Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14032 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14032 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 23112 -2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrente –
contro
SOCIETÀ RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa con l’avv. NOME COGNOME giusta pro cura a margine del controricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1767/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, pubblicata il 23/6/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/6/2024 dal consigliere NOME COGNOME
lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
La Società RAGIONE_SOCIALE. commissionò a RAGIONE_SOCIALE una fornitura di calcestruzzo, ovvero di conglomerato/malta cementizia, del tipo TARGA_VEICOLO per la realizzazione dei pali di fondazione di un inceneritore la cui costruzione le era stata appaltata; l’esecuzione dei pali, previsti al di sotto del piano di ca mpagna, da mt. 15,20 a mt 24, fu affidata a impresa terza.
Accadde che, durante la realizzazione, alcuni pali, in particolare quelli posti a maggior profondità, cioè a 24 mt. rispetto al piano di campagna, manifestassero, dopo alcune decine di minuti, un abbassamento anomalo della colonna di calcestruzzo, che risultava disgregato.
Dopo aver ottenuto un accertamento tecnico preventivo su questo fenomeno di disgregazione , con citazione dell’11/11/2008, TMV Forlì convenne, dinnanzi al Tribunale di Forlì, RAGIONE_SOCIALE chiedendo la dichiarazione di risoluzione per inadempimento del contratto di fornitura del calcestruzzo per difetto di qualità essenziali e il risarcimento dei danni conseguenti.
2.1. Istruita la causa con prove per testi e c.t.u. a mezzo dello stesso ingegnere nominato in accertamento tecnico preventivo e di un geologo che redasse una sua autonoma relazione, con sentenza n.1047/2012, il Tribunale di Forlì dichiarò risolto il contratto di fornitura per inadempimento imputabile alla convenuta COGNOME ritenendo che l’abbassamento anomalo dei pali di fondazione fosse stato causato dal difetto dei requisiti essenziali del calcestruzzo consegnato come
invece pattuiti; condannò perciò la fornitrice al risarcimento dei danni conseguenti anche alla sospensione dei lavori nella misura di Euro 193.499,22.
Con sentenza n.1767/2020, la Corte d’appello di Bologna rigettò l’impugnazione, ripercorrendo la motivazione del primo grado e, in particolare, rimarcando che dalla c.t.u. espletata era emerso che il calcestruzzo era privo del carattere auto-compattante e che questo vizio aveva causato il fenomeno della cosiddetta segregazione degli inerti; sul punto, il c.t.u. nominato aveva escluso «l’assenza di influenza della manodopera nel verificarsi della segregazione e la capacità della colonna di calcestruzzo a contrastare la pressione dell’acqua» di strato dovuta alla presenza di falde acquifere sul sito; sottolineò che, infatti, il fenomeno era cessato con l’ impiego di un diverso calcestruzzo fornito da altra impresa e che ciò confermava che la causa della segregazione era stata «la disfunzione nella miscelazione degli additivi del calcestruzzo con un non idoneo impiego di additivo fluidificante».
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME affidato ad un unico motivo, a cui TMV Forlì ha resistito con controricorso.
In data 10/3/2023, è stata comunicata la proposta di definizione del giudizio con decisione accelerata ex art. 380 bis cod. proc. civ.
In data 18/4/2023, la società ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso.
Dopo un rinvio a nuovo ruolo, disposto con ordinanza interlocutoria n. 31139/2023 perché la controversia involgeva la questione dell’errore di percezione del contenuto oggettivo della prova, pendente dinnanzi alle Sezioni unite, la causa è stata fissata all’odierna udienza.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l ‘unico motivo, articolato in riferimento ai n. 4 e 5 del comma I dell’art.360 cod. proc. civ., il ricorrente ha, da un canto, denunciato la nullità della sentenza per contraddittorietà della sua motivazione e, d’altro canto, prospettato il travisamento della prova e la mancata valutazione di documenti decisivi per la definizione della controversia; in particolare, la Corte avrebbe escluso -sia pure richiamando la c.t.u. -la rilevanza della presenza della falda acquifera sulla disgregazione degli inerti e sul conseguente crollo dei pali di fondazione, senza considerare che nel giudizio di merito il geologo incaricato in ausilio del c.t.u. aveva esplicitamente affermato che «nel sito, limitatamente ai terreni investigati, sono state rilevate due falde, una libera e superficiale e una seconda più profonda, presente nei depositi della conoide sepolta di natura sabbiosa e ghiaiosa e confinata tra due strati argillosi al tetto a quota -22,50 m. circa dal piano di campagna e al letto a quota -27,30 m. circa dal piano di campagna; la falda confinata presente tra la quota -22,50 e -27,30 circa dal piano di campagna rilevata dalla cella piezometrica tipo Casagrande Pz2 posizionata a -25,00 m. da p.c., ha presentato, nel periodo delle letture eseguite dal 21.3.2011 al 8.7.2011, una pressione idrostatica variabile tra 2.11 e 1.91 ATM (2,137 e 1,94bar) capace di far risalire l’acqua di falda, all’interno del piezometro tipo Casagrande, dalla profondità di -25,00 (quota cella piezometrica Pz2) fino a -3,90 -5.92 dal piano di campagna».
Secondo parte ricorrente, allora, (e tanto ha rappresentato in appello), in virtù di quanto verificato dal c.t.u. ing. COGNOME, sarebbe stato accertato che per la realizzazione dei pali è stata impiegata in fase di getto del calcestruzzo una pressione di pompaggio pari a 1/1,5 bar, mentre in esito alle verifiche compiute dall’ausiliario geologo, sarebbe stato appurato che i pali oggetto di contestazione, posti nel
terreno ad una profondità di – 24 m., sono stati sottoposti ad una spinta verso l’alto esercitata dalla falda presente nei luoghi interessati dai lavori, avente una pressione idrostatica di circa 2 bar (2,137 e 1,94); l a spinta dell’acqua di falda maggiore della controspinta del calcestruzzo avrebbe, perciò, consentito all’acqua di falda di interferire con la miscela cementizia determinando la segregazione del calcestruzzo, nel senso che la presenza della falda di acqua con una pressione di risalita maggiore di quella impiegata in fase di getto del calcestruzzo avrebbe impedito il formarsi della colonna di calcestruzzo nella sua interezza. In sentenza, sarebbe stata esclusa la rilevanza della falda acquifera senza tuttavia alcun riscontro de ll’accertamento del geologo ripreso dalle osservazioni del consulente di parte; sarebbe stata, inoltre, affermata una circostanza diversa da quella riscontrata dal geologo, laddove è stato escluso il fenomeno della infiltrazione e del dilavamento; la motivazione, quindi, sarebbe viziata per contraddittorietà perché la Corte d’appello ha , da un canto, riportato che non è stato possibile accertare con precisione quale sia stata la causa della segregazione del calcestruzzo (e, dunque, non sarebbe stata individuata alcuna anomalia nel processo produttivo del bene, cui ricollegarla ) e, d’altro canto, ha sostenuto, a pag. 8, che «nella fattispecie in esame è stata compiutamente dimostrata l’assenza delle qualità essenziali del calcestruzzo fornito, privo di quel carattere autocompattante e quindi non conforme alle condizioni contrattuali, tale per cui risulta soddisfatta la prova dell’inadempimento in capo alla RAGIONE_SOCIALE e delle conseguenze dannose da esso derivate».
1.1. Il motivo è infondato.
Innanzitutto, quanto alla asserita contraddittorietà della motivazione, la Corte d’appello ha ri marcato, come già aveva fatto il Tribunale, che con la espletata c.t.u. è stato accertato che il calcestruzzo fornito difettava del requisito della «resistenza alla
segregazione», caratteristica essenziale del calcestruzzo ordinato: questa resistenza è garantita dalla giusta combinazione tra coesione, viscosità e fluidità, tale da rendere la sua durabilità indipendente dalla qualità/quantità di vibrazione e dalla professionalità della manodopera (pag. 5). Ha, di seguito, esaminando «la terza, quarta e settima censura», escluso che la segregazione possa essere stata causata dalla presenza di falde acquifere sul sito interessato, sulla scorta dell’accertamento del c.t.u. nominato (pag. 6): in particolare, ha rimarcato che è stato chiarito come non vi sia «motivo di ritenere che vi sia stato rifluimento di acqua e sabbia dallo strato al foro del palo», che «la colonna di calcestruzzo, di altezza pari a 24 m, aveva un peso specifico superiore al doppio rispetto all’acqua di strato, sufficiente per impedire il flusso di quest’ultima verso il foro, evitando così il dilavamento» e che, come riportato dalla stessa ricorrente, «l’acqua di falda non ha spinto il calcestruzzo insufflandolo, bensì si è lasciata intrudere da esso come da un sopravvenuto fluido più pesante»; ha, quindi, considerato che il calcestruzzo del diverso e successivo fornitore non aveva presentato alcuno degli inconvenienti descritti e ha, anche per questa considerazione, concluso infine che la causa della segregazione era da ravvisarsi nella «disfunzione nella miscelazione di additivi del calcestruzzo con un non idoneo impiego di additivo fluidificante», come proprio affermato dal c.t.u. nominato (pag. 7).
In questa motivazione non è ravvisabile alcuna contraddizione che, invece, la società ricorrente ha prospettato estrapolando soltanto alcune frasi della sentenza, isolandole dalla successione dei passaggi logici qui invece riportati.
Diversamente non può ritenersi neppure considerando il contenuto della relazione del geologo, come richiamato nella censura, perché il vizio di contraddittorietà della motivazione, deducibile in cassazione, sussiste soltanto in presenza di un contrasto insanabile tra
le argomentazioni della sola sentenza impugnata che non consenta la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione; il suddetto vizio di contraddittorietà, allora, non è ipotizzabile come contrasto -denunciabile, invece, sotto altri profili tra le affermazioni della stessa sentenza ed il contenuto di altre prove e documenti, quali il contenuto di una consulenza (Cass. Sez. L, n. 17196 del 17/08/2020; prima della novella del 2012, in riferimento al vizio del n. 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., ex plurimis , Sez. 1, n. 1605 del 14/02/2000).
1.2. Quanto all’errore percettivo, l e Sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n. 5792 del 05/03/2024, hanno innanzitutto precisato che il travisamento della prova in senso proprio è bifronte, perché vi possono essere ricondotte sia la percezione del dato probatorio nella sua oggettività, sia l’individuazione delle informazioni desumibili da quel dato per inferenza logica; hanno, quindi, ribadito che il controllo della percezione del dato probatorio nella sua oggettività deve avvenire con la revocazione, mentre l’operazione di individuazione delle informazioni probatorie desumibili è riservata al Giudice del merito ed è sottratta al sindacato di legittimità, purché fondata su una motivazione eccedente la soglia del «minimo costituzionale». In questo secondo caso non v’è il rischio del consolidarsi di «un’inemendabile forma di patente illegittimità della decisione», giacché, una volta che il giudice di merito abbia fondato la propria decisione su un dato probatorio preso in considerazione nella sua oggettività, pena la rettifica dell’errore a mezzo della revocazione, e abbia adottato la propria decisione sulla base di informazioni probatorie desunte dal dato probatorio, la statuizione risulta comunque fondata su basi razionali idonee a renderla accettabile.
Pertanto, le Sezioni unite hanno stabilito che «il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista
concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti ri chiesti dall’articolo 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, n. 4 e 5, cod. proc. civ., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale».
Per erronea lettura del fatto probatorio, quindi, le Sezioni unite hanno precisato debba intendersi la patologica ipotesi in cui il giudice abbia supposto un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita: il fatto posto a sostegno della decisione, quantunque il giudice abbia deciso, non esiste nei termini in cui egli lo ha recepito e sarebbe un non-fatto o un fatto la cui considerazione, nella sua effettiva oggettività, è stata in fin dei conti omessa.
In tal senso la nozione di errore censurabile ex articolo 360, n. 5, cod. proc. civ., se riferito a fatti sostanziali, ovvero ex articolo 360, n. 4, se invece relativo a fatti processuali è stata estesa al caso in cui il giudice di merito abbia supposto un non-fatto, un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita.
Per le considerazioni suesposte sulle individuate ragioni della segregazione verificatasi, nessuna di queste ipotesi è ravvisabile nella specie, considerato, peraltro, il limite di ammissibilità del motivo di ricorso ex art. V comma 348 ter cod. proc. civ., nella formulazione ratione temporis applicabile, conseguente alla sussistenza di una pronuncia doppiamente conforme in merito.
Il ricorso è perciò respinto, con conseguente condanna della società ricorrente RAGIONE_SOCIALE al rimborso delle spese processuali in favore di RAGIONE_SOCIALE, liquidate in dispositivo in relazione al valore.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380 bis cod. proc. civ., in applicazione, secondo la previsione del comma terzo dello stesso art. 380 bis cod. proc. civ., del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., la ricorrente deve essere condannata al pagamento a favore della controricorrente di una somma equitativamente determinata nella misura di cui in dispositivo, nonché al pagamento di un’ulteriore somma, pure equitativamente determinata, a favore della Cassa delle ammende.
Come evidenziato da Cass. Sez. U 27-9-2023 n. 27433 e Cass. Sez. U 13-102023 n. 28540, l’art. 380 bis comma III cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 comma III e IV cod. proc. civ., codifica, att raverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata.
In considerazione dell’esito del ricorso, infine, ai sensi dell’art. 13 co. 1- quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi,
oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge;
condanna RAGIONE_SOCIALE, ex art. 96 comma III cod. proc. civ., al pagamento di Euro 4.000,00 in favore di RAGIONE_SOCIALE e, ex art. 96 comma IV cod. proc. civ., di ulteriori Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda