Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 17055 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 17055 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12693/2021 R.G. proposto da:
CONDOMINIO INDIRIZZO TARANTO, COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOMENOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME DI NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME LA NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOMENOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME
– ricorrenti –
RAGIONE_SOCIALE rappresentate e difese da ll’avvocato COGNOME
– controricorrenti –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimate – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI LECCE – SEZ.DIST. DI TARANTO n. 357/2020, depositata il 27/10/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso al Tribunale di Taranto del 23.02.2011, il condominio di INDIRIZZO (‘il Condominio’) , sito in Taranto, e i condòmini indicati in epigrafe, invocavano espletamento di A.T.P. onde accertare la presenza di gravi difetti di costruzione concernenti parti sia comuni sia in proprietà esclusiva.
A tal fine, convenivano in giudizio la società venditrice, RAGIONE_SOCIALE che, costituitasi, chiamava in causa la società RAGIONE_SOCIALE (oggi: RAGIONE_SOCIALE), quale ditta appaltatrice, oltre alle Società subappaltatrici, segnatamente la ditta Greco Ferdinando e la ditta RAGIONE_SOCIALE A loro volta la ditta di COGNOME Ferdinando Antonio e la società RAGIONE_SOCIALE convenivano in giudizio le rispettive società di assicurazione, Milano Assicurazioni e Unipolsai.
Espletate le operazioni peritali nell’ambito dell’A.T.P., il Condominio e i condòmini convenivano in giudizio le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE Due, nonché l’RAGIONE_SOCIALE (quest’ultima chiamava in causa RAGIONE_SOCIALE) chiedendone solidale condanna al risarcimento danni per tutti i vizi accertati, contestando al contempo la completezza dell’indagine svolta dal consulente per l’errata quantificazione dei costi necessari all’eliminazione dei danni, comprensivi della diminuzione del valore degli appartamenti
soprattutto in ordine alla sottovalutata presenza del fenomeno della «carbonatazione».
Si costituivano le convenute eccependo, tra l’altro, la tardività della denuncia dei vizi.
Il Tribunale di Taranto, senza procedere ad ulteriore attività istruttoria, accoglieva le domande attoree con riferimento a taluni difetti gravi, condannando in solido le società RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore del C ondominio di €. 293.877,00, ed in favore dei singoli condòmini delle somme indicate in dispositivo, oltre rivalutazione ed interessi.
Decidendo sul gravame elevato dalle due società soccombenti, la Corte d’Appello di Lecce -Sez. distaccata di Taranto con la sentenza in epigrafe -espletata integrazione della C.T.U. già svoltasi in fase di A.T.P. – rigettava l’appello principale formulato da RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE e accoglieva parzialmente l’appello incidentale elevato dal Condominio e dai condòmini.
Per quel che qui ancora rileva, con riferimento al primo motivo dell’appello incidentale (riguardante il mancato riconoscimento del diritto al risarcimento del danno per la sussistenza del fenomeno della carbonatazione, quantificabile nella misura del 20% del prezzo di acquisto degli immobili) la Corte territoriale affermava che non sarebbe stato possibile attribuire al detto fenomeno un’incidenza sul sinallagma contrattuale, concernente decine di compravendite, tale da rendere ragionevolmente congrua l’ipotesi dell’esistenza di un prospettato danno consistente nel minor valore degli appartamenti. La Corte perveniva a tale conclusione sulla base delle risultanze della C.T.U. secondo la quale il fenomeno della carbonatazione non concerneva elementi strutturali con funzioni essenziali dei fabbricati, e comunque i vizi rilevati potevano essere totalmente eliminati con le operazioni di ripristino diligentemente descritte nella relazione peritale e comprese nelle necessarie spese per cui è statuizione risarcitoria.
Avverso la suddetta pronuncia propongono ricorso per cassazione il condominio di INDIRIZZO nn. 23 – 25 -27 e i condòmini indicati in epigrafe, affidandolo ad un unico motivo.
Resistono RAGIONE_SOCIALE
In prossimità dell’adunanza entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si deduce omesso esame della perizia di secondo grado, e delle risposte alle osservazioni allegate, espletata nel corso del secondo grado di giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5) cod. proc. civ. I ricorrenti lamentano che, pur avendo la Corte autorizzato un supplemento di perizia, nominando il medesimo consulente che aveva steso la perizia nell’A.T.P. nella sentenza impugnata, essa ha totalmente pretermesso qualsiasi valutazione, critica o indiretta delle risultanze ivi riportate. Tale omissione, a giudizio dei ricorrenti, è grave, in quanto, da un lato, le conclusioni cui è giunto il CTU nella perizia di secondo grado contraddicono integralmente quanto ha statuito la Corte; dall’altro lato, la relazione del C.T.U. fatta propria dalla Corte è stata da questa utilizzata sull’errato convinciment o che con essa il consulente si fosse espresso sul vizio di vetustà lamentato dalle parti ricorrenti in sede di appello. Più precisamente: dalla lettura della parte di sentenza impugnata emerge con chiarezza che la Corte territoriale ha omesso qualsiasi riferimento alle risultanze derivate dall’integrazione di perizia effettuata nel corso del giudizio d’appello . Infatti, il quesito rivolto alla perizia integrativa in sede di appello riguardava espressamente la sussistenza di un pregiudizio ai fabbricati causato dalla carbonatazione (accertata nella perizia di cui al procedimento di ATP e presente sul fabbricato per cui è causa), tale da tradursi nel minor valore e/o in un indice di straordinaria vetustà anticipata, nonché nel costo per la rimozione ovvero nella determinazione del danno per equivalente, in percentuale al prezzo di acquisto di ciascun
immobile o dell’intero stabile. A tale quesito il C.T.U. rispondeva con la perizia integrativa, concludendo nel senso dell’accertamento dell’esistenza del fenomeno della carbonatazione, afferma ndo che esso è un vizio ineliminabile e che il danno sofferto da ciascun proprietario non è quantificabile in ragione della sua ineliminabilità e antieconomicità dei lavori da espletarsi. Di conseguenza, il CTU determinava, dapprima, l’età effettiva delle strutture, pari a 25,7 anni; quantificava, poi, con apposita formula, l’incidenza dell’età effettiva sul prezzo originario di acquisto e, infine, determinava l’incidenza del difetto determinato dalla carbonatazione sul valore di acquisto di ciascun immobile.
1.1. Il motivo è fondato.
1.2. Preliminarmente, è utile ricordare che l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., vigente ratione temporis , come riformulato dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, consente di censurare, per omesso esame, la sentenza che abbia recepito la consulenza tecnica, ove venga individuato un preciso fatto storico, sottoposto al contraddittorio delle parti, di natura decisiva, che il giudice del merito abbia omesso di considerare (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 18886 del 04/07/2023, Rv. 668250 01).
Con riferimento, appunto, al fatto storico, questa Corte ha avuto anche occasione di precisare che nel giudizio civile, il giudice, pur potendo trascurare, nella motivazione del provvedimento, gli esiti di una C.T.U. in quanto implicitamente ritenuti non convincenti, stante la facoltà concessagli di selezionare dall’istruttoria i soli dati che ritiene di porre a fondamento del proprio convincimento, non può ignorare o negare la consulenza tecnica espletata in corso di causa come se detto fatto storico processuale non si fosse mai verificato, rimanendo, diversamente, integrato il vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che
sia stato oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 18956 del 05/07/2021, Rv. 662242 -01; in senso analogo: Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 14599 del 26/05/2021, Rv. 661553 -01; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18598 del 07/09/2020, Rv. 659088 – 01).
1.2.1. Nel caso di specie, il fatto storico non esaminato nella pronuncia impugnata riguarda il fenomeno della carbonatazione e dei suoi effetti.
Né può dirsi inammissibile la censura ai sensi del n. 5) del citato art. 360, comma 1, cod. proc. civ. per ricorrenza della c.d. «doppia conforme», come predicato nel controricorso (pp. 8-9), atteso che il divieto di cui all’art. 348 -ter è riferito all’omogeneità delle due pronunce, non al singolo motivo di doglianza. Inoltre, come rilevato anche in memoria dai ricorrenti (p. 4, 1° capoverso) il fatto processuale (l’integrazione della CTU) si è verificato in fase di appello, e tanto basta ad escludere l’omo geneità delle ragioni di fatto poste a base della decisione impugnata.
1.3. E’, invece, di tutta evidenza, per un verso, il mancato riferimento nella motivazione della Corte d’Appello all’integrazione di perizia voluta dagli odierni ricorrenti (v. sentenza, pp. 15-16, ove si cita unicamente la prima perizia resa in fase di A.T.P.).
Per altro verso, si condividono le osservazioni dei ricorrenti in merito al contenuto della prima perizia, nel senso che essa non era riferita all’incidenza della carbonatazione del conglomerato cementizio sulla evoluzione del deterioramento delle strutture nei corpi di fabbrica in argomento -oggetto, appunto, dell’integrazione peritale in fase di gravame -ma si limitava a fornire soltanto un quadro rappresentativo degli ammaloramenti strutturali accertati nel corso dei sopralluoghi eseguiti nel procedimento di accertamento tecnico preventivo. Ciò esclude che la quantificazione del danno operata in primo grado e confermata in sede di gravame possa essere considerata come omnicomprensiva di tutti i vizi rilevati,
mancando da tale quantificazione il vizio della straordinaria vetustà anticipata.
Tanto si deduce sia dalla dichiarazione espressamente resa dal consulente in risposta alle obiezioni di controparte, riguardanti la seconda relazione peritale (puntualmente riportata dai ricorrenti, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso: v. pp. 36-37), sia dalla stessa formulazione del quesito rivolto dalla Corte d’Appello al consulente in occasione de lla disposizione dell’integrazione di perizia in fase di appello (anch’esso puntualmente trascritto in ricorso: v. p. 29, ultimo capoverso; p. 30 primi due righi), chiaramente articolato in modo da convogliare le risposte del perito sulle conseguenze pregiudizievoli (in particolare: la vetustà anticipata) dell’accertata carbonatazione presente nei fabbricati.
La pronuncia merita, pertanto, di essere cassata; spetta al giudice del rinvio accertare, sulla base della perizia come integrata in sede di appello, le conseguenze pregiudizievoli della carbonatazione presente nei fabbricati, anche alla luce della normativa tecnica vigente all’epoca della realizzazione di detti fabbricati (1992- 2006).
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla medesima Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda