Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 17028 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 17028 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7540/2020 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME (domicili PEC: EMAIL e EMAIL)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato
COGNOME
COGNOME
(domicili
PEC:
COGNOME@pec.ordineavvocatifirenzeEMAILit EMAILordineavvocatiromaEMAILorg)
-controricorrente-
e
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 2574/2019 depositata il 28/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME aveva concluso con RAGIONE_SOCIALE in data 7.2.2008 un contratto di compravendita avente ad oggetto una unità immobiliare facente parte di un fabbricato di nuova costruzione nel Comune di Abetone; al rogito era seguita un’integrazione negoziale con la quale la società venditrice si era obbligata ad alcuni interventi sull’immobile, solo dopo l’effettuazione dei quali l’acquirente avrebbe versato il residuo prezzo dovuto; dopo l’acquisto erano comunque emersi problemi di infiltrazione, per la cui soluzione l’acquirente chiese l’intervento in garanzia della società venditrice; nella situazione di contrasto venutasi a creare tra le parti l’acquirente aveva introdotto prima un procedimento per accertamento tecnico preventivo e quindi aveva agito in giudizio avanti al Tribunale di Pistoia, chiedendo la condanna della società venditrice al risarcimento dei danni derivanti dai vizi e difetti dell’immobile, come emersi in sede di ATP. La società veditrice aveva resistito alla domanda chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna della controparte a pagare il residuo prezzo dovuto, pari ad € 10.000,00 oltre accessori.
Il Tribunale di Pistoia aveva accolto la domanda dell’attore, condannando RAGIONE_SOCIALE, dichiarata inadempiente, a risarcire i danni nella misura complessiva determinata nella somma di € 78.900,00, oltre accessori e spese, sia processuali che di CTU.
Proposto appello ad opera della società venditrice, la Corte d’Appello di Firenze lo aveva parzialmente accolto quantificando la misura del dovuto da parte di Val di RAGIONE_SOCIALE a NOME COGNOME nella minor somma di € 21.780,00 -con l’affermazione di aver già operato la compensazione parziale con il credito di € 10.000,00 vantato dalla società-, compensando le spese processuali e di CTU nella misura del 50% e condannando l’acquirente a restituire alla venditrice quanto ricevuto oltre il dovuto. A fondamento della decisione la Corte di merito aveva rilevato (per quanto ancora qui interessa) quanto segue: -la relazione resa in sede di accertamento tecnico preventivo aveva individuato due categorie di vizi dell’immobile compravenduto, la prima costituita dai vizi eliminabili e la seconda da quelli non eliminabili; -quanto ai vizi non eliminabili, le doglianze della società
appellante
erano da ritenere infondate per le terrazze a tasca, le canne fumarie e la scelta dei cavi scaldanti per impedire l’accumulo di neve e la formazione di ghiaccio; detti elementi erano infatti correlati a scelte progettuali ed architettoniche che non potevano costituire, di per sé stesse, vizi della costruzione o della progettazione ed invece il CTU si era limitato a criticare dette scelte perché non condivise, senza precisare se vi fossero alterazioni conseguenti ‘all’imperfetta esecuzione dell’opera o ‘ dipendenti ‘ da inidonea progettazione del costruttore ‘; inoltre ‘ l’attore era perfettamente consapevole delle caratteristiche costruttive dell’immobile, del progetto in base al quale era stato edificato e degli impianti di cui era stato dotato e può dunque presumersi che egli le avesse accettate, con la sola eccezione della scelta riguardante i cavi scaldanti ‘; le prove, sia documentali che orali, confermavano del resto che NOME COGNOME visitò più volte il fabbricato in costruzione, anche accompagnato da un architetto che avrebbe curato la progettazione degli arredi; ‘ ora, va da sé che per progettare gli arredi di una casa in costruzione (tra i quali era compresa una boiserie in legno) era necessario conoscere le caratteristiche strutturali dell’unità abitativa, ossia le misure e i volumi dei vari ambienti interni ed esterni, le tubazioni interne, le fonti di luce e così via ‘; ne conseguiva che essendo emersa la conoscenza approfondita dell’immobile ad opera del Carpeggiani le soluzioni architettoniche proposte, salvo che per i rilievi contenuti nella scrittura integrativa, dovevano essere considerate come accettate e che quindi la qualificazione delle scelte progettuali come vizi ineliminabili era erronea ed erroneo era il riconoscimento dell’importo di € 57.500,00 ad esse imputato.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME articolando tre motivi.
Val di Luce s.p.a. resiste con controricorso
Le parti costituite hanno depositato memorie illustrative con le quali hanno reiterato le rispettive tesi difensive.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Si premette che non è più questione sull’effettiva esistenza ed entità dei vizi e difetti sull’immobile compravenduto da NOME COGNOME definiti dai Giudici di merito, in adesione alla CTU, come eliminabili, con riconoscimento del diritto del ricorrente al risarcimento dell’importo per essi quantificato dal Tecnico d’Ufficio; pure incontestati sono il riconoscimento a favore dell’odierno ricorrente dell’importo di € 3.000,00 quale risarcimento riconosciutogli dai Giudici di merito per il danno da
mancato godimento dell’immobile e l’esistenza del credito residuo dell’impresa pari a € 10.000,00.
NOME COGNOME critica la decisione della Corte d’Appello di Firenze per il mancato riconoscimento del risarcimento del danno in relazione ai vizi e difetti definiti in sede tecnica come ineliminabili, per i quali ripropone la quantificazione già operata dal Giudice di primo grado a cui aderisce espressamente, e comunque per aver calcolato due volte in detrazione l’importo del credito di Val Di RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALEp.a.
NOME COGNOME contrasta per i profili evidenziati la sentenza della Corte d’Appello di Firenze attraverso l’articolazione dei seguenti motivi di ricorso, tutti inquadrati nell’ambito di operatività dell’art.360 co 1 n.3 c.p.c.
1) ‘Violazione e/o errata applicazione di legge (art.1490, 1667 e 1669 c.c., con riferimento all’art.360 1° comma n.3 c.p.c.). Vizi della vendita e dell’appalto’.
Il ricorrente si richiama alla relazione tecnica d’ufficio, della quale riporta ampi stralci testuali, per riscontrare i vizi costruttivi ineliminabili riscontrati. Il ricorrente sottolinea come secondo il CTU: la realizzazione di terrazzi a tasca per costruzioni ad alta quota sarebbe stata una scelta non solo inopportuna ma, tenuto conto dell’alta probabilità di nevicate protraentisi per un tempo indefinito, un vero e proprio difetto costruttivo; la presenza di un numero assai rilevante di canne fumarie singole e la loro realizzazione in concreto presenterebbero aspetti oggettivamente critici, perché il loro numero indebolirebbe l’integrità del sistema di impermeabilizzazione incidendo sulla continuità del relativo manto e perchè si rileverebbe anche una altezza insufficiente della conversa alla base di ogni canna e un’altezza insufficiente delle canne stesse, tale per cui anche in condizioni metereologiche non eccezionali l’acqua sarebbe penetrata all’interno direttamente dalle canne fumarie, provocando danni alle murature e agli impianti dell’intero fabbricato; la presenza di terrazzi a tasca avrebbe reso necessario pensare ad un sistema di smaltimento della neve in accumulo, tenuto conto che il sistema adottato, formato da cavi scaldanti e da tubazioni di raccolta esterne, non avrebbe potuto funzionare perché inidoneo a garantire il completo scioglimento della neve e del ghiaccio. La Corte avrebbe quindi qualificato come caratteristiche architettoniche quelli che invece sarebbero veri e propri vizi costruttivi, tali da pregiudicare il normale godimento e l’abitabilità dell’alloggio.
2) ‘Violazione e/o errata applicazione di norma di legge (art.14951.1495, 1667 e 1669 c.c.). Insussistenza di qualsivoglia accettazione dei vizi dell’appartamento.
Riconoscimento dei vizi da parte della venditrice. Tempestività della denunzia da parte dell’acquirente’.
Il ricorrente non avrebbe mai accettato le caratteristiche architettoniche in quanto portatrici di vizi e non avrebbe mai rinunciato all’azione per vizi costruttivi; l’allegato integrativo del rogito si riferirebbe solo ai vizi apparenti dell’epoca ma non comporterebbe alcuna rinuncia a far valere la garanzia per i vizi successivamente manifestatisi, la causa dei quali sarebbe costruttiva. Inoltre, detti vizi non solo non sarebbero stati accettati dall’acquirente ma sarebbero stati riconosciuti dalla venditrice/costruttrice in molteplici occasioni, dati i consistenti interventi post vendita che pure non avrebbero sortito concreti effetti (nel corso dei lavori il ricorrente si sarebbe recato in cantiere con un arredatore, non certo con un tecnico in grado di verificare l’andamento e la qualità dei lavori in corso).
‘Violazione e/o errata applicazione di legge (art.1490, 1492 e 1668 c.c.) errata liquidazione del danno risarcibile’.
In ogni caso, la quantificazione del danno sarebbe errata perché il residuo prezzo dovuto alla società venditrice sarebbe stato calcolato due volte.
I primi due motivi di ricorso, che si trattano unitariamente perché connessi, sono fondati, con assorbimento del terzo motivo, per quanto di ragione.
In fatto, sono stati considerati dal primo Giudice vizi ineliminabili e dalla Corte d’Appello scelte progettuali la presenza sull’immobile, costruito in località Val INDIRIZZO Luce nel Comune di Abetone a 1200 metri di altitudine, di terrazze a tasca con determinate caratteristiche di pendenza, il numero e l’altezza delle canne fumarie su di esso insistenti e l’utilizzo di cavi scaldanti per lo scioglimento della neve e del ghiaccio su rampe di accesso ai box, su terrazzi e balconi, piazzali, cortili e gradinate.
Il Tribunale di Pistoia, in adesione alle risultanze del disposto accertamento tecnico preventivo, aveva considerato difetti costruttivi la scarsa pendenza verso l’esterno dei terrazzi a tasca aggravata dall’inadeguatezza del sistema dei cavi scaldanti predisposti per lo scioglimento della neve e del ghiaccio; il numero delle canne fumarie, incidente sulla tenuta del manto di impermeabilizzazione, e la loro altezza insufficiente, comportante il passaggio diretto, attraverso le stesse, di acqua e/o neve anche in condizioni metereologiche non eccezionali; l’inadeguatezza dei cavi scaldanti ad impedire l’accumulo di neve.
La Corte d’Appello di Firenze ha invece considerato le problematiche descritte scelte progettuali, apoditticamente criticate dal CTU nominato, in quanto tali non costituenti difetti di costruzione ex art.1669 c.c. perché non correlabili a imperfetta esecuzione dell’opera né dipendenti da inidonea progettazione. Inoltre, secondo la Corte di merito, l’attore sarebbe stato perfettamente a conoscenza delle caratteristiche costruttive dell’immobile, del progetto e degli impianti di cui era dotato, ‘ e può dunque presumersi’ quale circostanza considerata dirimente ‘che egli le avesse accettate, con la sola eccezione della scelta riguardante i cavi scaldanti ‘ -rispetto ai quali i rilievi del CTU circa il consumo elevato sarebbero comunque da considerare inappropriati e di rilievo solo economico-. L’accettazione delle scelte progettuali di Val di RAGIONE_SOCIALE da parte del ricorrente deriverebbe dal fatto che egli visitò più volte il cantiere accompagnato da un architetto che avrebbe curato la progettazione degli arredi -e che quindi ben doveva conoscere le caratteristiche strutturali dell’unità abitativa- e dall’accordo allegato sub D alla compravendita, nel quale si evidenziava che la proposta di sostituzione del cavo scaldante non era gradita all’acquirente che avrebbe potuto scegliere una diversa soluzione.
L’art.1669 c.c. garantisce anche l’acquirente rispetto al venditore-costruttore ‘ per vizio del suolo o per difetto della costruzione’ tali da determinare la rovina, in tutto o in parte, dell’immobile compravenduto ‘ o evidente pericolo di rovina o gravi difetti ‘; il ‘ difetto di costruzione ‘, che deve incidere sulla funzionalità e sul normale godimento dell’immobile, è quello ascrivibile non solo all’esecuzione non a regola d’arte dei lavori ma anche all’imperfetta o erronea progettazione dell’intervento; ciò sul presupposto che il costruttore-venditore, come l’appaltatore, deve garantire che l’immobile ceduto sia stato eseguito a regola d’arte, il che comporta che l’intervento edificatorio debba essere stato realizzato sulla base di una progettazione adeguata cfr. tra le altre, per spunti di riflessione al riguardo, Cass. n.22093/2019, n.5144/2020, n.29251/2024, pronunciate in fattispecie di appalto-.
Nel contesto delineato appare corretto affermare che debbono essere tenute distinte le caratteristiche estetiche, che possono essere anche peculiari e innovative, della costruzione realizzata, emergenti dal progetto e facilmente percepibili, dalle caratteristiche funzionali della stessa: si deve ritenere che integrino difetto costruttivo le caratteristiche progettuali che pregiudichino o menomino in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l’abitabilità dell’immobile, così da dover essere qualificate non peculiarità ma carenze di progetto.
Rispetto a questo tipo di carenze, del progetto e della sua posa in opera con la realizzazione dell’edificio progettato, non è idonea a determinare accettazione dell’intervento la semplice conoscenza, percepibile attraverso l’esame della relativa documentazione, delle caratteristiche previste per l’intervento edificatorio; chi acquista l’immobile dal costruttore-venditore deve legittimamente confidare nella qualità dell’opera realizzata dalla sua controparte, sia con riferimento alla sua fase ideativa che a quella di realizzazione finale, opera volta appunto a fornire infine un bene che si deve presumere sia e deve essere idoneo all’uso a cui è naturalmente destinato; a supporto del rilievo che precede, nel senso che non vi può essere accettazione ex ante dei limiti progettuali dell’opera incidenti negativamente sulla funzionalità e sull’idoneità di utilizzo del bene, si deve infatti considerare che in materia di appalto l’appaltatore, tenuto all’esecuzione dell’opera a regola d’arte, risponde dei vizi correlati alla progettazione anche se il progetto gli è stato fornito dal committente, salvo che li abbia evidenziati e che ciononostante l’esecuzione dell’opera come progettata gli sia stata comunque imposta limitando il suo intervento a quello di un nudus minister -l’orientamento interpretativo di legittimità in materia è consolidato: cfr. tra le altre, Cass. n.23594/2017, n.777/2020, n.10808/2023; elementi a conferma della valutazione nel senso prospettato emergono anche da Cass. n.29251/2024-; a maggior ragione si deve escludere quindi che il gradimento del progetto predisposto dal costruttore-venditore da parte dell’acquirente possa costituire accettazione ex ante dei vizi che lo stesso potrà presentare all’esito dell’edificazione, incidenti sulla funzionalità e sul normale godimento dell’immobile acquistato, potendo e dovendo l’acquirente legittimamente confidare nell’esecuzione a regola d’arte, sotto tutti i profili anche progettuali, dell’immobile finito compravenduto.
La Corte d’Appello di Firenze, pur avendo riconosciuto ‘ il danneggiamento della centralina del bruciatore, a causa delle infiltrazioni dalla canna fumaria ‘ -così a pag.5 della sentenza, in cui si riporta un passaggio della relazione tecnica d’ufficioper confermare la debenza, a carico di Val di RAGIONE_SOCIALE, del risarcimento del danno da mancato godimento dell’immobile, ha affermato che le caratteristiche dei terrazzi a tasca e delle canne fumarie sarebbero da considerare scelte progettuali ed architettoniche ingiustificatamente criticate dal CTU: in sostanza, la Corte di merito ha ritenuto apodittiche le considerazioni del Tecnico d’Ufficio, in contrapposizione con le scelte progettuali operate da altri tecnici (gli ingegneri incaricati di Val di
RAGIONE_SOCIALE) ritenute corrette solo perché non adeguatamente contrastate dal CTU, ma non ha in alcun modo verificato se, alla luce delle problematiche in concreto verificatasi -con particolare riferimento alle infiltrazioni dalle canne fumarie e alla lamentata inadeguatezza dei cavi scaldanti- le scelte progettuali criticate -e la loro esecuzione in concreto- abbiano inciso sulla funzionalità e idoneità al normale uso dell’immobile realizzato e, in particolare, dell’alloggio acquistato dal ricorrente e delle parti comuni.
Questo approfondimento, richiesto dalla ratio dell’art.1669 c.c. al quale la Corte fa espressamente riferimento nella sua motivazione, non è stato effettuato sul presupposto che, comunque, l’acquirente ricorrente era ‘ perfettamente consapevole delle caratteristiche costruttive dell’immobile, del progetto in base al quale era stato edificato e degli impianti di cui era stato dotato e può dunque presumersi che egli le avesse accettate, con la sola eccezione della scelta riguardante i cavi scaldanti ‘: questa presunzione di accettazione è ritenuta assorbente dalla Corte ed è derivata dal fatto che COGNOME si recò varie volte in cantiere, anche qualche settimana prima della fine dei lavori, accompagnato da un architetto che avrebbe curato la progettazione degli interni, per la quale si riteneva necessario conoscere le caratteristiche strutturali dell’unità abitativa, e dal fatto che con l’accordo allegato con la lettera D al contratto di compravendita il ricorrente avrebbe dimostrato di conoscere bene il fabbricato nel suo insieme e la porzione immobiliare compravenduta, identificando alcune criticità ed accettando quindi, implicitamente, tutte quelle non evidenziate.
Anche per la questione in esame la Corte di merito non applica correttamente il disposto dell’art.1669 c.c. e nemmeno quello degli art.1490-1491 c.c.
Non si può teorizzare un’accettazione tout court del progetto anche in riferimento a soluzioni tecniche inadeguate e un’accettazione, comunque, dei vizi e difetti dell’opera mentre questa è in costruzione. Sotto il primo profilo, si richiama quanto sopra detto sul fatto che l’acquirente dal costruttore-venditore deve poter fare affidamento sul fatto che l’immobile oggetto di compravendita sia non solo eseguito ma anche progettato a regola d’arte, con la conseguenza che l’eventuale accettazione di particolari soluzioni progettuali innovative -si pensi ad un immobile che presenti soluzioni costruttive e impiantistiche totalmente innovative e mai sperimentate prima: ma non sembra proprio sia questo il caso di specie- comportanti rischi di funzionalità/idoneità all’uso ad esse correlate dovrebbe essere esplicita e preventiva
all’esito di una informazione tecnica adeguata, mentre si deve escludere che l’accettazione delle caratteristiche estetiche del progetto realizzando possa comportare la rinuncia ad ottenere un bene funzionale e adatto alla destinazione che gli è propria. Non può essere significativo, nel contesto delineato, il fatto che il ricorrente si recò presso il cantiere con un architetto di interni, fatto che rimane neutro -e, del resto, la Corte di merito nemmeno giustifica perché un arredatore avrebbe potuto e dovuto accorgersi dei vizi strutturali considerati ineliminabili, impegnando, con il proprio comportamento e oltre l’incarico pacificamente conferitogli, il ricorrente-.
Sotto il secondo profilo, solo con il completamento dell’intervento edificatorio è possibile riconoscerne le caratteristiche definitive e verificarne gli eventuali limiti, immediatamente alla consegna quanto ai vizi apparenti, al momento del loro manifestarsi quanto ai vizi occulti. In particolare: -l’operatività del disposto dell’art.1669 c.c. presuppone che il venditore-costruttore abbia realizzato il bene compravenduto, consegnandolo all’acquirente (in linea generale e salvo specifiche pattuizioni, contestualmente al trasferimento del diritto di proprietà), e fa riferimento a difformità o vizi (rovina, pericolo di rovina o gravi difetti) incidenti sulla funzionalità e sul normale godimento del bene che potrebbero emergere nel corso dei dieci anni successivi alla consegna; si tratta quindi di difformità o vizi che non possono essere considerati come accettati attraverso i soli elementi della conoscenza del progetto e della progressiva realizzazione del bene attraverso la frequentazione del cantiere (con un architetto d’interni che avrebbe dovuto arredare il costruendo alloggio); -anche facendo riferimento agli art.1490/1495 c.c., il termine iniziale per far valere l’esistenza dei vizi palesi non può precedere la formale consegna del bene, che non può precedere il trasferimento del diritto di proprietà su di esso; prima che l’intervento sull’immobile sia portato a compimento e questo sia trasferito in proprietà non si vede come, alla luce delle considerazione sopra svolta, esso possa essere considerato accettato dall’acquirente; dalla consegna decorreranno i termini per evidenziare l’esistenza di vizi palesi, mentre per i vizi non immediatamente percepibili e/o emergenti attraverso l’uso varranno le indicazioni dettate dall’art.1495 c.c.; in quest’ottica l’allegato D del contratto di compravendita appare dimostrativo solo del fatto che al momento della consegna giuridicamente rilevante del bene immobile il ricorrente evidenziò difetti e criticità già constatabili, ma non può
limitare in alcun modo la possibilità di contestazione di vizi e difetti successivamente manifestatisi con l’utilizzo del bene.
In conclusione, l’accettazione e/o la rinuncia a far valere vizi, difetti, difformità del bene compravenduto, realizzato dal venditore, sono possibili solo dopo la emersione degli stessi, al compimento dell’opera da parte del venditore-costruttore -cfr., sulla differenza tra consegna e accettazione in materia di appalto, Cass. n.5131/2007,
Cass. n.15711/2013, Cass. n.19019/2017, che offrono indicazioni utili per comprendere quando l’opera si possa considerare accettata; cfr., sulla inidoneità della consegna anticipata del bene immobile promesso in vendita a far decorrere il termine di operatività della garanzia ex art.1495 c.c., Cass. n.7584/2016 e Cass. n.9953/2020, che confermano come la garanzia per vizi e difetti e a maggior ragione quella, peculiare, ex art.1669 c.c., non decorrano prima che la vendita si sia perfezionata-.
Diversamente, l’operatività della garanzia ex art.1669 c.c., così come l’operatività della garanzia per vizi e difetti ex art.1490/1495 c.c., dovrà essere valutata in relazione alle disposizioni che la regolano, facendo riferimento al momento di alle emersione dei vizi o difetti o difformità costruttive, alla loro gravità e conseguenze sulla funzionalità e idoneità al normale godimento dell’immobile.
Per le ragioni esposte la sentenza della Corte d’Appello di Firenze deve essere cassata in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, con rinvio alla stessa Corte che, in diversa composizione, dovrà riesaminare la controversia applicando i seguenti principi di diritto: -i vizi e difetti dell’immobile compravenduto, edificato dal venditore-costruttore, così come il ‘ difetto di costruzione ‘ rilevante ex art.1669 c.c. che deve incidere sulla funzionalità e sul normale godimento dell’immobile, sono quelli ascrivibili non solo all’esecuzione non a regola d’arte dei lavori di edificazione ma anche all’imperfetta o erronea progettazione degli stessi; la conoscenza del progetto da parte dell’acquirente non può essere equiparata alla conoscenza anche dei vizi e difetti che deriveranno all’immobile dalla sua messa in opera, anche ove il progetto presenti aspetti innovativi, perché deve essere comunque garantita la funzionalità del bene e la sua idoneità all’uso normale al quale è destinato; perché possa esservi accettazione idonea ad elidere la garanzia per vizi e difetti ex art.1490/1495 c.c. e la garanzia ex art.1669 c.c., essa deve intervenire di norma a opera terminata, al momento della consegna dell’immobile, in relazione a vizi già percepibili in tale momento e/o già manifestatisi, ferma per i vizi e le difformità costruttive emersi successivamente la
possibilità di far valere la garanzia secondo le modalità delineate dagli art.1490 e s. c.c. o (come nel caso di specie) dall’art.1669 c.c.
Il Giudice del rinvio provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 18