Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 22537 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 22537 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29595/2022 R.G. proposto da:
COGNOME, rappresentato e difeso in proprio;
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;
– intimato – avverso l’ ORDINANZA della CORTE D’APPELLO DI BARI n. 1479/2022 depositata il 02/05/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’avvocato NOME COGNOME ha svolto attività difensiva in favore di NOME COGNOME parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato in una causa civile da lei instaurata davanti al Tribunale di Foggia e poi davanti alla Corte d’Appello di Bari .
– ricorrente –
Il professionista chiedeva, quindi, la liquidazione del compenso con istanza ex art. 82 d.lgs. 30 maggio 2002, n. 115 (‘ TUSG ‘) .
La Corte d’Appello di Bari , con ordinanza collegiale del 2.5.2022, sulla scorta dell’indicato valore della controversia di €. 25.000,00 e facendo applicazione del D.M. n. 55/2014, liquidava all’avvocato istante il compenso per l’attività difensiva espletata nella misura di €. 944,25.
Con ricorso ex artt. 170 TUSG, 15 D.Lgs. n. 150/2011 e 702bis cod. proc. civ. , depositato il 02.12.2021, l’avvocato COGNOME propo neva opposizione avverso il predetto decreto di liquidazione.
Restava contumace il Ministero della Giustizia.
La Corte d’Appello di Bari, con ordinanza collegiale n. 1479/2022, rigettava l’opposizione .
Avverso la suddetta ordinanza l’avvocato COGNOME propone ricorso per cassazione, sulla scorta di quattro motivi.
Il Ministero della Giustizia è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, ex art. 360, comma 1, n. 2) cod. proc. civ. , nullità del provvedimento impugnato in relazione all’art. 170 D.P.R. n. 115 del 2002 e art. 15 del d.lgs. n. 150 del 2011, nonché in relazione agli artt. 158 e 161 cod. proc. civ., per essere stato emesso il provvedimento dalla Corte d ‘A ppello di Bari in composizione collegiale, anziché in composizione monocratica nella persona del Capo dell’Ufficio cui il ricorso in opposizione era stato indirizzato.
Con il secondo motivo si deduce, ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. , violazione e falsa applicazione dell’art. 4 co mma 1, D.M. n. 55 del 2014. Nel corso del giudizio presupposto, il Tribunale di Foggia aveva determinato il compenso in €. 1.800,00 per il giudizio principale, e in €. 800,00 per quello incidentale di opposizione al decreto di
liquidazione del CTU; la Corte d’Appello di Bari, in parziale riforma delle spese, aveva condannato le controparti al pagamento in solido di 1/5 delle spese del giudizio di primo grado, pari a €. 1.450,00, e del giudizio di appello sempre nella misura di 1 /5, pari a €. 1.323,00. In tesi, richiamando l’orientamento di questa Corte (per tutte: Cass. n. 21611/2017), il compenso da liquidare dovrebbe quindi ammontare ad € . 6.615,00 composto dalle seguenti voci: € 1.323,00 liquidati per le controparti condannate , le quali, a norma dell’art. 133 d.P.R. 115/2002, devono eseguire il pagamento in favore dello Stato; € 5.292,00 liquidati per le spese compensate in sentenza.
3. Con il terzo motivo si deduce, ex art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione, per avere il giudice immotivatamente ridotto il compenso del 50%, dopo avere effettuata precedente analoga riduzione. Secondo il ricorrente, mentre deve ritenersi corretta la riduzione del 50% operata sulla base dell’art. 130 d.P.R. n. 115/2002, giacché la norma ha ad oggetto proprio i compensi del difensore di parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, altrettanto non può dirsi per l’ulteriore, immotivata dimidiazione ai sensi dell’art. 4 , penultimo periodo D.M. n. 55/2014: norma che fa riferimento all’aumento o diminuzione percentuale del compenso totale tabellare medio sulla base della complessità dell’attività difensiva, senza far menzione alcuna del patrocinio a spese dello Stato.
4. Con il quarto motivo si deduce, ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. violazione degli artt. 2233 n. 2 cod. civ. e 32 Costituzione. Il ricorrente lamenta l’ulteriore violazione dell’art. 2233 comma 2 cod. civ., avendo il provvedimento impugnato liquidato somme per due gradi di giudizio di merito ingiustificatamente simboliche, del tutto
incompatibili con il decoro della professione forense (Cass. Ordinanza 28113/2020).
Il primo motivo è fondato.
Anche in seguito alle modifiche introdotte dall’art. 15 del d.lgs. n. 150 del 2011, la pronuncia sull’opposizione ex art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002, spetta alla competenza funzionale di un giudice monocratico del Tribunale o della Corte d’appello cui appartiene il magistrato che ha emanato il provvedimento di liquidazione oggetto di impugnazione, da identificare con il Presidente del medesimo ufficio giudiziario o con un giudice da questo delegato, sicché la decisione assunta dal tribunale in composizione collegiale è nulla per vizio di costituzione del giudice ai sensi dell’art. 158 c.p.c., in quanto esplicazione di funzioni decisorie da parte di magistrati ai quali le stesse non sono attribuite dalla legge (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22795 del 12/09/2019, Rv. 655223 -01; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 18343 del 25/07/2017, Rv. 645148 -01; conf.: Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 6924 del 15.03.2025; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19350 del 2022).
Sulla scorta di tale principio, la decisione adottata dalla Corte d’Appello di Bari in composizione collegiale è nulla per vizio di costituzione del giudice ai sensi dell’art. 158 cod. proc. civ. e pertanto, deve essere cassata con rinvio al Presidente della Corte d’Appello di Bari per nuovo esame, con logico assorbimento degli altri motivi.
Il giudice di rinvio regolerà anche le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbiti i restanti; cassa la ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia al Presidente della Corte d’Appello di Bari, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 2 aprile 2025.