Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13217 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 13217 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/05/2025
SENTENZA
sul ricorso n. 19020/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE p.i. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
COGNOME NOMECOGNOME c.f. TNNSVM56A69B794O, COGNOME NOME, c.f. TNNSFO61S55D612G, rappresentate e difese dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME controricorrenti
avverso la sentenza n. 791/2020 della Corte d’Appello di Firenze, depositata il 15-4-2020, udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 8-5-2025 dal consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso,
OGGETTO:
compravendita di terreno con permesso a costruire
RG. 19020/2020
P.U. 8-5-2025
uditi l’avv. NOME COGNOME per la ricorrente e l’avv. NOME COGNOME per le controricorrenti
FATTI DI CAUSA
1.La sentenza impugnata n. 791/2020 della Corte d’appello di Firenze ha considerato in fatto che RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato il 29-11-2011 da NOME e NOME COGNOME un appezzamento di terreno in Comune di Carmignano della superficie di mq. 3.308 e il prezzo di Euro 1.300.000,00; con riguardo al terreno era stato rilasciato alle proprietarie COGNOME il permesso di costruire per la realizzazione di un complesso immobiliare per civile abitazione di ventidue unità abitative con relative pertinenze, quali posti auto coperti e scoperti, verde privato, parcheggio e collegamenti pedonali e tale permesso era parte integrante del rogito. La società acquirente nel corso dei lavori depositò diverse varianti, l’ultima delle quali aveva previsto l ‘introduzione al piano interrato, nel progetto originario destinato a rimessa, di una cantina e bagni per tutte le unità abitative. Il 7-22013 l’Ufficio Tecnico del Comune di Carmignano notificò un procedimento di dichiarazione di decadenza dei permessi di costruire e di applicazione di sanzioni, il 5-3-2013 i proprietari delle unità abitative presentarono comunicazioni di attività di edilizia libera volte alla trasformazione del bagno ubicato al piano interrato in locale accessorio all’autorimessa e il 18 -32013 l’Ufficio Tecnico notificò l’avvenuta archiviazione del procedimento, subordinandola alla realizzazione delle opere di cui alle comunicazioni di attività di edilizia libera.
Con sentenza n. 903/2016 depositata il 9-8-2016 il Tribunale di Prato ha rigettato la domanda di RAGIONE_SOCIALE volta a ottenere da NOME e NOME COGNOME la riduzione del prezzo della compravendita pari alla perdita di valore del bene n ell’importo di Euro 116.096,38 o nella somma maggiore o minore risultante in causa e il
risarcimento dei danni. Il Tribunale ha escluso qualsiasi difformità tra l’oggetto della compravendita e quello del progetto alla stessa allegato e ha altresì escluso il nesso di causa tra la condotta attribuita alle venditrici e il danno lamentato, in quanto il permesso n. 8/2010 prevedeva la realizzazione al piano interrato di un unico locale da adibire ad autorimessa; la presentazione delle successive varianti in corso d’opera, a seguito delle quali erano intervenute le contestazioni dell’Ufficio Tecnico , era riconducibile esclusivamente alla volontà della società, che aveva ottenuto la modifica del progetto originario. Il Tribunale ha altresì rigettato la domanda riconvenzionale delle venditrici COGNOME, le quali avevano lamentato che fosse stato loro venduto un bene diverso da quello promesso, per il fatto che nel contratto erano previsti al piano interrato ripostiglio e bagno, invece assenti, per cui avevano chiesto Euro 12.000,00 per il minore valore dell’immobile in mancanza di tali locali ed Euro 1 .000,00 a titolo di risarcimento del danno per la demolizione delle opere abusive.
2.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello principale e hanno proposto appello incidentale NOME e NOME COGNOME, che la Corte d’appello di Firenze ha deciso con la sentenza impugnata pubblicata il 15-4-2020; la sentenza ha integralmente rigettato l’appello principale e ha accolto l’appello incidentale, condannando l’appellante RAGIONE_SOCIALE al pagamento a favore delle appellate COGNOME dell’importo di Euro 13.000,00, oltre alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi.
3.RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi, censurando con i primi quattro motivi il rigetto del suo appello e con i successivi l’accoglimento dell’appello incidentale della controparte.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione per la pubblica udienza del giorno 8-5-2025 e nei termini di cui all’art. 378 cod. proc. civ. il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni e hanno depositato memoria illustrativa entrambe le parti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la società ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 n.4 cod. proc. civ. ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ., per difetto assoluto di motivazione in ordine alle ragioni in forza delle quali la Corte d ‘appello ha ritenuto di disattendere le risultanz e della consulenza tecnica d’ufficio con riferimento alla questione della legittimità della variante relativa alla trasformazione del piano interrato da autorimessa a locali adibiti a bagno e cantina. In sostanza dichiara che la sentenza impugnata ha ritenuto l’inesistenza di evidenze in ordine alla circostanza -centrale in relazione alle domande proposte- secondo cui, in mancanza della difformità che affliggeva il progetto edilizio allegato al permesso a costruire n. 8/2010 (in ragione del mancato rispetto delle altezze previste dalle Norme Tecniche Attuative) la variante relativa all’introduzione nel piano interrato di vani cantina e bagni sarebbe stata legittima; lamenta che in questo modo la sentenza abbia disatteso le risultanze della c.t.u., specificamente valorizzate dalla società con il suo secondo motivo di appello, senza esplicitare le ragioni che sorreggevano il suo convincimento; ciò in quanto anche il riferimento eseguito dalla sentenza al provvedimento di archiviazione ha richiamato un punto estraneo a quello rilevante. Evidenzia che è stata la difformità urbanistica originaria, ascrivibile al progetto allegato al permesso a costruire ottenuto dalle venditrici, a pregiudicare la possibilità di realizzare la variante de qua che, in mancanza del vizio originario, sarebbe stata pacificamente realizzabile, in quanto legittima e conforme agli strumenti urbanistici comunali.
2.Con il secondo motivo la ricorrente ulteriormente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ. ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ., per difetto assoluto di motivazione con riguardo alle ragioni per le quali sono state disattese le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio relative all’accertamento dell e cause delle conseguenze pregiudizievoli lamentate dalla società. La ricorrente evidenzia che la sentenza impugnata ha dimostrato di condividere la pronuncia di primo grado in ordine all’interruzione del nesso causale tra la difformità urbanistica del progetto originario e le conseguenze pregiudizievoli lamentate dalla società, in ragione della presentazione da parte della stessa società della variante; sostiene che in questo modo la sentenza si sia discostata dalle conclusioni del consulente d’ufficio senz a esplicitare le ragioni di tale decisione, in quanto il consulente d’ufficio aveva esposto che la scelta progettuale della variante relativa al seminterrato era conforme agli strumenti urbanistici e il problema volumetrico era sorto solo per l’errata individuazione della base dell’edificio eseguita nel progetto originario.
3.Con il terzo motivo la ricorrente ulteriormente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ. ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ. per essere la motivazione meramente apparente con riguardo all’accertamento dell’insussistenza di una perdita di valore degli immobili realizzati e dei danni risarcibili. Dichiara che la sentenza impugnata, ritenendo che le difformità edilizie relative al progetto originario non avevano causato alcun pregiudizio in quanto il permesso di costruire non poteva essere annullato, aveva reso una motivazione apparente; ciò in quanto ha richiamato a sostegno della pronuncia una parte del provvedimento di archiviazione che non riguardava la difformità in questione e non ha considerato che alla difformità in questione non è conseguita l’irrogazione del preannunciato ordine di demolizione per il fatto che i proprietari delle
singole unità abitative avevano manifestato l’intenzione di ripristinare spontaneamente nel piano seminterrato le pregresse autorimesse.
4.Con il quarto motivo la ricorrente ulteriormente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ. ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ. per difetto assoluto di motivazione nel punto in cui ha ritenuto che costituisse mo tivo individuale l’intento della società di realizzare la variante nel piano seminterrato. Evidenzia che le esigenze relative alla realizzazione di varianti al permesso a costruire sono del tutto estranee alla dimensione concettuale dei motivi individuali sottesi alla determinazione a contrarre; aggiunge che le varianti non essenziali formano oggetto di una vera e propria prerogativa del titolare del permesso a costruire, il quale ha la facoltà di introdurle e sostiene che, nel caso in cui la variante non sia realizzabile per un vizio che inficia il permesso a costruire originario, deve trovare applicazione la disciplina relativa alla garanzia che il compratore è tenuto a offrire al venditore. Quindi rileva la carenza della motivazione, per essere stata rigettata la domanda di riduzione del prezzo sulla base del ritenuto carattere di motivo individuale dell’intento di realizzare la variante, del tutto sguarnito delle ragioni sulle quali si dovrebbe fondare tale convincimento.
5.Con il quinto motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ. ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ., per difetto assoluto di motivazione in ordine alle ragioni per le quali sono state disattese le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio con riguardo all’accertamento della difformità urbanistica che ha reso necessario eliminare la variante realizzata nel piano interrato. La ricorrente rileva che il presupposto dell’accoglimento dell’appello incidentale è l’ascrivibilità alla società della difformità urbanistica che ha reso non realizzabile al piano interrato i locali adibiti a cantina e bagno e il conseguente minore valore d ell’appartamento acquistato
dalle COGNOME; sostiene che in questo modo la sentenza abbia disatteso le conclusioni della consulenza d’ufficio, secondo le quali l’unica causa delle conseguenze lamentate in giudizio dalle controparti era costituita dalla difformità urbanistica che affliggeva il progetto edilizio originario, mentre la variante realizzata dalla società era conforme alle previsioni urbanistiche; ciò senza esplicitare le ragioni per le quali ha ritenuto le conclusioni del c.t.u. erronee.
6.I motivi dal primo al quinto, in quanto svolti deducendo la nullità della sentenza per vizio della motivazione, impongono tutti il richiamo al principio acquisito secondo il quale, sulla base dell’attuale formulazione dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost. e nel processo civile dall’a rt. 132 co.2 n. 4 cod. proc. civ.; quindi, il sindacato di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale e tale obbligo è violato, concretandosi nullità processuale deducibile ex art. 360 co. 1 n.4 cod. proc. civ., qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, o viziata da manifesta e irriducibile contraddittorietà o sia perplessa e incomprensibile, purché il vizio risulti dallo stesso testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa ricostruzione della controversia (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 6-3 25-9-2018 n. 22598 Rv. 650880-01, Cass. Sez. 1 3-3-2022 n. 7090 Rv. 66412001).
Posta questa premessa, i motivi primo, secondo, terzo, quarto e quinto risultano fondati, in quanto effettivamente la motivazione della sentenza è affetta dalla nullità dedotta dalla ricorrente, per i vizi che emergono dallo stesso testo della motivazione, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
6.1.Con riguardo al primo, al secondo e al quinto motivo di ricorso -da trattare unitariamente per continuità di argomentazioni- si impone la considerazione che la sentenza, a pag.7, dà atto che il consulente d’ufficio aveva riscontrato nel progetto assentito dal permesso a costruire ceduto alla società acquirente difformità volumetriche, derivanti dall’errata scelta della base del fabbricato e conseguentemente dell’altezza dello stesso; a pag. 8 la sentenza dà atto che la variante finale che aveva previsto l’intro duzione al piano interrato di vani cantina e bagno per tutte le unità abitative era stata valutata dal c.t.u. conforme agli strumenti urbanistici, trascrivendo anche il passo della c.t.u. secondo il quale il problema volumetrico era legato alla scelta della base dell’edificio considerata nel progetto originario e non all’introduzione d i servizi igienici al piano seminterrato prevista dalla variante. Però, poi a pag. 9 la sentenza espressamente dichiara che non vi erano evidenze del fatto che se l’altezza de ll’immobile fosse stata conforme alla normativa i servizi igienici avrebbero potuto essere legittimamente realizzati e richiama il contenuto del provvedimento di archiviazione del Comune di Carmignano; ciò, senza neppure considerare il fatto, di cui pure aveva dato atto a pag. 6 , che l’archiviazione del procedimento sanzionatorio era stata subordinata alla trasformazione dei bagni nel seminterrato in locale autorimessa; nonché senza considerare neppure il fatto, di cui pure ha dato atto a pag. 11, che la stessa società a propria cura e spese aveva eseguito quei lavori di ripristino per tutte le unità immobiliari, con eccezione di quelle acquistate dalle consorti COGNOME,
tanto che la sentenza ha accolto la relativa domanda di risarcimento del danno formulata dalle stesse. E’ chiaro che, nel momento in cui, a pag. 9, ha dichiarato che non vi erano evidenze del fatto che, se l’altezza dell’edificio fosse stata conforme alla normativa i servizi igienici avrebbero potuto essere legittimamente realizzati, la sentenza non ha considerato quanto aveva dichiarato a pag. 8, in ordine al fatto che la variante relativa a vani e cantina era conforme agli strumenti urbanistici secondo il c.t.u. Se con la seconda affermazione la sentenza avesse voluto dichiarare di non aderire alle conclusioni del c.t.u., avrebbe dovuto in qualche modo esplicitare questa mancata adesione alle conclusioni del c.t.u., che prima aveva riportato senza esporre alcun elemento di critica o di dubbio in ordine alla loro correttezza. In mancanza non solo di qualsiasi esposizione delle ragioni di dissenso rispetto alle valutazioni del c.t.u., ma anche di una affermazione di dissenso rispetto alle conclusioni del c.t.u., risulta incomprensibile il ragionamento svolto; ciò perché rimane irriducibile la contraddizione tra le due diverse affermazioni, quella secondo la quale il c.t.u. aveva affermato che la variante che prevedeva i vani cantina e bagni era conforme agli strumenti urbanistici e perciò realizzabile e quella per cui non vi erano evenienze di tale circostanza. E’ evidente che, se l’affermazione corretta in fatto fosse stata la prima, e perciò l’introduzione di servizi al seminterrato non avesse potuto essere assentita in ragione delle difformità volumetriche del progetto originario, la sentenza avrebbe dovuto indagare in quali termini questa difformità del progetto originario consentisse l’accoglimento delle domande attoree; invece, se l’affermazione corretta fosse stata la seconda e perciò non potesse ritenersi che il progetto originario avesse impedito l’approvazione della variante , sarebbe venuto meno lo stesso presupposto in fatto delle domande attoree e non sarebbe stata necessaria ulteriore indagine.
Si deve anche escludere che la contraddizione rilevata tra la prima e la seconda affermazione non fosse essenziale, per il fatto che di seguito la sentenza ha aggiunto che la presentazione della variante aveva costituito un comportamento interruttivo del nesso di causalità tra i vizi riscontrati dal c.t.u. e i danni subiti, in quanto condotta in sé idonea a determinare il danno o comunque a interrompere il nesso causale. Questa affermazione risulta a sua volta inidonea a fare comprendere il ragionamento svolto dal giudicante, in quanto non esplicita perché la presentazione di una variante conforme agli strumenti urbanistici, e perciò una condotta in sé legittima, potesse determinare -anche in termini di concausa- un danno in capo a chi l’aveva posta in essere . La spiegazione sarebbe stata necessaria, a fronte dell’affermazione del c.t.u., testualmente trascritta a pag. 8 della sentenza, secondo la quale non soltanto la variante era conforme agli strumenti urbanistici, ma il problema volumetrico era legato alla scelta della base dell’edificio considerata nel progetto originario e non all’introduzione dei servizi prevista nella variante.
6.2.Dalla fondatezza del primo, del secondo e del quinto motivo consegue la fondatezza anche del terzo motivo, perché l’affermazione della sentenza secondo la quale dalle difformità edilizie del progetto originario non era derivata conseguenza dannosa si fonda sulla precedente affermazione secondo la quale la presentazione della variante aveva interrotto il nesso di causa tra le difformità del progetto originario e i vizi riscontrati dal c.t.u. L’incomprensibilità di tale ultima affermazione per le ragioni esposte rende l’affermazione medesima inidonea a costituire il fondamento dell’ individuazione della causa dei vizi nella presentazione di variante in sé conforme agli strumenti urbanistici.
6.3. E’ fondato anche il quarto motivo di ricorso, perché l’ulteriore affermazione della sentenza impugnata, secondo la quale l’intento di
presentare variante fosse un motivo individuale che non poteva essere posto a base della richiesta di riduzione del prezzo risulta a sua volta irrimediabilmente illogica. Ciò per il fatto che la questione non si poneva in termini di accertamento delle ragioni soggettive che avevano condotto le parti a contrarre, ma in termini dell’esistenza dei presupposti giuridici e di fatto per l’accoglimento della domanda.
6.4.In proposito si impone l ‘ulteriore considerazione che la sentenza, oltre a soffrire dei vizi di motivazione sopra individuati che ne determinano la nullità, sconta anche la carenza della qualificazione della domanda proposta dalla società acquirente. La sentenza ha ritenuto -pag.10che l’esclusione di qualsiasi diminuzione di valore e di qualsiasi danno derivati dal progetto costruttivo rendesse superfluo l ‘esame della questione posta dal terzo motivo di appello, relativamente qualificazione della domanda. Al contrario, se la sentenza avesse provveduto a qualificare la domanda -attività involgente in primo luogo l’interpretazione della domanda e che perciò non può essere svolta in questa sede- avrebbe potuto in primo luogo rispondere al quesito se sussistesse il titolo per il riconoscimento della diminuzione di valore o per il risarcimento del danno. Specificamente, la sentenza avrebbe dovuto indagare se la società attrice agisse lamentando il difetto di qualità promesse o essenziali ex art. 1497 cod. civ. (configurabile nel caso di vendita di immobile per l’edificazione di un fabbricato attuabile in virtù di progetto divenuto irrealizzabile, cfr. Cass. Sez. 6-7-2022 n. 21441 Rv. 665176-01) o agisse lamentando un onere gravante sulla cosa ex art. 1489 cod. civ. (configurabile nel caso di terreno con edificabilità minore di quella garantita, cfr. Cass. Sez. 2 17-12-1999 n. 14226 Rv. 532318-01) o agisse lamentando l’ina dempimento delle venditrici in altri termini, in forza del contenuto degli accordi intercorsi dalle parti. Sulla base della risposta a tale quesito , l’individuazione dell’ eventuale esistenza della diminuzione del
prezzo spettante o del danno risarcibile sarebbe stata conseguente; ciò, nel senso che sarebbe stata eseguita indagando se la riduzione di valore dell’immobile e i pregiudizi subiti fossero da ascrivere alle venditrici in ragione del fatto che, stante il contenuto del permesso a costruire da loro ceduto all’acquirente , la cosa venduta non avesse le qualità promesse o fosse gravata da onere non apparente o, diversamente, fosse da ascrivere all’acquirente che aveva acquistato e aveva poi presentato la variante nonostante conoscesse il contenuto del progetto assentito cedutogli dalle venditrici.
7.Con il sesto motivo la ricorrente deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 1227 co. 1 cod. civ. per essere state accolte le domande riconvenzionali nonostante la causa della diminuzione di valore del bene acquistato e del danno lamentato derivasse esclusivamente dal fatto delle consorti COGNOME; ulteriormente evidenzia che la variante era conforme agli strumenti urbanistici ed era divenuta non realizzabile, con la conseguente necessità di ripristinare lo stato dei luoghi, a causa della difformità urbanistica del progetto edilizio originario ascrivibile esclusivamente alle venditrici COGNOME
7.1.Il motivo è assorbito, in quanto l’accoglimento de l quinto motivo comporta che il giudice del rinvio dovrà nuovamente esaminare anche la domanda riconvenzionale delle consorti Toninelli; quindi il sesto motivo perde di rilevanza decisoria, involgendo questioni che saranno nuovamente esaminate in sede di rinvio.
8.In conclusione, in accoglimento dei motivi dal primo al quinto la sentenza impugnata è cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, che procederà a nuova decisione attenendosi a quanto sopra enunciato, statuendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, secondo, terzo, quarto e quinto motivo, assorbito il sesto; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione