Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10875 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10875 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13780/2019 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME
-controricorrenti-
nonché
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 362/2019 depositata il 18/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Lucca COGNOME NOME e NOME, esponendo di aver venduto a COGNOME NOME e a COGNOME NOME, che aveva ceduto la sua quota a COGNOME NOME, una porzione di terra, consentendo agli acquirenti di trasformare il box esistente in lamiera, a confine tra l’area venduta e l’area residua dei venditori, in un box in muratura.
I venditori avevano consentito agli acquirenti di aprire nuove finestre anche a distanza inferiore a quella legale purché di tipo vasistas.
L’attore lamentò che la costruzione in muratura aveva un’altezza superiore a quella prevista dal contratto e che, per quel che ancora rileva in questa sede, le convenute avevano commesso una serie di abusi, costituendo illegittime servitù a carico del fondo dell’attore; chiese, pertanto, la riduzione in pristino ed il risarcimento dei danni.
Le convenute si opposero alla domanda e spiegarono anche una domanda risarcitoria in via riconvenzionale; nel corso del giudizio, intervenne la RAGIONE_SOCIALE, che lamentava a sua volta danni relativi al ritardo e ai maggiori costi dei lavori intrapresi nei locali presi in locazione dalle convenute.
1.1. Il Tribunale di Lucca accolse, per quanto di ragione, la domanda principale.
1.2. La Corte d’appello di Firenze accolse parzialmente l’appello delle convenute COGNOME NOME e COGNOME NOME e le condannò, per quanto interessa, ad abbassare di trenta centimetri il tetto della costruzione del nuovo corpo di fabbrica di cui al n A.
In particolare, la Corte richiamò le conclusioni del CTU, il quale aveva accertato che le convenute avevano rialzato la costruzione di circa 22 cm in più rispetto a quanto concesso dall’accorpamento del volume box metallico ; quanto alle ulteriori violazioni, che comportavano l’illegittima costituzione di servitù, in relazione alle quali il Tribunale aveva disposto la rimessione in pristino, la Corte d’appello ritenne che l’esistenza di una servitù per destinazione del padre
di famiglia era stata dedotta solo in grado d’appello, in violazione dell’art. 345 c.p.c.
COGNOME NOMECOGNOME unitamente a NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME (questi ultimi in qualità di eredi di NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello sulla base di tre motivi.
2.1. NOME, NOME e NOME COGNOME in qualità di eredi di NOME COGNOME hanno resistito con controricorso
2.2. RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie
illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, anche in relazione agli artt. 112 e 359 c.p.c., per avere la Corte d’appello condannato i convenuti ad abbassare il tetto di trenta centimetri, nonostante l’eccesso in altezza corrispondesse a ventidue centimetri. La statuizione della sentenza impugnata avrebbe omesso l’esame del fatto decisivo, risultante dalla stessa motivazione della sentenza, che avrebbe determinato in ventidue centimetri e non in trenta centimetri la maggiore altezza del nuovo fabbricato, in conformità alle conclusioni del CTU. Conseguentemente, la Corte avrebbe dovuto limitare la condanna a tale minor volume, pari a ventidue centimetri, indicati nella CTU, e non a trenta centimetri.
1.1. Il motivo è fondato.
Come affermato dalle Sezioni Unite il ricorso per cassazione deve essere articolato in specifiche censure riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad uno dei cinque motivi di impugnazione previsti dall’art. 360, comma 1 c.p.c., sicché, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di uno dei predetti motivi, è indispensabile che le censure individuino con chiarezza i vizi prospettati, tra quelli inquadrabili nella tassativa griglia normativa (cfr. Sez. U – , Ordinanza n. 32415 del 08/11/2021).
Nel caso di specie, i ricorrenti, pur avendo menzionato fuori luogo l’art. 112 c.p.c., hanno censurato in sostanza il vizio motivazionale, per avere la Corte d’appello disposto la condanna ad abbassare il rialzo della nuova costruzione di trenta centimetri, pur avendo accertato che il rialzo fosse pari a ventidue centimetri.
In materia di vizio di motivazione, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 8053 del 7.4.2014., hanno affermato che la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22.6.2012., n. 83, art. 54, convertito nella L. 7.8.2012., n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si traduce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’.
Poiché la sentenza, sotto il profilo della motivazione, si sostanzia nella giustificazione delle conclusioni, oggetto del controllo in sede di legittimità è la plausibilità del percorso che lega la verosimiglianza delle premesse alla probabilità delle conseguenze ovvero nell’ipotesi in cui le argomentazioni siano svolte con passaggi logici talmente incongrui da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (C assazione civile sez. un., 30/01/2023, n.2767; Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016 Rv. 641526; Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022 Rv. 664061; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019 Rv. 654145).
Tornando al caso in esame, effettivamente nella sentenza impugnata si colgono affermazioni assolutamente inconciliabili perché l’ordine di abbassamento di un tetto di 30 cm per regolarizzare un abuso non si concilia con il previo accertamento di un corrispondente illegittimo rialzo non di 30, ma di 22 centimetri, in assenza di giustificazioni: il vizio di motivazione, come interpretato dalla costante giurisprudenza di questa Corte, appare quindi sussistente e comporta la cassazione della sentenza per nuovo esame.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 112 e 359 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto, quanto alle altre violazioni che costituivano una illegittima servitù sul fondo degli attori, che la deduzione della costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia fosse stata dedotta solo in grado d’appello, in violazione dell’art. 345 c.p.c., mentre, invece, già in primo grado le convenute avrebbero formulato eccezione riconvenzionale sul punto. I testi avrebbero, infatti, confermato che il pozzo artesiano, la pompa autoclave, il cancello, l’antenna della televisione, i cavi telefonici, le tubazioni di conduzione del gas e i cavi elettrici erano preesistenti e posti al servizio dei fondi alienati.
2.1. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, non avendo le ricorrenti dimostrato che l’eccezione di servitù per destinazione del padre di famiglia fosse stata sollevata tempestivamente nel giudizio di primo grado, allegando o trascrivendo la parte della comparsa di costituzione in cui era stata sollevata l’eccezione, né era sufficiente, a tal fine, fare riferimento alle dichiarazioni dei testi.
L’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità, ove sia denunciato un ” error in procedendo “, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche puntualmente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, dovendo tale specificazione essere contenuta, a pena d’inammissibilità, nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso. Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di precisare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto al giudice d’appello, riportandone il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità, non potendo limitarsi a
rinviare all’atto di appello (Cassazione civile sez. I, 06/09/2021, n.24048; Cassazione civile sez. trib., 29/09/2017, n.22880).
Peraltro, risulta dalla sentenza impugnata (pag. 4) che le convenute proposero domanda riconvenzionale al solo fine di richiedere il risarcimento del danno derivante dal ritardo e dai maggiori costi dei lavori per il rifiuto dell’attore di consentire l’esecuzione di lavori.
Resta logicamente assorbito il terzo motivo con il quale si contesta il regolamento delle spese di lite.
La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.
Il giudice del rinvio regolerà le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo ed assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, in data 12 febbraio 2025.