riserva n. 4.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione dell’art. 829 cod. proc. civ. e dell’art. 1362 cod. civ.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omessa o insufficiente motiva zione circa fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Premette che la valutazione dei fatti e delle prove acquisite nel corso del giudizio arbitrale è negozialmente rimessa alla competenza istituzionale degli arbitri e non può essere contestata a mezzo dell’impugnazione per nullità del lodo (cfr. ricorso, pag. 11) .
Indi, su tale scorta, deduce che la Corte di Roma non aveva alcun margine per far luogo all’accertamento circa l’ an dei lamentati danni, accertamento cui gli arbitri avevano già fatto luogo ed alla cui stregua i pretesi danni erano risultati tutti privi di adeguato riscontro probatorio (cfr. ricorso, pagg. 11 -12) .
Deduce, per altro verso, che in sede di riscontro degli asseriti danni la Corte di Roma ha omesso l’esame della lettera datata 3.7.2009, con cui l’appaltatrice ha comunicato l’ultimazione dei lavori in data 30.6.2009, e dei documenti da 22.1 a 22.7, allegati dalla medesima appaltatrice, da cui si evince che i costi del personale riguardano il periodo protrattosi fino al 30.6.2009, antecedente a quello -30.6.2009/26.3.2010 – dedotto nella riserva, così come, del resto, acclarato dal collegio arbitrale (cfr. ricorso, pagg. 12 -13) .
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2041 cod. civ. con riferimento alle risultanze istruttorie accertate nel lodo; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. pr oc. civ. l’omessa o insufficiente motivazione circa fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Deduce che ha errato la Corte di Roma a reputare il danno in re ipsa (cfr. ricorso, pag. 14) .
Deduce che nella specie -così come aveva reputato il collegio arbitrale manca la prova del fatto cui ancorare la presunzione, ossia della circostanza che il cantiere sia rimasto aperto anche dopo la fine dei lavori (cfr. ricorso, pag. 14) .
Deduce dunque che la corte d’appello non aveva margine per far luogo all’applicazione della presunzione di cui agli artt. 20 d.m. 29.5.1985 e 34 d.P.R. n. 554/1999, viepiù che il pregiudizio doveva escludersi alla luce della lettera datata 3.7.2009 e dei documenti da 22.1 a 22.7 allegati dall’appaltatrice , di cui la corte distrettuale ha omesso l’esame (cfr. ricorso, pagg. 14 -15) .
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione dell’art. 25 d.m. n. 145/2000; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omessa o insufficiente motivazione circa fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Deduce che la Corte di Roma è incorsa in errore allorché ha riconosciuto il mancato guadagno (cfr. ricorso, pag. 16) .
Deduce che l’art. 25 cit. riguarda esclusivamente le ‘sospensioni totali o parziali dei lavori disposte dalla stazione appaltante’.
Deduce che nella specie, così come si desume dalla lettera del 3.7.2009, di cui la corte d’appello ha omesso l’esame, i lavori sono terminati il 30.6.2009 e l’appaltatrice non ha prodotto alcun ordine di sospensione dei lavori della committente o del direttore dei lavori ovvero alcun atto di costituzione in mora (cfr. ricorso, pag. 17) .
Si giustifica la disamina contestuale dei motivi di ricorso, propriamente giacché l’ordine logico secondo cui deve attendersi alla loro delibazione, non può, a rigore, riflettere la successione dei medesimi mezzi di impugnazione quale articolata dal ricorrente.
Va debitamente premesso che il giudizio di impugnazione del lodo arbitrale ha ad oggetto unicamente la verifica della legittimità della decisione resa dagli arbitri, non il riesame delle questioni di merito ad essi sottoposte,
sicché l ‘ accertamento in fatto compiuto dagli arbitri non è censurabile nel giudizio di impugnazione del lodo, salvo che la motivazione sul punto sia completamente mancante o assolutamente carente (cfr. Cass. (ord.) 18.9.2020, n. 19602; Cass. 8.6.2007, n. 13511) .
Tuttavia, occorre tener conto che, ai sensi dell’art. 48 , 1° co., del dec. leg. n. 83 del 22.6.2012, in vigore dal 26.6.2012 e convertito con modificazioni nella legge n. 134 del 7.8.2012, ‘nei giudizi arbitrali per la risoluzione di controversie inerenti o comunque connesse ai lavori pubblici , forniture e servizi il lodo è impugnabile davanti alla Corte d’appello, oltre che per motivi di nullità, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia’.
Al contempo, che il 2° co. dell’art. 48 cit. soggiunge che ‘la disposizione di cui al comma 1 si applica anche ai giudizi arbitrali per i quali non sia scaduto il termine per l’impugnazione davanti alla Corte d’appello alla data di entrata in vigore del pr esente decreto’.
Ebbene, il disposto del 1° co. dell’art. 48 cit. si applica senz’altro nella specie. Difatti, gli arbitri hanno nel caso de quo pronunciato il lodo n. 76 il 5.7.2012, sicché a tale data, successiva al dì di entrata in vigore del dec. leg. n. 83/2012, a fortiori non era scaduto il termine per l’impugnazione innanzi alla Corte d’Appello di Roma (ben vero, la previsione de l 3° co. dell’art. 829 cod. proc. civ., secondo cui ‘l’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge’, quale co nseguente alla riforma di cui al d.lgs. n. 40 del 2.2.2006, si applica ai procedimenti arbitrali nei quali la
domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo; e, nella specie, il contratto d’appalto è stato siglato il 29.12.2006 e la domanda di arbitrato è datata 9.4.2010: cfr. ricorso, pagg. 1 -2) .
Nella prospettiva testé delineata va soggiunto che la denuncia di nullità del lodo arbitrale, ai sensi dell ‘ art. 829, 2° co., cod. proc. civ., per inosservanza delle regole di diritto ‘ in iudicando ‘ è ammissibile solo se circoscritta entro i medesimi confini della violazione di legge opponibile con il ricorso per cassazione ex art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. (cfr. Cass. (ord.) 31.7.2020, n. 16559) .
15. Alla luce dei premessi rilievi la Corte di Roma aveva senza dubbio margine per far luogo al riscontro degl i ‘ errores in iudicando ‘ che avessero eventualmente inficiato il disconoscimento -da parte del collegio arbitrale della pretesa risarcitoria correlata alla riserva n. 4 (si tenga conto che le sezioni unite di questa Corte spiegano da tempo che, riguardo al giudizio di impugnazione delle pronunce arbitrali, l’unificazione della fase rescindente e della fase rescissoria non costituisce causa di nullità dell’intero procedimento, qualora il giudice abbia tenuto distinte sul piano logico, giuridico e concettuale le due fasi e, dopo aver pronunciato sulla nullità, abbia esaminato le conclusioni di merito, ritualmente precisate dalle parti, e ritenuto di poter pronunciare la decisione definitiva in base agli elementi di prova già acquisiti al processo arbitrale ed alle constatazioni compiute dagli arbitri: cfr. Cass. sez. un. 8.10.2008, n. 24785; Cass. sez. un. 9.12.1996, n. 10955) .
E, in questi termini, non può che opinarsi come segue.
Per un verso, la circostanza per cui il diritto al risarcimento dei danni sia, al 1° co. dell’art. 25 del d.m. n. 145 del 19.4.2000 (articolo abrogato dall’art. 358,
1° co., del d.P.R. n. 207 del 5.10.2010) , correlato alle sospensioni dei lavori disposte dalla stazione appaltante per cause diverse da quelle di cui all’art. 24 del medesimo d.m. – così come si prospetta con il quarto mezzo – di certo non esclude che danni possano prodursi , per l’appaltatrice, come nella specie, ‘ qualora il cantiere non è stato ancora preso in consegna dalla Committenza ‘ (cfr. ricorso, pag. 7) in dipendenza degli ‘oneri conseguenti al mantenimento dello stesso’ (così memoria controricorrente, pag. 9) .
Per altro verso, non hanno propriamente valenza le doglianze dell’ente pubblico ricorrente -veicolate dal terzo mezzo e dal secondo mezzo -secondo cui manca la prova del fatto, ossia della circostanza che il cantiere sia rimasto aperto anche dopo la fine dei lavori, e secondo cui alla stregua dell’accertamento cui gli arbitri avevano fatto luogo, i pretesi danni erano risultati privi di adeguato riscontro probatorio.
Evidentemente, in tal guisa, il Comune di Ciciliano sollecita questa Corte allo scrutinio di profili rigorosamente di merito, scrutinio, invero, già precluso alla corte territoriale.
Per altro verso ancora, il ricorrente non ha margine per dolersi -reiteratamente dell’omesso esame della lettera datata 3.7.2009, con cui l’appaltatrice ha comunicato l’ultimazione dei lavori in data 30.6.2009, e dei documenti da 22.1. a 22.7, allegati dalla medesima appaltatrice.
D ‘altronde , per giunta al di fuori del ‘ contesto arbitrale ‘ , questa Corte spiega che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque -è il caso di specie – preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. (ord.) 29.10.2018, n. 27415) .
Le operate puntualizzazioni, tuttavia, non escludono il buon fondamento del difetto motivazionale denunciato con il primo mezzo di impugnazione, primo mezzo che dunque è senz’altro da accogliere.
Si configura propriamente il vizio di motivazione ‘apparente’ (che ricorre quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro approfondita disamina logico giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito: cfr. Cass. sez. un. 3.11.2016, n. 22232; Cass. (ord.) 1.3.2022, n. 6758; Cass. 21.7.2006, n. 16762) .
Più esattamente, l ‘ ‘ anomalia motivazionale ‘ denunciata -sub specie di ‘omessa motivazione’ – è senza dubbio riflessa dalle scarne ed apodittiche affermazioni cui la Corte di Roma ha ancorato la quantificazione del pregiudizio.
Invero, da un lato, indubitabilmente il quantum dei danni pretesi mercé la riserva n. 4 è stato dall’appaltatrice ragguagliato a costi orari e giornalieri (cfr. ricorso, pagg. 7 – 8) .
In vero, d’altro lato, la Corte di Roma ha recepito sic et simpliciter sia l’articolazione delle singole voci di danno sia le correlate quantificazioni operate dall’appaltatrice e non ha al riguardo atteso al debito critico vaglio (cfr. sentenza impugnata, pag. 15) .
Evidentemente, nel quadro della disciplina di riferimento, non sono bastevoli ai fini dell’assolvimento dell’onere motivazionale i generici richiami -operati dalla corte distrettuale all’importanza del contratto, al ritardo colpevole dell’appaltante ed alla correttezza tout court della riserva.
E ciò tanto più che il Comune di Ciciliano si era doluto, innanzi alla corte territoriale, giacché non si era fatto luogo in sede arbitrale all’ammissione delle richieste istruttorie e di c.t.u. (cfr. sentenza impugnata, pag. 5) .
In accoglimento del primo motivo di ricorso la sentenza n. 2114/2019 della Corte d’Appello di Roma va cassata con rinvio alla stessa corte d’appello in diversa composizione. In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
In dipendenza del parziale buon esito del ricorso non sussistono i presupposti processuali perché, ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002, il ricorrente sia tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del 1° co. bis dell’art. 13 d.P.R. cit.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
accoglie il primo motivo di ricorso, cassa, in relazione al medesimo motivo, la sentenza n. 2114/2019 della Corte d’Appello di Roma e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
rigetta il secondo motivo, il terzo motivo ed il quarto motivo di ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte